«Noi non viviamo più, siamo vissuti. Non abbiamo più libertà, non sappiamo più deciderci, l’uomo è privato dell’anima, la natura è privata dell’uomo….Anche l’Arte urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito: è l’espressionismo…»
Hermann Bahr
«Per me, un dipinto deve essere una cosa amabile, allegra e bella, sì, bella. Ci sono già abbastanza cose noiose nella vita senza che ci si metta a fabbricarne altre. So bene che è difficile far ammettere che un dipinto possa appartenere alla grandissima pittura pur rimanendo allegro. La gente che ride non viene mai presa sul serio.»
Pierre-Auguste Renoir
Due citazioni che rappresentano due visioni dell’arte completamente distanti. Nella prima si definisce l’Espressionismo, nella seconda l’Impressionismo.
Eppure è stata allestita una mostra a Berlino, all’Alte Nationalgalerie, in cui sono presenti 170 opere di grandi pittori impressionisti ed espressionisti il cui scopo è quello di mostrare i punti in comune tra due correnti artistiche da sempre considerate contrapposte.
Denominata Impressionism-Expressionism, Turning Point in Art, l’esposizione è aperta al pubblico dal 22 maggio e si concluderà il 20 settembre.
Chi ha intenzione di visitare Berlino potrebbe approfittare di questa occasione per approfondire tale tesi innovativa presentata attraverso il confronto di noti capolavori di maestri quali Manet, Monet, Degas, Renoir e Pissarro accanto a quelle dei tedeschi Liebermann, Corinth, Slevogt e dei protagonisti della Brücke e del Blaue Reiter.

Edouard Manet, Nel giardino d’inverno, 1878.
L’opera è presente alla mostra dell’Alte Nationalgalerie
Forse nella storia non vi sono stati degli stili così contrapposti come l’Impressionismo, indissolubilmente legato alla Francia e che ebbe una risposta dagli artisti tedeschi Max Liebermann, Lovis Corinth e Max Slevogt , intorno al 1890, subito dopo seguito dall’irrompere dell’Espressionismo, feroce reazione guidata dai pittori tedeschi Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Emil Nolde e Franz Marc. L’apparizione quasi simultanea di questi due stili che, secondo la tesi di chi ha allestito questa singolare mostra, sono solo apparentemente antitetici, accende così un nuovo dibattito.
Osserviamo i seguenti dipinti.
Il primo è “Bagnante con capelli biondi” di Renoir, del 1903, il secondo è “Ragazza seduta” di Max Pechstein e risale al 1910.
La differenza tra i due quadri è particolarmente evidente. Nel primo si coglie immediatamente lo stile impressionista dai colori tenui stesi con pennellate veloci e brevi che trasmettono una visione piacevole di un edonismo pacato.
Nel secondo non si avverte più la semplice impressione visiva, ma lo scopo di giungere ad esprimere emozioni e pensieri attraverso colori e forme.
La pittura espressionista turba, usa colori violenti, deforma le immagini e volge la sua attenzione verso l’interiorità umana, l’impressionismo mostra una visione positiva nei confronti della vita, non è afflitta da regimi imperiali oppressivi che spingono l’attenzione degli intellettuali, non solo tedeschi, a spostarsi progressivamente dal mondo della realtà a quello dell’interiorità umana.
E allora ci domandiamo cosa abbiano in comune questi due movimenti artistici così differenti.
Secondo chi ha allestito la mostra esistono dei punti di contatto tra le due correnti. Uno di questi è costituito dalla libertà espressiva che si sottrae alle regole accademiche e l’altro è racchiuso nel coinvolgimento diretto delle emozioni personali. Ma anche nel passato è accaduto che molti artisti si sottraessero alle convenzioni. Inoltre, ogni artista degno di questo nome, anche se ha lavorato per commissione, ha sempre mostrato i propri sentimenti nell’opera in creazione.
La tesi non mi convince molto, tuttavia ritengo che vedere gli accostamenti tra i capolavori esposti, servirà a meglio comprendere la relazione tra questi due movimenti.
Immagini e video reperiti nel web

[…] Colori molto accesi caratterizzano gran parte della produzione di Henri Matisse, la cui arte viene collocata nel movimento di quei pittori denominati “Fauves“, in seguito ad una loro prima rappresentazione delle opere, nel 1905, al Salon d’Automne di Parigi. Quei dipinti appaiono ai loro contemporanei particolarmente violenti nei colori e nei tratti e la sensazione derivata dall’osservazione di questi quadri rimanda a pittori che sembra abbiano voluto liberare sulla tela i loro istinti primordiali e animaleschi. Ed il termine “Fauve” viene utilizzato per la prima volta da un critico che, mentre visita la mostra, si accorge di una scultura classica accanto a quei dipinti ed esclama con disappunto: «Ecco Donatello fra le belve». Il linguaggio stilistico di Matisse si traduce in una esasperazione dei contrasti che sembra voglia oltrepassare ogni obiettivo di verosimiglianza. E proprio per tale ragione si differenzia dall’Impressionismo, vincolato all’apparenza visibile, cui i “Fauves”, chiamati anche espressionisti, si oppongono ponendo in primo piano l’interiorità e le emozioni ed aprendo così la strada alle avanguardie. Per approfondire i punti in comune e le divergenze tra i due movimenti, potete cliccare qui. […]
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