Filosofo incompreso oppure non particolarmente interessato a prodigarsi nel rendere comprensibili i pensieri che si agitavano in lui, spesso contraddittori e poco chiari persino a se stesso? O più semplicemente un pensatore scomodo alla morale di tutti i tempi?
Il dilemma ancora oggi non è stato risolto e molte sono le voci contrastanti sul pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche.
Il suo obiettivo di esaltare la vita si manifesta con quell’ Umwertung aller Werte (la trasvalutazione dei valori) volta ad affrancare l’uomo dai valori tradizionali distruttivi che trovano la loro massima espressione nel cristianesimo, religione da lui disprezzata perché in netto contrasto con ogni istinto naturale dell’uomo, e valorizzando invece il buddismo, espressione filosofica, a parer suo, più vicina alla natura umana. Rinnegare Dio è l’unico modo in possesso dell’uomo per liberarsi da paure, condizionamenti e false speranze che ne limitano il cammino verso la conoscenza. Così illustra il suo ateismo: «Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta così grossolana. Dio è una risposta grossolana, un’indelicatezza verso noi pensatori; anzi, addirittura, non è altro che un grossolano divieto contro di noi: non dovete pensare.»
Le innumerevoli interpretazioni, con conseguenti fraintendimenti e strumentalizzazioni che ne derivano, non hanno reso giustizia ad una delle figure storiche, che insieme a Sigmund Freud e Karl Marx, viene annoverato tra i tre grandi “maestri del sospetto“. Tre uomini differenti ma accomunati dal desiderio di costringere l’uomo, seppur da punti di partenza differenti, a porsi interrogativi fino a quel momento censurati o in molti casi nemmeno minimamente ipotizzati.
Il percorso intrapreso da Nietzsche attraversa la storia dell’uomo segnata dall’eredità lasciata dai pensatori prima dell’avvento di Gesù e dalla società formatasi dopo il sopravvento del suo pensiero.
I valori tradizionali ed universalmente accettati fino a quel momento dal mondo occidentale vengono rigettati. Lo sguardo di Nietzsche desidera andare oltre, sbarazzarsi del passato e volgere l’attenzione verso la costruzione di un futuro che miri a ciò che definisce la “grande salute” della potenza, dello sviluppo e della vita. Una grande salute che però potrà essere conseguita solamente da poche menti elette. La caratteristica più evidente della personalità di Nietzsche è la mancanza di stima nella specie umana.
Influenzato inizialmente dalle riflessioni di Arthur Schopenhauer che definisce la vita “un pendolo oscillante tra noia e dolore“, non nega quella visione, la condivide, ma nello stesso tempo ritiene che proprio nella comprensione e nell’accettazione di quell’amara consapevolezza l’uomo riesce a liberarsi dalla prigionia del nichilismo e del pessimismo entrando in stretto contatto con tutti gli aspetti della vita, persino con quelli più tragici.
In fondo tutto appartiene a quell’incommensurabile oceano della nostra esistenza.

Friedrich Nietzsche in un ritratto di Edvard Munch
Il pensiero di Nietzsche non lascia indifferenti molte correnti filosofiche del ‘900 e la sua influenza investe non solo la letteratura e l’arte, ma purtroppo anche certi movimenti politici che strumentalizzano alcune sue dissertazioni sulla volontà di potenza con le nefaste conseguenze della manipolazione delle masse operata da Hitler.
La fonte massima della sua ispirazione gli deriva dall’antica Grecia, che trae il proprio nutrimento culturale da una potente e consapevole visione del senso tragico della nostra vita. È proprio quello il periodo storico più spiritualmente e culturalmente elevato nella storia dell’umanità, secondo il filosofo; in ogni aspetto drammatico e insensato della vita, gli artisti greci riescono a nobilitare il nonsenso e tutto ciò che sfugge al nostro controllo con il dono di immagini ideali in grado di poter trovare il modo di sopportare anche gli aspetti più orribili dell’esistenza umana armonizzando gli istinti vitali creativi con la razionalità.
Nietzsche afferma con vigore come l’uomo abbia assassinato Dio, annientando così tutti quegli ideali che costituivano un punto di riferimento irrinunciabile per dare un significato alla nostra esistenza. Ma nello stesso tempo si affretta a sottolineare che la morte di Dio è avvenuta perché tale figura sovrannaturale recava in sé una distruzione dell’energia vitale dell’uomo.
Ma ciò che per Nietzsche può simbolizzare un riscatto dalla schiavitù, nell’uomo comune si traduce in smarrimento e solitudine. E lo stesso uomo, disorientato “nel gran mare dell’essere“, è costretto a concepire nuovi ideali, non prima però di essersi disfatto della morale vigente fino a questo momento.
Nelle sue opere saggistiche “Al di là del bene e del male (1886)” e “Genealogia della morale” (1887) mette in risalto la valenza dispotica della morale che impone all’uomo comportamenti repressivi funzionali a chi detiene il potere. L’uomo cosiddetto “buono” non è altro che uno schiavo incapace di prendere in mano la propria vita e negandone la sua vera essenza costringendolo a reprimere ogni sua pulsione. Inevitabilmente un uomo siffatto è destinato ad ammalarsi e tale concezione anticipa il pensiero di Freud. Quale dunque la morale di Nietzsche? Individualismo, coraggio e amore per la vita. Un amore che si realizza solamente lasciando emergere i propri istinti e pulsioni senza rinnegare o soffocare la propria origine animale.
L’opera che racchiude in modo esaustivo questa concezione della vita è “Così parlò Zarathustra“, scritta tra il 1883 e il 1885. Il filosofo tratta i temi dell’eterno ritorno, della parabola della morte di Dio, e la profezia dell’avvento del superuomo allontanandosi definitivamente dal pensiero di Schopenhauer e dall’universo wagneriano che hanno accompagnato fino a quel momento il suo percorso filosofico.
La morte di Dio rappresenta l’inizio di un nuovo cammino liberatorio che condurrà l’uomo ad superare qualsiasi vincolo, compreso quello della sua stessa “umanità”, per giungere alla piena realizzazione di se stesso fedelmente congiunto all’amore vero per la vita e per la libertà. Privo di pudore per tutto ciò che concerne il proprio istinto, il superuomo non obbedirà più agli obblighi morali, ma seguirà i propri desideri. “Diventa ciò che sei” è il motto su cui si basa tale innovativa concezione filosofica. Il superuomo non possiede certezze assolute e per tale ragione può considerarsi un essere profondo, tiene in considerazione possibilità differenti, non ha alcuna patria ed il suo cammino procede instancabilmente senza meta. Il suo scopo principale è quello di perdersi nell’amore per la vita e nella consapevolezza della sua fugacità. Lo sguardo del superuomo abbraccia in modo differente il mondo perché è uno sguardo finalmente libero da obsolete illusioni e spalanca le porte a nuovi e meravigliosi orizzonti.
La volontà di potenza si traduce in quel desiderio inarrestabile di creare dei valori nuovi che diano un senso alla nostra stessa esistenza in cui tutto ciò che succede è già accaduto (eterno ritorno) e avverrà ancora senza scomparire nel nulla.
Il superuomo si differenzia dall’uomo comune perché è cosciente che qualsiasi azione, se accompagnata dalla potente volontà di compierla, sarà portata a compimento ed in ogni momento si può cominciare una nuova vita. Per questo richiede un impegno assoluto: il superuomo è consapevole che ogni suo atto si inserisce in una realtà eterna. L’eterno ritorno implica altresì un percorso spirituale che porti l’uomo ad accettare il mondo come un infinito ripetersi di eventi impossibili da cambiare.
Tuttavia, anche se tale realtà non è facile da accettare, non bisogna semplicemente tollerare un così infame fardello, ma sforzarsi di amarlo e promettere a se stessi di non pretendere qualcosa di differente da ciò che il mondo offre. Una liberazione dunque dell’uomo dalla prigionia del passato e che mette in primo piano il presente, nella volontà decisionale che consente di far ricomparire il passato. Il tempo quindi si realizza nell’atto decisionale in passato, presente e futuro riassumendolo nell’atto volontario della decisione.
Devo ammettere di aver avuto, nel corso della mia esperienza scolastica, dei mediocri insegnanti di filosofia che non sono riusciti a spiegare in modo chiaro e comprensibile le teorie di questo grande filosofo ribelle ed i cui pensieri sono stati travisati dai nazisti e dai marxisti che sembra abbiano gareggiato nel mettergli in bocca pensieri che al buon Nietzsche non erano mai nemmeno passati per l’anticamera del cervello.
Se può recarci una consolazione è questo il destino che investe i grandi rivoluzionari del pensiero umano. Accade proprio ciò che non avrebbero voluto e diventano simboli politici proprio coloro che si sono tenuti ben lontani da etichette di qualsiasi colore.
Gli antisemiti hanno strumentalizzato il suo pensiero inventando storielle sul suo pensiero religioso, sintetizzato nella citazione ben visibile sopra. Nietzsche detesta ogni religione ed in particolare la sua attenzione si è focalizzata soprattutto sul cristianesimo. Si può altrettanto quindi affermare che sia anticristiano, così come antimusulmano o, per meglio sintetizzare il suo pensiero, semplicemente ateo.
La sorella di Nietzsche, fedele sostenitrice del nazismo manipola alcuni scritti del fratello e ne falsifica alcuni concetti di cui si servirà Hitler per rafforzare l’ideologia della superiorità della razza ariana, interpretando la concezione del superuomo in chiave razzista. Eppure proprio in una delle opere del filosofo, “Umano, troppo umano” si evince la sua critica feroce nei confronti dell’antisemitismo.
Una mistificazione che dovrebbe essere posta in rilievo perché ancora oggi non pochi identificano l’ideologia di Nietzsche con il nazifascismo.
Meglio concentrarsi sul suo messaggio filosofico che perder tempo con interpretazioni strumentali a quel potere da lui sempre contestato.
Secondo Nietzsche gli esseri umani non riescono ad essere felici perché rifiutano la loro unicità e temono le conseguenze che possano derivare dall’essere semplicemente se stessi. Indossare una maschera e fingere di essere quello che non sono li aiuterà a ben inserirsi nella società. Quest’ultima tende ad emarginare qualunque pensiero divergente e l’autenticità dell’individuo.
Leggiamo insieme questo passo tratto da «Considerazioni inattuali».
«Un viaggiatore che aveva visto molti paesi e popoli e più continenti, interrogati su quale qualità degli uomini avesse ovunque ritrovato, rispose: essi sono inclini alla pigrizia. A molti parrà che, più giustamente e più validamente, avrebbe potuto dire: sono tutti pavidi. Si nascondono dietro costumi e opinioni. Ogni uomo, in fondo, sa bene di essere al mondo sol per una volta, come un unicum, e che nessun caso, per quanto straordinario, riuscirà a una seconda volta a mescolare insieme quella molteplicità così eccentricamente variopinta nell’unità che egli è; questo l’uomo lo sa, ma lo nasconde come una cattiva coscienza – perché? Per paura del prossimo che esige la convenzione e in essa si nasconde. Ma cosa costringe il singolo a tenere il prossimo, a pensare e agire come il gregge, a non essere lieto di se stesso? Per alcuni, ma sono rari, forse il pudore. Per la grande maggioranza è poltroneria, indolenza, in breve quell’inclinazione alla pigrizia di cui il viaggiatore parlava. Egli ha ragione: gli uomini ancor prima che pavidi sono pigri e soprattutto temono gli incomodi che procurerebbe una nudità e una sincerità incondizionata. Soltanto gli artisti odiano questo indolente incedere ostentando maniere d’accatto e opinioni posticce e svelano il segreto, la cattiva coscienza di ognuno, il principio cioè che ogni uomo è un miracolo irripetibile; essi soltanto osano mostrarci l’uomo nella loro peculiarità e unicità fin nel più piccolo movimento muscolare, e, ancor bello e degno di osservazione, nuovo e incredibile come ogni opera della natura, e niente affatto noioso. Il grande pensatore che disprezza gli uomini, ne disprezza la pigrizia: poiché a causa di questa essi appaiono simili a prodotti di fabbrica, indifferenti, indegni di contatti e di ammaestramenti. L’uomo che non voglia far parte della massa non ha che da smettere di essere accomodante con se stessi; segua piuttosto la propria coscienza che gli grida: “sii te stesso! Tu non sei certo ciò che fai, pensi e desideri ora”.
Ogni giovane anima sente giorno e note questo appello e ne trema; infatti presagisce, rivolgendo il pensiero alla sua reale liberazione, la misura di felicità destinata dall’eternità; felicità che non riuscirà mai a raggiungere se incatenata dalle opinioni e dalla paura. E quanto assurda e desolata può divenire l’esistenza senza questa liberazione! Nella natura non c’è creatura più vuota e ripugnante dell’uomo che è sfuggito al suo genio e ora volge di soppiatto lo sguardo a destra e a sinistra, indietro e ovunque. Un tale uomo alla fine non li si può neppure attaccare: è solo esteriorità senza nucleo, un marcio costume, pitturato e rigonfio, un fantasma agghindato che non può ispirare paura e tanto meno compassione. E se a ragione si dice del pigro che ammazza il tempo, allora ci si deve preoccupare sul serio che un tempo che pone la propria salvezza nelle opinioni pubbliche, e cioè nelle pigrizie private, sia ucciso una buona volta: venga, intendo dire, cancellato dalla storia della vera liberazione della vita. Con quanta ripugnanza si occuperanno le generazioni future dell’eredità di un’epoca in cui a governare non erano uomini viventi ma parvenze di uomini con un’opinione pubblica; per questo forse la nostra epoca apparirà a una qualche lontana posterità il periodo della storia più oscuro e più ignoto perché più inumano. Vado per le nuove strade delle nostre città e penso che di tutte queste orribili case, che la generazione dell’opinione pubblicasi è costruita, tra un secolo non rimarrà nulla, e che saranno finalmente crollate anche le opinioni dei costruttori di tali case. Quante speranze debbono nutrire, invece, tutti coloro che non si sentono cittadini di questo tempo; se lo fossero, infatti, si adoperebbero a uccidere il proprio tempo e a perdersi con esso – mentre vogliono piuttosto ridestare alla vita il tempo per continuare essi stessi a vivere in questa vita».
Dopo aver letto questo brano nessuno di certo immaginerebbe un filosofo del calibro di Nietzsche intruppato nelle file naziste o di qualsiasi altro partito o movimento politico del passato o del presente. Eppure ancora oggi, non pochi, si appropriano o travisano alcuni suoi pensieri per infimi scopi politici.
Se è molto difficile sintetizzare il pensiero di Nietzsche, lo stesso non può dirsi della sua vita, quasi tutta dedita allo studio e poco densa di colpi di scena ed azioni eclatanti.
Nato il 15 ottobre del 1844 a Röcken bei Lützen, piccolo villaggio della Sassonia prussiana, a causa della morte prematura del padre, un pastore protestante, si trasferisce a quattro anni, insieme alla madre, nella cittadina di Naumburg, dove alcuni parenti possono aiutare la sua famiglia a vivere in modo dignitoso.
Sin da bambino manifesta una personalità introversa e narcisista; osserva i suoi coetanei nei giochi, ma non si unisce a loro perché sembra avvertire in sé un senso di superiorità che lo distacca dal mondo esterno.
La sua infanzia è segnata da un altro devastante lutto che vede la scomparsa del fratellino di appena due anni.
Nel 1851 inizia a frequentare una scuola privata a Pforta dove comincia a mostrare una grande passione per la musica e la filosofia, disdegnando gli studi di matematica. Trascinato da un’insaziabile sete di sapere, comincia sin da ragazzo a scrivere poesie, comporre musica e divorare libri.
Le sue letture spaziano da Byron a Goethe, sebbene, come già sottolineato prima, avrà più tardi grande influenza in lui la lettura di Schopenhauer.
Nel 1860 fonda insieme a degli amici un’associazione musicale e culturale denominata “Germania” e comincia a scrivere brevi saggi filosofici in cui si avvertono già i primi segnali di un pensiero antimetafisico e antiborghese che lo accompagnerà per tutta la vita.
Costretto dalla madre, una donna di formazione protestante, ad iscriversi alla Facoltà di Teologia a Bonn, il suo carattere avverso alla religione, lo indurrà ben presto ad abbandonare tali studi e a frequentare l’Università di Lipsia per seguire le lezioni di filologia classica.
Dopo il servizio militare, interrotto presto a causa di un infortunio e della sua avversione alle regole, il 13 febbraio 1869 gli viene assegnata la cattedra di lingua e letteratura greca all’Università di Basilea come docente di filologia classica, pur non avendo completato gli studi e non possedendo alcuna abilitazione all’insegnamento. La laurea gli verrà assegnata successivamente per la pubblicazione di alcuni saggi di enorme rilevanza.
A venticinque anni decide di rifiutare la cittadinanza prussiana e diventerà apolide fino agli ultimi istanti della sua vita.
Misantropo e tendenzialmente misogino, conduce la sua vita per lo più in solitudine o accompagnandosi ad alcuni intellettuali dell’epoca.
Indifferente agli eventi politici del periodo in cui vive e afflitto da numerosi problemi di salute, a trentaquattro anni abbandonerà definitivamente l’insegnamento per dedicarsi interamente alla filosofia. A causa della sua salute malferma viaggerà molto e si recherà in luoghi che mitigheranno i suoi problemi.
Si ha notizia di una sola sua relazione sentimentale con una giovane donna molto intelligente, Lou Von Salomè, conosciuta da Nietzsche durante una gita sul lago d’Orta. Poche ore di intimità, ma la ragazza rifiuterà la sua proposta di convolare a nozze. Nonostante tale rifiuto la coppia continuerà a frequentarsi in modo amichevole e soprattutto per continui confronti culturali.
Il 3 gennaio del 1889 avviene un episodio che i detrattori di Nietzsche considerano l’inizio della sua follia: a Torino, mentre passeggia per le strade, s’imbatte in un cocchiere che frusta un cavallo a sangue. La reazione del filosofo è particolarmente toccante: piange come un bambino nel vedere tale scena cruenta, abbraccia il cavallo, lo bacia sulla bocca e sviene. Lo scrittore Milan Kundera afferma che si era trattato di un altro segno di allontanamento dagli uomini.
Viene ricoverato in una clinica psichiatrica di Basilea. Accusa tremende cefalee e comincia a manifestare segni di squilibrio mentale probabilmente legati ad una patologia neurologica ereditaria o ad un tumore cerebrale, sebbene non pochi sono i suoi scritti raccolti sotto il nome “Biglietti della follia” che hanno indotto molti studiosi ad ipotizzare un’agitazione mentale dovuta all’eccessiva attività creativa.
Perde la memoria, quasi sicuramente per l’eccessiva somministrazione di farmaci cui viene sottoposto, ed il suo fisico crolla irrimediabilmente causandogli una progressiva paralisi.
Una polmonite lo condurrà alla morte il 25 agosto del 1900 a Weimar, assistito fino alla fine dalla sorella.
Non poche sono le ipotesi basate su alcuni frammenti scritti dal filosofo, in cui si leggono delle teorie sull’autodistruzione per mezzo di una follia volontaria che avrebbe condotto il superuomo a giungere ad una forma di distacco ascetico dal mondo.
Per poter approfondire l’opera di Nietzsche, certamente di non facile interpretazione, bisognerebbe leggere almeno le sue opere più significative già citate, tra cui “Al di là del bene e del male“, che non poche critiche continua a suscitare per il suo carattere eversivo in una società ancora oggi oppressa dalla massificazione e dall’appiattimento delle coscienze. Andare al di là, andare oltre una società pronta a premiare la mediocrità e l’adattamento acritico, è ancora oggi considerato sconveniente ed il palese disprezzo del filosofo verso coloro che si accontentano di una vita mediocre e banale senza mai lasciar emergere un dubbio, infastidisce non poco un potere che vuole “confrontarsi” con un gregge belante. Le voci fuori dal coro vengono messe a tacere o semplicemente definite folli.
È sempre stato e forse sarà sempre così. Ed è proprio lo stesso Nietzsche a sottolineare che solo pochi sono e saranno i superuomini.
Di seguito alcuni suoi pensieri.
Vivere con immensa e superba imperturbabilità; sempre al di là.
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Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male.
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Siete in guerra? Temete il vostro vicino? E allora togliete le pietre di confine: così non avrete più vicini. Ma voi volete la guerra: e per questo avete posto le pietre di confine.
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Gli insetti pungono non per cattiveria ma perché vogliono vivere anche loro; lo stesso è dei critici: vogliono il nostro sangue, non il nostro dolore.
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Colui che finalmente si accorge quanto e quanto a lungo fu preso in giro, abbraccia per dispetto anche la più odiosa delle realtà; cosicché, considerando il corso del mondo nel suo complesso, la realtà ebbe sempre in sorte gli amanti migliori, poiché i migliori furono sempre e più a lungo burlati.
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Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.
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Gli uomini più profondi hanno sempre provato compassione per gli animali […]. È certo una pena ben grave vivere così, come una bestia, tra fame e cupidigia, e senza giungere mai ad alcuna consapevolezza di questa vita; né si potrebbe pensare sorte più dura di quella della bestia da preda che è spinta nel deserto da un tormento che la rode al massimo; di rado è appagata, ma se lo è, lo è solo nel momento in cui l’appagamento diventa pena, cioè nella lotta dilaniante con altri animali o per l’avidità e la sazietà più disgustose. Essere così ciecamente e stoltamente attaccati alla vita, senza alcuna prospettiva di un premio superiore, ben lontani dal sapere che così si è puniti e perché, bensì anelare a questa pena, come a una felicità con la stoltezza di una orribile brama – questo significa essere una bestia […]. Finché si aspira alla vita come a una felicità, non si è ancora sollevato lo sguardo al di sopra dell’orizzonte della bestia, si vuole soltanto con maggiore consapevolezza ciò che la bestia cerca spinta da cieco istinto. Ma così succede a noi tutti per la maggior parte della vita: in genere non usciamo dalla bestialità, noi stessi siamo le bestie che sembrano soffrire senza senso.
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Di solito la madre, più che amare il figlio, si ama nel figlio.
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Io vi insegno l’oltreuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l’uomo? Che cos’è per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l’uomo per l’oltreuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna.
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Nella solitudine il solitario divora se stesso. Nella moltitudine lo divorano i molti. Ora scegli.
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Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d’accordo con tutti.
Le cose grandi ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili, le rarità ai rari.
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Osserva il gregge che pascola davanti a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi: salta intorno, mangia, digerisce, salta di nuovo. È così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell’attimo e perciò né triste né annoiato… L’uomo chiese una volta all’animale: “Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?” L’animale voleva rispondere e dice: “Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire” – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. È un prodigio: l’attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all’uomo. Allora l’uomo dice “Mi ricordo”.
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Sento spesso il bisogno di ruminare il passato e di rendere digeribile il presente con quel condimento.
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Un solo scrittore conosco che per sincerità posso mettere allo stesso livello se non addirittura più in alto di Schopenhauer: Montaigne. Il solo fatto che un uomo simile abbia scritto, ha aumentato, in verità, la gioia di vivere su questa terra.
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Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse il primo, come se fosse l’ultimo.
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C’è sempre un grano di pazzia nell’amore, così come c’è sempre un grano di logica nella pazzia.
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E l’uomo, nel suo orgoglio, creò Dio a sua immagine e somiglianza.
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Da quando ho imparato a camminare mi piace correre.
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Vi sono perdite che comunicano all’anima una sublimità, nella quale essa si astiene dal lamento e cammina in silenzio come sotto alti neri cipressi.
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Parlare molto di sé può anche essere un sistema per nascondersi.
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Chi sa di essere profondo, si sforza di esser chiaro. Chi vorrebbe sembrare profondo alla moltitudine, si sforza di esser oscuro. Infatti la folla ritiene profondo tutto quel di cui non riesce a vedere il fondo: è tanto timorosa e scende tanto mal volentieri nell’acqua!
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La tragedia greca, rispetto a tutti gli altri generi d’arte imparentati con essa, è finita per motivi diversi: la sua fine è stata tragica, là dove tutti quegli altri generi sono venuti meno nella morte più bella.
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Dio creò la donna. E, a dir vero, da quel momento cessò di esistere la noia; ma cessarono di esistere anche molte altre cose! La donna fu il secondo errore di Dio.
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– “Quanto manca alla vetta?”;
– “Tu sali e non pensarci!”
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Dovunque estende la sua influenza, la Germania rovina la cultura.
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Così mi disse una volta il diavolo: «Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini».
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È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche la mia anima è il canto di un amante. In me è qualcosa d’inappagato e d’inappagabile: vuole prender voce. Una brama d’amore è in me che parla la lingua dell’amore.
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Per vivere soli bisogna essere o un animale o un dio, dice Aristotele. Manca il terzo caso: bisogna essere l’uno e l’altro, un filosofo.
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È noto che certi uomini, nell’attimo di un pericolo eccezionale, o soprattutto nel prendere un’importante decisione sulla propria vita, condensano tutto il vissuto in una visione infinitamente accelerata e tornano a conoscere, con acutezza davvero rara, tanto le cose prossime come le più lontane.
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Con i libri ci si lascia andare, anche se con le persone si è molto più riservati.
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Non voler offendere nessuno, non voler nuocere a nessuno, può indicare sia una mentalità giusta, sia una mentalità pavida.
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La gioia comune, e non il dolore comune, fa l’amico.
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Le medesime passioni hanno nell’uomo e nella donna un ritmo diverso: perciò uomo e donna continuano a fraintendersi.
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La preponderanza del dolore sul piacere è la causa delle nostre immaginarie morali e religioni.
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Il vero amore pensa all’istante e all’eternità, mai alla durata.
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La vita è una resistenza continua all’inerzia che tenta di sabotare il nostro volere più profondo. Chi si stanca di volere, vuole il nulla.
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Come il filosofo con la realtà dell’esistenza, così l’uomo artisticamente sensibile si comporta con la realtà del sogno: la contempla, con diligenza e soddisfazione, giacché dalle immagini del sogno impara a spiegarsi la vita, e su queste esperienze si esercita per la vita.
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Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi.
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I problemi dell’uomo sono incominciati nel momento in cui si è separato dal mondo animale.
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La speranza è il peggiore tra i mali, poiché prolunga i tormenti.
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La cattiveria è rara, la maggior parte degli uomini si occupa troppo di se stessa per essere malvagia.
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Dove la moralità è troppo forte, l’intelletto perisce.
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Se nei singoli la demenza è rara, è una regola dei gruppi, delle compagnie, dei partiti, delle epoche.
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I maestri sono stati liquidati: la morale dell’uomo comune ha trionfato.
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Un idealista è incorreggibile: se è allontanato dal suo paradiso farà un ideale del suo inferno.
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Senza musica la vita sarebbe un errore.
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Il mio tempo deve ancora venire: alcuni nascono postumi.
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La morale in Europa oggi è la morale del branco.
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Mi dicono che l’uomo ama se stesso. Ahimè, quanto deve essere grande questo amore, quanto disprezzo deve vincere!
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Se si ha carattere, si ha anche una propria tipica esperienza interiore, che ritorna sempre.
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Si odono solo le domande alle quali si è in condizione di trovare una risposta.
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Madre dell’eccesso non è la gioia, ma la mancanza di gioia.
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Il mio tempo non è ancora venuto; alcuni nascono postumi.
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Nel vero amore è l’anima che abbraccia il corpo.
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La mia ambizione è di dire in dieci frasi quel che chiunque altro dice in un intero libro.
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L’esistenza è in realtà un tempo imperfetto che non diventa mai un presente.
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Nessuno muore oggi per una terribile verità: ci sono troppi antidoti ad essa.
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Il cinismo è la sola forma sotto la quale le anime volgari rasentano l’onestà.
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Solo gli animali più acuti e attivi sono capaci di provare noia. Un tema per un grande poeta sarebbe la noia di Dio il settimo giorno della creazione.
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Non augurate mai ad un invidioso di avere figli: sarebbe geloso di loro perché non può più avere la loro età.
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Ciò che non mi distrugge, mi rende più forte.
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Di tutto conosciamo il prezzo, di niente il valore.
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L’ozio è il padre di ogni filosofia. Quindi la filosofia è un vizio.
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Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato.
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Certe madri hanno bisogno di figli infelici, altrimenti la loro bontà di madri non può manifestarsi.
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Il modo più perfido di nuocere ad una causa è difenderla intenzionalmente con cattive ragioni.
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Sempre la vita diventa più dura verso la cima: aumenta il freddo, aumenta la responsabilità.
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Nella vendetta e nell’amore la donna è più barbarica dell’uomo.
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Gli uomini passano per essere crudeli, le donne invece lo sono. Le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono.
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Non si deve dipingere sulla parete della propria casa né Dio né il diavolo: si rovina la propria parete e si perde la stima dei vicini.
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Meglio esser pazzo per conto proprio, anziché savio secondo la volontà altrui!
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Checché ne dicano i suoi detrattori, una bella donna ha qualcosa in comune con la verità: entrambe danno più felicità quando si desiderano che quando si posseggono.
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Il non parlare mai di sé è un’ipocrisia molto distinta.
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Non può esserci un Dio perché, se ce ne fosse uno, non crederei che non sia io.
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Nessuna religione ha mai finora contenuto né direttamente né indirettamente né come dogma né come allegoria una verità.
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Tutta la vita umana è profondamente immersa nella non verità.
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I libri per tutti sono sempre libri maleodoranti: vi si attacca l’odore della piccola gente.
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E coloro che sono stati visti danzare erano ritenuti pazzi da coloro che non potevano ascoltare la musica.
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Ringraziamento. Un’anima delicata è angustiata dal sapere qualcuno obbligato a ringraziarla; un’anima gretta, dal sapersi obbligata a ringraziare qualcuno.
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Le persone gravi, malinconiche, diventano più leggere e di tanto in tanto affiorano alla loro superficie, proprio attraverso ciò che rende gli altri pesanti, attraverso l’odio e l’amore.
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Il modo più sicuro di corrompere un giovane è di istruirlo a tenere in alta considerazione quelli che la pensano allo stesso modo piuttosto che quelli che la pensano in modo diverso.
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Dove il popolo mangia e beve, persino dove adora, lì di solito c’è fetore. Non bisogna entrare in una chiesa, se si vuole respirare aria pura.
***
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[…] di cui non tutti sono a conoscenza e che trova delle somiglianze nella visione filosofica di Nietzsche. Wilde lancia l’idea di una società dove ad ogni individuo sia consentito di poter esprimere […]
[…] «Com’è che ogni esecuzione ci offende più di un omicidio? È la freddezza dei giudici, sono i meticolosi preparativi, è il sapere che qui un uomo viene usato come un mezzo per spaventarne altri. Giacché la colpa non viene punita, se anche ce ne fosse una: questa è negli educatori, nei genitori, nell’ambiente, in noi, non nell’omicida – intendo le circostanze determinanti». Friederich Nietzsche […]
[…] azioni umane di cui non riesce a comprenderne le motivazioni. Anticipatore di Freud, ma anche di Nietzsche, il protagonista è una figura vigorosa che vive seguendo la propria volontà. Quest’uomo […]
[…] un emblematico dilemma agli uomini. Caligola sembra richiamare il “Superuomo” di Friedrich Nietzsche che asseconda la propria volontà, anche in modo spregiudicato ed immorale, consapevole della […]
[…] la cui influenza investirà la maggioranza dei più grandi pensatori, da Leopardi a Nietzsche e che dovrebbe essere letta da tutti coloro che continuano a distinguere il mondo in […]
[…] entra in contatto con i maggiori intellettuali ed artisti del periodo. Sedotto dalla filosofia di Friedrich Nietzsche e di Arthur Schopenhauer, subisce il fascino della pittura simbolista di Arnold Böcklin la cui […]
[…] della possibilità di vivere, la grande seduttrice della vita, il grande stimolante per vivere. Friedrich Nietzsche […]
[…] Il suo pensiero influenzerà gli intellettuali moderni, in particolar modo Wagner, Nietzsche, Tolstoj e Freud, e ancora oggi il suo pessimismo cosmico offre spunti di riflessione nel mondo […]
[…] persona in questione conduce una vita frustrante e tende ad invidiare gli altri. Così affermava Friedrich Nietzsche: «Le nature compassionevoli, soccorrevoli nella disgrazia in ogni momento, sono di rado quelle che […]
[…] la ragione. Freud, uno dei tre cosiddetti “maestri del sospetto” insieme a Marx e Nietzsche, riesce a scuotere e suscitare indignazione in molti suoi contemporanei e ancora oggi in certi […]
[…] «Dove vi è dominio, esistono masse; dove vi sono masse, vi è il bisogno della schiavitù. Dove vi è schiavitù, gli individui sono pochi, e hanno contro di loro gli istinti del gregge.» Friedrich Nietzsche […]
[…] quella della lettura; sin da giovane è un grande lettore di Dostoevskij, Schopenhauer, Rimbaud, Nietzsche, Mallarmé, Freud, Proust, Joyce, Hegel, Engels e […]
[…] cambiamento decisivo con lo studio delle opere di Karl Marx, Charles Darwin, Rudyard Kipling e Friedrich Nietzsche, conducendolo istintivamente ad abbracciare gli ideali socialisti e ad unirsi al Partito […]
[…] una vita come la visse colui che morì sulla croce, soltanto questo è cristiano…Friedrich Nietzsche […]