Salvador Dalì, uno degli artisti più discussi del ‘900, mostra nella sua vasta produzione un vivo interesse per la parte inconscia di ogni individuo. Suggestionato dalle rivoluzionarie teorie di Sigmund Freud, il pittore catalano focalizza l’attenzione in ciò che ritiene lo strumento più prezioso per conoscere quel mondo sommerso e sconosciuto a tutti noi: il sogno.
La sua arte è riconducibile in gran parte al Surrealismo, movimento artistico sorto nel 1924 con il fine di rivalutare e dare spazio alla parte irrazionale dell’uomo per poter esprimere liberamente il mondo dell’inconscio, della fantasia, del sogno e dell’istinto. La mancanza di schemi prefissi distingue il surrealismo da altre correnti; all’artista, infatti, dev’essere data la massima libertà nell’uso delle tecniche per poter così meglio rappresentare il proprio mondo interiore.
Da questa libertà espressiva sorgono proposte molto differenti tra loro che in Salvador Dalì si possono individuare nel cosiddetto filone figurativo, la cui rappresentazione di oggetti reali viene accostata in modo illogico, così come avviene nei nostri sogni notturni. Le immagini dei sogni ci appaiono sovente più vere di quelle reali e sono per lo più irrazionali e fuori dal tempo. Quando ci si sveglia, è evidente in noi la consapevolezza di aver smarrito, in quel lasso di tempo, la percezione dello spazio e di aver combinato disordinatamente eventi e situazione senza seguire un criterio cronologico.
Nato l’undici maggio del 1904 a Figueres, una piccola città della Catalogna, Salvador Dalì rivela sin da bambino una predisposizione all’arte. Il padre è un notaio molto severo nell’educazione dei figli, al contrario della moglie che cerca in tutti i modi di mitigare il temperamento rigido del marito. Prima della nascita del futuro artista, il fratello maggiore, anch’egli chiamato Salvador, muore a causa di una meningite.
Quando il piccolo Salvador compie cinque anni, i genitori lo portano dinnanzi alla tomba del fratello defunto e gli spiegano che quest’ultimo si è reincarnato in lui. Questa stravagante idea riesce a suggestionare il bambino, emozionato dall’idea di essere veramente identico al fratello. La sua infanzia trascorre dunque tra foto del fratello poste in ogni angolo della casa e iperprotezione da parte dei genitori, angosciati dall’idea di perdere anche questo figlio. I messaggi a Salvador trasmessi lo portano ogni giorno di più ad identificarsi con il fratello morto di cui ne sente “l’ombra in decomposizione” e in continuo scioglimento.
Frequenta la scuola d’arte e perde la madre, figura a lui molto cara, quando ha soli sedici anni. Del trauma subito da tale perdita ne parlerà qualche anno dopo: «è stata la disgrazia più grande che mi sia capitata nella vita. La adoravo… Non potevo rassegnarmi alla perdita di una persona su cui contavo per rendere invisibili le inevitabili imperfezioni della mia anima».
Il padre si risposa poco tempo dopo con la cognata.
Salvador continua gli studi nell’Accademia delle Belle Arti di Madrid, ma ne viene espulso nel 1923 con l’accusa di aver fomentato una protesta in seguito alla nomina di un professore considerato impreparato dagli studenti. La rivolta richiede l’intervento della polizia e Salvador è costretto a far ritorno a Figueras. Quando tutto sembra essersi concluso, il giovane viene incarcerato per più di un mese. Un gesto probabilmente volto a colpire il padre, noto fautore dell’indipendenza catalana.
La drammatica esperienza carceraria vissuta lo spinge a realizzare l’opera “Il bambino malato” (1923).
Il quadro, chiaramente autobiografico, mostra in primo piano la mano dell’artista con lunghe dita scheletriche. Viso emaciato e mano sono dipinti con un colore giallastro e, nell’espressione degli occhi dell’autore, si legge la sua profonda tristezza. In alto a sinistra si nota una gabbia che imprigiona un uccellino e lo sfondo del paesaggio marino con due barche a vela dipinto con colori primari, rappresenta ciò che Dalì vede dalla finestra nella casa a mare in cui si è rinchiuso per paura di essere arrestato.
Dopo un anno di sospensione, riprende a frequentare l’Accademia e in questo periodo conosce molti intellettuali e artisti tra cui il poeta Federico Garcìa Lorca e il regista Luis Buñuel.
Viene espulso dall’Accademia nel 1926 per “indegnità“, poco prima degli esami, per aver sostenuto che nessuno dei suoi insegnanti fosse in possesso di una preparazione ottimale per poterlo giudicare.
L’anno seguente si reca a Parigi dove entra in contatto con Pablo Picasso, Juan Mirò, André Breton e il poeta Paul Èluard. È il momento in cui il giovane artista comprende la propria esigenza di esprimere attraverso l’arte il suo prepotente desiderio di evadere da una realtà banale e conformista.
Si avvicina così al movimento surrealista in cui riesce ad intravedere la possibilità di lasciar emergere la sua sfrenata immaginazione.
L’ esigenza di dar voce a quella realtà istintiva e fantasiosa, ma nello stesso tempo capace di scatenare incubi e dubbi, rappresenta, secondo Salvador, la parte più interessante e poetica dell’esistenza umana. E proprio dal mondo sconosciuto dei sogni l’artista trae ispirazione per le sue opere.
Le immagini che cattura sulla tela sorgono dall’agitazione tormentata del suo inconscio e prendono forma grazie alla razionalizzazione del delirio, anch’esso momento di sofferenza, che si sprigiona liberamente nelle sue indimenticabili opere.
L’artista si considera paranoico e da quelle turbe e pulsioni che gli agitano l’animo sorgono opere sorprendenti.
Alla perfetta padronanza delle tecniche acquisite negli anni trascorsi all’Accademia, che annovera tra i suoi modelli di riferimento i grandi artisti del Rinascimento, i pittori fiamminghi, Velázquez e il barocco spagnolo, riesce a fondervi uno stile volto alla provocazione e alla continua indagine.
Nel 1929 Dalì realizza il suo primo dipinto surrealista, “Il gioco lugubre“.
Il dipinto suscita ripugnanza negli stessi surrealisti perché in primo piano compare un uomo che indossa delle mutande sporche di escrementi. Lo stile ineguagliabile del pittore prende già forma in questo quadro con il ricorso a spazi prospettici molto dilatati. E in quegli spazi si notano moltissimi elementi combinati in modo irrazionale. “Il pittore che deforma le figure“, così definito da molte persone, causa sconcerto nell’ambiente del movimento cui l’artista aderisce con entusiasmo.
Nello stesso anno, Dalì intraprende una relazione sentimentale con la moglie del poeta Paul Èluard. La donna, Gala Deluvina Diakonoff, inizialmente amante e poi moglie del pittore, diviene la sua musa ispiratrice e molti saranno i dipinti a lei dedicati, in cui appare per lo più nuda e con atteggiamenti sensuali.
Con il passare del tempo il suo stile di pittura diventa nettamente più sintetico e meno criptico, poiché decide di ritrarre pochi elementi per consentire alle sue opere di esprimere più chiarezza. È il caso del suo dipinto più famoso, “La persistenza della memoria” (1931), in cui esprime la sensazione dilatata del tempo, simboleggiata dal liquefarsi degli orologi.
Anche se di piccole dimensioni, il quadro è molto suggestivo e rimanda all’aspetto psicologico del tempo. Un aspetto indubbiamente soggettivo e legato alla nostra percezione che segue una logica del tutto irrazionale vincolata ai nostri stati d’animo e ai ricordi. Gli orologi raffigurati segnano tutti un orario differente proprio perché la nostra memoria è altalenante e non sempre funziona. Molti sono gli orologi che scandiscono la nostra memoria.
L’orologio non deformato indica la nostra memoria funzionante, mentre quello deformato, di cui non si riesce ad intravedere l’ora, simboleggia la mancanza della memoria. Quando dormiamo emerge, attraverso i sogni, la nostra parte irrazionale e nascosta, quando siamo svegli non vi è più alcun disordine e tutto appare chiaro; vi è una ben evidente cronologia che nel sogno è del tutto inesistente. Riferendosi all’opera in questione, il pittore afferma: «Il quadro rappresentava un paesaggio vicino a Port Lligat, le cui rocce erano illuminate da un trasparente e malinconico crepuscolo. In primo piano si vedevano gli ulivi con i rami tagliati e senza foglie. Sapevo che l’atmosfera che ero riuscito a creare in quello scorcio serviva come ambientazione per qualche idea, per qualche immagine sorprendente, ma non sapevo ancora di cosa si sarebbe trattato. Stavo per spegnere la luce quando istantaneamente “vidi” la soluzione. Vidi due morbidi orologi, uno dei quali era appeso dolorosamente ai rami dell’ulivo».
Riprendendo la “Teoria della Relatività Speciale” di Albert Einstein, l’artista raffigura il tempo meccanico che noi misuriamo con gli orologi. Ma il tempo deve fare i conti con la memoria umana che lo percepisce in modo differente.
Di seguito un interessante documentario in un video pubblicato dal quotidiano La Repubblica.
Le sperimentazioni di Dalì proseguono senza sosta e, prima di trasferirsi negli Stati Uniti, crea delle opere molto interessanti che raffigurano immagini doppie che ci consentono di vedere più cose contemporaneamente. A tal proposito scrive: «Attraverso un processo nettamente paranoico è possibile ottenere un’immagine doppia, rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente diverso».
Una delle opere più significative di questo periodo è “Cigni che riflettono elefanti“.
Nel 1939, a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si stabilisce negli Stati Uniti dove si allontana, ma non del tutto, dal Surrealismo e all’interesse mostrato per l’inconscio subentra anche una nuova passione rivolta alla scienza moderna, alla religione e alle correnti artistiche del dopoguerra (Pop Art, Op art). Tornerà poi nella sua amata Catalogna nel 1951, suscitando il disprezzo di quegli intellettuali che avevano lasciato la Spagna a causa della dittatura di Francisco Franco.
Dopo la morte della moglie Gala, l’artista entra in una profonda crisi depressiva e più volte compie dei gesti che potrebbero essere interpretati come tentativi di suicidio non riusciti. Si trasferisce nel Castello di Pubòl a Figueres e negli ultimi anni della sua vita il suo carattere diventa sempre più scontroso e altezzoso con frequenti crisi deliranti. Alcuni studiosi affermano che Dalí sia stato costretto dai suoi tutori a firmare delle tele bianche che, dopo la sua morte, avvenuta il 23 gennaio del 1989 a causa di un attacco cardiaco, vengono usate per creare dei falsi venduti come originali.
A questo grande artista, difficile da riassumere in poche righe, dedico una raccolta delle sue citazioni più significative accompagnate dalle immagini di alcune sue opere.
Non aver paura della perfezione: non la raggiungerai mai.
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L’arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare.
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Ho sempre visto quello che gli altri non vedevano; e quello che vedevano loro io non lo vedevo.
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Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell’universo.
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Mi porto sempre dietro un prezioso apparecchio con il quale realizzo la maggior parte dei miei dipinti. Somiglia più a un minuscolo e fragile apparecchio Tv a colori che a uno spaventoso, sgradevole e meccanico apparecchio fotografico. Ma la cosa più stupefacente è che è interamente molle! Sì, un OCCHIO!
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Gli errori sono quasi sempre di natura sacra. Non cercare mai di correggerli. Al contrario: razionalizzali, comprendili a fondo. Dopo di che ti sarà possibile sublimarli.
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È davvero dio che ha creato l’uomo o è l’uomo che ha creato dio?
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Per acquistare un crescente e duraturo rispetto in società, è una buona cosa, se possiedi un grande talento, di dare, presto nella tua giovinezza, un bel calcio al garretto destro della società che ami. Dopo questo, sii uno snob.
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Adoro i miei nemici quando sono intelligenti tanto quanto detesto gli stupidi che mi difendono.
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Non preoccuparti di essere moderno. Sfortunatamente è la sola cosa che, qualsiasi cosa tu faccia, non potrai evitare.
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Che cos’è il cielo? Dove si trova? Il cielo non si trova né sopra né sotto, né a destra né a sinistra; il cielo è esattamente nel centro del petto dell’uomo che ha fede.
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C’è solo una differenza tra un pazzo e me. Il pazzo pensa di essere sano di mente. Io so di essere pazzo.
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Chi oggigiorno vuole fare carriera dev’essere un po’ cannibale.
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Credi che finché la terra è rotonda, potrai trovare ovunque paesaggi naturali? Può una faccia rotonda avere più di un naso?
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Il disegno è la sincerità nell’arte. Non ci sono possibilità di imbrogliare. O è bello o è brutto.
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Il meno che si possa chiedere ad una scultura è che stia ferma.
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Il segreto del mio prestigio rimarrà un segreto.
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Il gioco degli scacchi sono io.
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Non dipingo un ritratto che assomiglia al modello, piuttosto è il modello che dovrebbe assomigliare al ritratto.
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Questa tragedia grandiosa che chiamiamo arte moderna.
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Restano ancora pochi paesaggi. Essi convergono tutti qui. La Catalogna è il centro del mondo.
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Ogni mattina, al risveglio, provo un piacere supremo, il piacere di essere Salvador Dalí.
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La differenza tra i falsi ricordi e quelli veri è la stessa che per i gioielli: sono sempre quelli falsi che sembrano i più reali, i più brillanti.
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Tale è oggi il gusto del difetto che troviamo geniali solo le imperfezioni, e soprattutto la bruttezza. Non appena una Venere somiglia a un rospo, gli pseudo-esteti contemporanei esclamano: “Forte: è umana!”
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Mi piace leggere solo quello che non capisco. Non capendo posso immaginare molteplici interpretazioni.
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Se vi rifiutate di studiare l’anatomia, l’arte del disegno e della prospettiva, la matematica dell’estetica e la scienza del colore, lasciatevi dire che questo è un segno più di poltroneria che di genio.
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L’arte è una macchina da guerra a servizio del desiderio nella sua lotta contro la supremazia del principio di realtà.
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Ho sfondato il muro della spudoratezza con una disciplina da caserma.
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L’intelligenza senza ambizione è come un uccello senza ali.
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Artista incredibilmente bravo.Amo in modo particolare il quadro La persistenza della memoria.Secondo me non bisogna analizzare molto le sue opere perchè ognuno di noi può ricavarne sensazioni soggettive.Forse era proprio questo lo scopo di Dalì e di invitarci a fare lo stesso.Indagare sulle nostre pulsioni e lasciarle esprimere nei modi a noi piu’ consoni.
Infatti si tratta di interpretazioni soggettive e spesso realizzate grazie agli scritti dello stesso Dalì.
Concordiamo con te. Grandissimo artista.
Piccolo fuori tema.Ho appena letto nel blog un annuncio riguardante la possibilita’ di donare il 5 per 1000 alla Lav, lega antivivisezione.Bisognerebbe far girare questo messaggio a tutti!
Grazie dell’informazione. Presto scriveremo un post per sensibilizzare la gente su questo tema.
Ciao 🙂
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