«Com’è che ogni esecuzione ci offende più di un omicidio? È la freddezza dei giudici, sono i meticolosi preparativi, è il sapere che qui un uomo viene usato come un mezzo per spaventarne altri. Giacché la colpa non viene punita, se anche ce ne fosse una: questa è negli educatori, nei genitori, nell’ambiente, in noi, non nell’omicida – intendo le circostanze determinanti».
Friederich Nietzsche

Una scena tratta dal film “Dead Man Walking – Condannato a morte” di Tom Robbins. Tra gli interpreti Sean Penn e Susan Sarandon
Nonostante la pena di morte sia stata abolita da molto tempo in Europa ed in altri paesi occidentali, negli Stati Uniti d’America è ancora presente in molti stati e viene spesso invocata furiosamente da molti cittadini ogni qualvolta vengano a conoscenza di un delitto efferato.
Lo stesso succede in Europa quando avviene un episodio di violenza inaudita che scuote il nostro animo ed istintivamente fa sì che fuoriesca quel nostro lato irrazionale, dettato dall’empatia nei confronti dei parenti e amici segnati dalla perdita violenta di uno dei propri cari. E non pochi sono coloro che chiedono il ripristino della pena di morte in Italia ed in altri paesi europei. Non è mia intenzione dilungarmi sul paradosso giuridico di tale pena, credo sia sufficiente una citazione di Cesare Beccaria tratta dal suo saggio “Dei delitti e delle pene“, scritto nel 1764 per rendersi conto di quanto sia palese la contraddizione giuridica di uno stato che preveda la pena capitale per un delitto: «Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio.»
Se qualcuno ti ha rubato l’automobile, come fargli comprendere quanto sia ingiusto sottrarre qualcosa che non gli appartiene? Rubando qualcosa a lui senza restituirgliela? Non credo proprio sia un atteggiamento che riuscirà a far capire a quel criminale l’errore del suo gesto.
Lo stesso discorso può tranquillamente applicarsi anche alla pena di morte.
Cosa dimostra uno stato che condanna l’omicidio, se poi punisce chi lo commette uccidendolo a sangue freddo e rendendo pure pubblica la sua esecuzione?
Vuole forse dimostrare che in alcuni casi l’omicidio è ammesso ed in altri non bisogna farlo? In effetti, a pensarci bene, in guerra un militare viene autorizzato ad uccidere anche se non conosce la persona che ha davanti a sé; uccidere un essere umano con cui, in contesti differenti, potrebbe nascere una profonda amicizia viene ancora oggi considerato legale. Altro paradosso creato dagli uomini e che difficilmente scomparirà. Da qualche anno ho scoperto un autore statunitense, John Grisham, che a non pochi libri ha dedicato uno spazio riguardante la barbarie della pena di morte e denunciato casi realmente accaduti di errori giudiziari o addirittura di manipolazioni di prove pur di consegnare al popolo un “colpevole” ed acquietarne così il furore.
Tra i suoi libri segnalo soprattutto “Innocente” tratto da una storia vera di ordinaria ingiustizia che descrive il calvario di un ragazzo innocente condannato poi al supplizio dell’iniezione letale. In un altro suo romanzo, che ho appena finito di leggere, sono rimasta profondamente colpita da un episodio molto toccante di un uomo nel braccio della morte che si prepara a vivere le sue ultime ore di vita prima dell’esecuzione. Il libro in questione è “Ritorno a Ford County” ed è ambientato nel Mississippi.
Dell’episodio “Tranquillità” ne riporterò alcuni passi che ben descrivono i sentimenti del protagonista poco prima di essere condotto nella “camera della morte“.
Joey è un uomo condannato per un omicidio commesso dal fratello maggiore con cui si era recato in una piccola fattoria per rubare del cibo e oggetti che avrebbero potuto essere venduti ad un qualsiasi ricettatore. Certi che i proprietari non si trovassero a casa, li attendeva un’amara sorpresa che si sarebbe tramutata in tragedia. Il fratello maggiore, in un conflitto a fuoco colpì il proprietario mortalmente e venne a sua volta ucciso. Joey aveva appena sedici anni quella notte e, nell’udire gli spari, era tornato dentro la fattoria per comprendere cosa fosse accaduto. Pestato dal figlio del proprietario con una mazza da baseball, venne accusato di omicidio e condannato a morte.
Due fratelli cresciuti di espedienti in una società che ben poco ti dona. Figli di due padri diversi di una prostituta, deceduta poi per droga, vennero separati e spediti in diverse case famiglia, orfanotrofi e centri di accoglienza per minorenni. Riuscirono poi a riunirsi e decisero di vivere secondo le loro regole, arrangiandosi con piccoli furti.
Adesso Joey ha trentatré anni, mancano poche ore alla sua esecuzione e non aspetta altro che lasciare questo mondo.
Questo stesso mondo che gli concede un ultimo desiderio prima di togliergli la vita.
« […] A mezzanotte, otto ore prima del momento fatale, Joey sedeva in silenzio sul letto in cemento armato e faceva un solitario sul tavolino pieghevole. Era calmo e in pace con il suo mondo. Aveva rifiutato il sonnifero. Non aveva nient’altro da dire, da scrivere, da fare. Aveva, ed era, finito.
Un grosso nero con la testa rasata e l’uniforme stretta si avvicinò alle sbarre e domandò: “Tutto ok, Joey? Posso fare qualcosa per te?”[…]
Joey si alzò in piedi, si stirò e si avvicinò alle sbarre. – Una cosa ci sarebbe – disse con riluttanza, quasi non se la sentisse di chiedere un favore. Ma perché no? Cosa aveva da perdere?
Pete si strinse nelle spalle e disse: – Se posso. –
“Sono diciassette anni che non vedo la luna. Non è che potrei uscire in cortile per qualche minuto?“»
Diciassette anni senza vedere la luna. Diciassette anni trascorsi dentro una cella e costretto a dormire sopra un letto in cemento armato. Privato definitivamente della libertà, ma tenuto in vita fino alla data stabilita per l’esecuzione. Che cosa mai avrà appreso quel ragazzo scaraventato nel braccio della morte per ben diciassette anni insieme ad altri criminali in una cella di tre metri per tre senza finestre?
Joey si adatta a tutto, anche a regole ridicole, al caldo asfissiante estivo e al freddo che gli gela le ossa, ma non riesce mai a rassegnarsi all’impossibilità di vedere la luna. Proprio lui che, insieme al fratello, aveva vissuto nelle ombre create dalla luna dentro tende rubate ed auto abbandonate.
Ma ad un condannato a morte non è permesso nemmeno di perdersi nello splendore della luna. Orribile il contemplare la sola idea che si possa ritenere un atto di giustizia accanirsi su un essere umano, colpevole o no di un atto criminale, sottraendogli la dignità con agghiacciante premeditazione e facendo sì che l’angoscia di una tortura quotidiana diventi talmente insopportabile da fargli desiderare che quell’incubo abbia fine al più presto.
Questi i sentimenti di Joey, poche ore prima della sua esecuzione, quando finalmente riesce a realizzare il suo ultimo desiderio: «[…] Joey stava per fuggire. Se ne sarebbe andato in un sogno, fluttuando lontano in una nuvola di sodio thionpetal e bromuro di vecuronium, chiudendo semplicemente gli occhi per non svegliarsi mai più. […] Era così stanco di tutto. Non credeva nel paradiso e nell’inferno, credeva però in un aldilà, un posto dove spirito e corpo si ricongiungono, un posto in cui le persone care si ritrovano.»
Il dialogo tra Joey ed il suo “carceriere” Pete, che acconsente a quel suo insolito desiderio, è particolarmente emblematico e mostra quanto siano abominevoli il carcere duro e la pena di morte come “metodo correttivo”.
«[…] – Tu sembri in pace, Joey. Continui a non credere in Dio? –
– No. Non ci ho mai creduto e adesso è troppo tardi. So che tu sei religioso, e io questo lo rispetto, ma ho letto la Bibbia più di te, ho avuto più tempo a disposizione, e il buon libro non fa che ripetere che Dio ha creato ognuno di noi, e ci ha resi speciali, e ci ama moltissimo. Ma è un po’ difficile crederci nel mio caso. – […] Io sono il prodotto di scarto di una notte di scarto. Io non dovevo nascere. Io sono l’ultima cosa che i miei genitori volevano. Come può Dio avere un piano per me, quando non dovrei nemmeno essere qui? –
– Dio ha un piano per tutti noi –
– Be’, di sicuro vorrei che me l’avesse spiegato. A dieci anni ero già per strada, senza casa, senza scuola, e vivevo come un animale, rubando, scappando dai poliziotti. Non un granché come piano, se vuoi il mio parere. Tutto quell’amore che Dio dovrebbe avere per i suoi figli…be’, in qualche modo io devo essergli sfuggito. –
Joey si passò una manica sul viso. Pete si voltò a guardarlo e si accorse che stava asciugandosi le lacrime.
– Una vita sprecata – riprese Joey – Voglio solo che finisca. –
– Mi dispiace Joey –
– Ti dispiace per cosa? Niente di tutto questo è colpa tua. Niente di tutto questo è colpa mia. Io sono stato un errore, un piccolo, triste errore patetico. –
[…] Dopo un attimo Joey si alzò in piedi, rigido ed eretto, senza paura e, quando si voltò, guardò la luna per l’ultima volta.
A questo punto credo sia lecito domandarsi a cosa sia servita quell’agonizzante detenzione in un carcere di Joey e di altri condannati a morte o al carcere duro. Quest’ultimo serve solamente ad umiliare all’inverosimile una persona, senza dargli alcuna possibilità di comprendere il proprio errore e redimersi. La pena di morte è ripugnante perché è una condanna che non consente alcun tipo di correzione o di riabilitazione dell’uomo. Una vendetta legalizzata e niente di più. E se a commetterla è lo Stato diventa ancora più riprorevole. Di seguito alcuni pensieri su quell’assassinio premeditato ancora presente in molti paesi del mondo.
Il senso d’impotenza e di solitudine del condannato incatenato, di fronte alla coalizione pubblica che vuole la sua morte, è già di per sé una punizione inconcepibile. Albert Camus
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Soltanto i despoti sostengono che la pena di morte è un attributo necessario all’autorità. Il popolo sovrano un giorno l’abolirà. Anatole France
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È abbastanza evidente che coloro che sostengono la pena di morte hanno più affinità con gli assassini di quelli che la combattono. Remy de Gourmont
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Non ho alcun rispetto per la pena di morte. Si tratta di un’azione sporca, che non degrada solo i cani da forca pagati per compierla ma anche la comunità sociale che la tollera, la sostiene col voto e paga tasse specifiche per farla mettere in atto. La pena di morte è un atto stupido, idiota, orribilmente privo di scientificità. Jack London
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L’assassinio legale è incomparabilmente più orrendo dell’assassinio brigantesco. Chi è assalito dai briganti, chi è sgozzato di notte spera di potersi salvare fino all’ultimo momento. Tutta quest’ultima speranza, con la quale è dieci volte più facile morire, viene tolta con certezza dalla condanna a morte. Fëdor Dostoevskij
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Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? Cesare Beccaria
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Perché si uccidono le persone che hanno ucciso altre persone? Per dimostrare che le persone non si devono uccidere?
Norman Mailer
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Togliere al mondo un individuo perché ha fatto del male è come abbattere un albero perché uno dei suoi frutti è marcio. Friedrich Schiller
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Ovunque viene comminata la pena di morte, domina la barbarie, ovunque la pena di morte è rara, la civiltà prevale.
Victor Hugo
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La pena capitale è tanto fondamentalmente sbagliata per la cura del crimine quanto la carità è sbagliata per la cura della povertà. Henry Ford
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Questa è la prima volta che le autorità mi aiutano a fuggire dalla prigione. George Sitts (Prima di venire giustiziato sulla sedia elettrica)
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Le sentenze di condanna alla pena di morte sono mostruosi parricidi. Oscar Wilde
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La pena di morte è contraria a ciò che l’umanità da più di duemila anni ha pensato di più alto e sogna di più nobile.
Jean Léon Jaurès
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Ora, può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un’ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell’istante, l’anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più come uomo, e questo ormai con certezza; l’essenziale è questa certezza. […] La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L’omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l’omicidio del malfattore. Fëdor Dostoevskij
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Oltre a essere inconcepibile,bisognerebbe sottolineare che chi può permettersi un bravo avvocato non finisce nel braccio della morte e spesso se la cava con poco.Molti i casi eclatanti del genere. Ho letto Innocente di Grisham e rabbrividisco nel ricordare quella storia.
[…] punizione inconcepibile. […] Generalmente l’uomo è distrutto dall’attesa della pena capitale molto tempo prima di morire. Gli si infliggono così due morti, e la prima è peggiore […]
[…] senza mostrare un minimo di empatia e di comprensione. Si scaglia contro la crudeltà della pena di morte ed un sistema carcerario volto a distruggere la dignità di un […]