La ribellione di Albert Camus

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albert camus biografia, opere e citazioniFigura di spicco dell’esistenzialismo francese ed insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1957,  Albert Camus vede nella ribellione e nella lotta contro le ingiustizie sociali lo scopo centrale dell’esistenza umana.
La sua opera mette in rilievo il raccapricciante abisso che ha preso possesso delle menti e degli animi degli uomini del periodo in cui vive, presagendo anche il sopravvento dell’ignoranza nel mondo contemporaneo. Un mondo in cui già da tempo predomina un analfabetismo invalidante che si traduce nella difficoltà di comprendere un testo fermandosi solamente a leggere le prime righe di un libro o il titolo in grassetto di un articolo e abbandonando presto la lettura per rivolgere la propria attenzione alle immagini e alle brevi frasi, spesso prive di contenuto, rimandate dal piccolo schermo.
Se potesse oggi vedere l’imperversare di frasi preconfezionate su internet e la condivisione di articoli che di attendibile non hanno nemmeno il titolo, credo proprio che si sarebbe confinato sulla cima di una montagna tagliando nettamente ogni contatto con il mondo, così come molti intellettuali hanno già fatto, ben consapevoli di quel “silenzio irragionevole del mondo di fronte alle domande dell’uomo“. Si avverte il silenzio ostinato degli intellettuali nella società contemporanea e ci si domanda quanto ancora perdurerà.
Secondo Camus il sentiero di liberazione dell’uomo è quello di ribellarsi all’assurdità del modo in cui la società ha strutturato la nostra esistenza e le relazioni con gli altri.
Per contrastare quell’epidemia inesorabile che nel suo romanzo “La peste” simboleggia l’eterna lotta contro un mondo ostile e dispotico, gli uomini accomunati da ideali di giustizia e solidarietà dovrebbero unirsi in modo deciso e restare sempre all’erta per evitare che «la peste torni ad inviare i suoi ratti».
Nato a Mondovi, sulla costa orientale dell’Algeria, il 7 novembre del 1913, da una famiglia molto modesta, perde il padre durante la Prima Guerra Mondiale, e si trasferisce insieme alla madre ad Algeri dove la donna svolge l’umile lavoro di domestica.
Molto brillante negli studi e incoraggiato a coltivare questo talento dal suo professore di filosofia Jean Grenier, a cui dedicherà un omaggio quando gli verrà consegnato il Premio Nobel, ottiene una borsa di studio che gli consente di proseguire gli studi e di laurearsi in filosofia all’università di Algeri.

Albert Camus
Contrae la tubercolosi, a quei tempi considerata incurabile, ed è così costretto a rinunciare all’incarico di insegnante. Si sposa nel 1934, ma il matrimonio dura solo due anni e, durante la Guerra Civile Spagnola, nel 1936, s’iscrive al Partito Comunista Francese.
Già dalle sue prime opere, “Il Dritto e il Rovescio“( 1937) e “Nozze” ( 1939 ) appaiono i temi principali che caratterizzeranno il suo pensiero: la solitudine e i turbamenti dell’animo umano di fronte all’incapacità di trovare un senso alla vita.

Il grande amore per la scrittura si accompagna alla collaborazione di Camus come giornalista presso l’Alger Républicain, giornale poi chiuso durante la seconda guerra mondiale a causa della censura. Dopo essersi sposato per la seconda volta, abbandona l’Algeria e si trasferisce a Parigi per far parte della Resistenza contro il nazifascismo nella cellula “Combat” dove la sua occupazione sarà quella di scrivere e divulgare articoli clandestinamente. Proprio durante quegli anni ( 1940-1945) si dedicherà in modo particolare alla creazione di tre opere del cosiddetto “ciclo dell’assurdo” in cui emerge il suo pensiero filosofico.
camus 2Il protagonista del primo romanzo del suddetto ciclo, “Lo straniero” (1942), è un apatico impiegato di Algeri, indifferente al mondo e accompagnato da un senso di estraniamento dalla vita. Informato della morte della madre, si reca al funerale della donna senza mostrare un dolore che non sente. Il giorno successivo trascorre la giornata con Marie, una ragazza che “aveva desiderato un tempo“.  Dopo aver passato anche la notte insieme a lei, che va via prima del risveglio dell’uomo, dopo una frugale colazione il protagonista trascorre il resto della giornata a scrutare dalla finestra l’andirivieni della gente del quartiere. La sera elabora la seguente considerazione: «ho pensato che fosse una  domenica come le altre, che mamma era sepolta, che avrei  ripreso il mio lavoro domani e che, tutto sommato, nulla era cambiato».

Marcello Mastroianni in una scena tratta dal film "Lo straniero" di Luchino Visconti.

Marcello Mastroianni in una scena tratta dal film “Lo straniero” di Luchino Visconti.

Il giorno seguente torna a lavorare. La domenica successiva s’incontra con Marie e con lei si reca a mare trascorrendo delle ore piacevoli. Si dirige poi in un capanno e cade in uno stato confusionale a causa del caldo opprimente. Coinvolto suo malgrado in un diverbio con due arabi, all’intimidazione con un coltello reagisce uccidendo uno dei due, senza alcuna consapevolezza dell’atto che sta commettendo e si accanisce poi inspiegabilmente sul cadavere. «È lì, in quel rumore ad un tempo secco e assordante, che tutto è cominciato. Scuotendomi dal sudore e dal sole, ho capito che avevo infranto l’armonia del giorno, il silenzio inaudito  di una spiaggia dov’ero stato felice. Allora, ho sparato ancora quattro volte su un corpo inerte dove i proiettili s’affondavano come  se non fossero veri.  Ed era con questi quattro brevi colpi che bussavo alla porta dell’infelicità ».
Condannato alla pena capitale, mostra disinteresse per lo svolgimento del processo contro di lui e si adatta alla vita del carcere in cui viene rinchiuso in attesa dell’esecuzione. Durante un incontro forzato con un cappellano, gli dice apertamente di non avere alcun interesse riguardo la religione e al presunto senso della vita che ne deriva da tale fede. Il poco tempo che gli rimane da vivere non desidera sperperarlo con Dio. Dopo il diverbio con il sacerdote sembra calmarsi ed accetta con tranquillità l’assurdità della propria sorte. «Dinanzi a questa notte carica  di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo.  Sentendola così simile a me, così a me fraterna anche, ho capito che ero stato felice, e che lo ero ancora. Perché tutto sia consumato, per sentirmi meno solo, arrivai ad auspicare che ci fossero molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accogliessero con grida di odio».

A quello stesso periodo appartiene l’opera teatrale “Caligola” in cui mette in luce tale figura storica ponendo un emblematico dilemma agli uomini. Caligola sembra richiamare il “Superuomo” di Friedrich Nietzsche che asseconda la propria volontà, anche in modo spregiudicato ed immorale, consapevole della tragicità di questa vita incapace di appagare completamente la felicità anelata da ogni essere umano: «Questo mondo così com’è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell’immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo».

Il tema dell’assurdo, ovvero dell’inquietudine dell’uomo che rifiuta di accettare il proprio destino di essere finito e sottomesso a chi detiene il potere e decide della sua vita, raggiunge la sua grandezza in quest’opera in cui il delirio dell’onnipotenza umana si esprime nella tragedia di un uomo solo che comprende alla fine di non poter avere quelle emozioni salvifiche raggiungibili solo insieme ad altri. Solidarietà, amore e tenerezza possono essere ottenute solo attraverso una relazione differente con il mondo. Caligola sceglie il potere e quindi si pone contro gli uomini. Da qui sorge la sua solitudine.
camus 4E nel saggio “Il mito di Sisifo“, terza opera di quel periodo, Camus affronta ancora una volta il tema dell’assurdo che non si trova, a parer suo, dentro l’uomo e nemmeno nel mondo, ma nelle relazioni instaurate tra gli esseri umani e, per ostacolare tale assurdità, l’uomo deve ribellarsi tenacemente (révolte tenace) contro tale condizione irragionevole.
Senza valori tangibili sfugge il senso di vivere e due sono le scelte che agli atei restano per sfuggire a quel senso di soffocamento insito nella stessa esistenza: il suicidio o la ribellione.
Nel suicidio l’uomo pensa solamente a se stesso e sfugge al confronto con gli uomini, mentre nel secondo caso opera una scelta che implica un coinvolgimento degli altri.
Se vivere “significa far vivere l’assurdo“, all’uomo non resta altro che operare un cambiamento per stravolgerlo.
Da qui Camus comincia ad avviarsi ad una maturazione del suo pensiero che si può riscontrare nel suo saggio del 1951 “L’uomo in rivolta“, dove rileva la sostituzione della religione dell’uomo moderno, nato dopo la Rivoluzione Francese, con un’altra forma di assoggettamento derivante dall’abbraccio acritico delle ideologie politiche dando vita così ad un’altra divinità.
Camus non è disposto a sacrificare la propria libertà di pensiero per un ideale politico. Non accetta quel conformismo di convenienza ed invita ogni essere umano pensante a non lasciarsi piegare dalle nuove dottrine. In rivolta sempre, ma mantenendo intatto il proprio spirito critico. L’adesione cieca al marxismo o ad altri movimenti politici tutti destinati a trasformarsi, così come era avvenuto con la Rivoluzione Francese, reprimendo ogni libertà individuale, non dev’essere accettata e bisogna distinguere nettamente la rivoluzione dalla rivolta.
camus 5Quest’ultima, infatti, implica l’azione permanente di un individuo che lotta contro il conformismo, l’incoerenza e la disonestà. Alla stregua di George Orwell, Camus è uno dei pochi intellettuali che, pur avendo aderito per ben due volte al comunismo, se ne distacca in fretta e ne critica apertamente la degenerazione.
Per Camus il significato dell’esistenza umana si concentra nella solidarietà e nella lotta contro le ingiustizie sociali, maturando così una concezione politica aderente ai principi dell’anarchismo individualista che auspica un’evoluzione pacifica dell’uomo scevra dall’obbligo di una cieca obbedienza allo Stato. Artista e uomo libero, Camus non si piega mai alle mode del momento e per tale ragione, dopo la rottura con Jean-Paul Sartre , viene abbandonato da una buona parte dei suoi “amici”, proprio a causa di tale opera.
Lascia anche l’incarico conferitogli dall’UNESCO a causa dell’ingresso della Spagna di Francisco Franco nell’ONU e per un po’ di tempo si dedica alla traduzione di opere di alcuni grandi autori classici.
Dopo un periodo di silenzio, nel 1956 pubblica “La caduta” e l’anno successivo “L’esilio ed il regno” dove tocca oltre alle tematiche inerenti la solitudine e l’estraniamento dal mondo, tematiche ricorrenti in tutte le sue opere, anche il significato dell’amore.

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Nel 1957 riceve il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: «Per la sua importante produzione letteraria, che con serietà chiarificante illumina i problemi della coscienza umana nel nostro tempo». Ha appena quarantatré anni quando riceve tale onorificenza. È il più giovane scrittore mai premiato a Stoccolma.
La celebrità continua a sfiancarlo, ma si appresta a scrivere un nuovo romanzo “Il primo uomo“, purtroppo rimasto incompiuto e che avrebbe inaugurato un nuovo ciclo, quello dell’amore, visto come salvezza dall’assurdità di questo mondo. Il 4 gennaio del 1960 muore a causa di un incidente stradale a Villeblin, mentre si appresta a recarsi a Parigi.
Molte sono state le ipotesi di un attentato allo scrittore da parte del KGB per le sue ripetute critiche nei confronti del regime sovietico.
Nel suo saggio “Il mito di Sisifo” si legge: «Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia». E alla fine Albert Camus decide di vivere, seppur tra molte sofferenze, con il fine di aiutare gli oppressi e lottare contro l’ingiustizia, consapevole del destino dell’artista  sospeso sempre in una perenne incertezza che oscilla tra solitudine e solidarietà “nel silenzio irragionevole del mondo” .
Uno scrittore da conoscere o da rileggere per meglio comprendere una società immutabile in cui l’intellettuale o l’uomo “disadattato” può trovar voce alla propria ribellione perenne in un mondo ancora oggi silenziosamente irragionevole.
Di seguito alcuni dei suoi pensieri più significativi.

La nostra sola giustificazione, se ne abbiamo una, è di parlare in nome di tutti coloro che non possono farlo.
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La politica e il destino degli uomini sono foggiati da individui senza ideali e senza grandezza. Chi ha grandezza in sé non fa politica.
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Per suicidarsi bisogna amarsi molto.
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Non essere amati è una semplice sfortuna; la vera disgrazia è non amare.
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Il mondo in sé, non è ragionevole: è tutto ciò che si può dire.
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Una sola cosa è più tragica del dolore: la vita di un uomo felice.
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L’assurdo nasce dal confronto fra la domanda dell’uomo e l’irragionevole silenzio del mondo.
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Senza cultura e la relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla. Ecco perché ogni autentica creazione è in realtà un regalo per il futuro.
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Il mondo, in sé, non è ragionevole: è tutto ciò che si può dire. Ma ciò che è assurdo, è il confronto di questo irrazionale con il desiderio violento di chiarezza […] L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo, ed è, per il momento, il loro solo legame.
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La rivoluzione consiste nell’amare un uomo che ancora non esiste.
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Lo schiavo comincia col reclamare giustizia e finisce per volere la sovranità. Ha bisogno di dominare a sua volta.
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Ho conosciuto un uomo che ha dato vent’anni della propria vita ad una sventata, le ha sacrificato tutto, amicizie, lavoro, il decoro della propria vita, e una sera ammise di non averla mai amata. Si annoiava, ecco tutto, si annoiava come la maggior parte della gente.
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Per essere felici non ci si deve occupare troppo del prossimo.
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Una sola frase basterà a descrivere l’uomo moderno: egli fornicava e leggeva i giornali.
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Al principio dei flagelli e quando sono terminati, si fa sempre un po’ di retorica. Nel primo caso l’abitudine non è ancora perduta, e nel secondo è ormai tornata. Soltanto nel momento della sventura ci si abitua alla verità, ossia al silenzio.
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Fratelli miei, l’amore di Dio è un amore difficile: suppone un totale abbandono di se stessi e il disprezzo per la propria persona.
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Quando scoppia una guerra, la gente dice: “Non durerà, è cosa troppo stupida”. E non vi è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare.
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Tutte le persone normali, […], hanno una volta o l’altra desiderato la morte di coloro che amano.
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La speranza, al contrario di quel che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.
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Sono avaro di quella libertà che sparisce non appena comincia l’eccesso dei beni.
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Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico.
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Non c’è difesa contro il disprezzo.
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Il male che c’è nel mondo viene quasi sempre dall’ignoranza, e le buone intenzioni possono fare altrettanto danno della cattiveria se mancano di comprensione.
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Che cos’è la felicità se non il sincero accordo tra un uomo e la vita che conduce?
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Non rinunciare mai. Hai tante cose dentro di te e la più nobile di tutte, il senso della felicità. Ma non aspettarti la vita da un uomo. Per questo tante donne s’ingannano. Aspettala da te stessa.
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Dove nessuno può dire più che cosa sia nero e che cosa bianco, la luce si spegne e la libertà diviene prigione volontaria.
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Gli errori sono allegri, la verità è infernale.
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Amare una persona significa accettare di invecchiar con lei.
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Perché bisognerebbe amare raramente per amare molto?
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La sveglia, il tram, le quattro ore di ufficio o di officina, la colazione, il tram, le quattro ore di lavoro, la cena, il sonno… questo cammino viene seguito senza difficoltà la maggior parte del tempo. Soltanto un giorno sorge il ‘perché’ e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore.
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"L'unico modo per confrontarsi con un mondo non libero è diventare così assolutamente libero che la tua stessa esistenza diventa un atto di ribellione".

L’unico modo per confrontarsi con un mondo non libero
è diventare così assolutamente libero
che la tua stessa esistenza diventa un atto di ribellione“.

Il senso d’impotenza e di solitudine del condannato incatenato, di fronte alla coalizione pubblica che vuole la sua morte, è già di per sé una punizione inconcepibile. […] Generalmente l’uomo è distrutto dall’attesa della pena capitale molto tempo prima di morire. Gli si infliggono così due morti, e la prima è peggiore dell’altra, mentre egli ha ucciso una volta sola. Paragonata a questo supplizio, la legge del taglione appare ancora come una legge di civiltà. Non ha mai preteso che si dovessero cavare entrambi gli occhi a chi aveva reso cieco di un occhio il proprio fratello.
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La pena di morte, così come la si applica, è una disgustosa macelleria, un oltraggio inflitto alla persona e al corpo.
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L’autunno è una seconda primavera dove ogni foglia è un fiore.
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Il gran desiderio d’un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama, o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell’assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento.
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Sii realista, chiedi l’impossibile.
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Io mi ribello, dunque esisto.
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Io non conosco che un solo dovere, ed è quello d’amare.
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Non rinunciare mai. Hai tante cose dentro di te e la più nobile di tutte, il senso della felicità. Ma non aspettarti la vita da un uomo. Per questo tante donne s’ingannano. Aspettala da te stessa.
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Non si pensa nello stesso modo su una stessa cosa la mattina e la sera. Ma dov’è il vero, nel pensiero della notte o nello spirito del mezzogiorno? Due risposte, due razze di uomini.
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Come rimedio alla vita di società suggerirei la grande città. Ai giorni nostri, è l’unico deserto alla portata dei nostri mezzi.
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Il bisogno di aver ragione: segno di spirito volgare.
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La tentazione comune a tutte le intelligenze: il cinismo.
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Ogni atto di ribellione esprime nostalgia per l’innocenza e una richiesta all’essenza dell’essere.
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I martiri non costruiscono le chiese, bensì sono punti di riferimento oppure un alibi. Sono seguiti da preti e da bigotti.
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Se c’è un peccato contro la vita, non è tanto disperarne, quanto sperare in un’altra vita, e sottrarsi all’implacabile grandezza di questa.
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Chi si dispera per un evento è un codardo, ma chi nutre speranze per la condizione umana è uno stolto.
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Dando troppa importanza alle buone azioni, si finisce col rendere un omaggio indiretto al male: allora, infatti, si lascia supporre che le buone azioni non hanno pregio che in quanto sono rare e che la malvagità e l’indifferenza determinano assai frequentemente le azioni degli uomini.
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L’uomo è la sola creatura che rifiuta di essere ciò che è.
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In quanto creatore, ho dato vita alla morte. E questa è la sola cosa che dovevo fare prima di morire.
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Negativa in apparenza, poiché nulla crea, la rivolta è profondamente positiva poiché rivela quanto, nell’uomo, è sempre da difendere.
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Le grandi idee arrivano nel mondo con la dolcezza delle colombe. Forse, se ascoltiamo bene, udiremo, tra il frastuono degli imperi e delle nazioni, un debole frullio d’ali, il dolce fremito della vita e della speranza.
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Il cuore si logora con le sofferenze e il lavoro, e dimentica più in fretta sotto il peso delle fatiche.
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Forse è meglio per Dio che non crediamo in lui.
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Il mondo, in sé, non è ragionevole: è tutto ciò che si può dire. Ma ciò che è assurdo, è il confronto di questo irrazionale con il desiderio violento di chiarezza. L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo, ed è, per il momento, il loro solo legame.
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