Un piccolo omaggio ad Emily Dickinson, la poetessa che scelse la solitudine

emily dickinson la poetessa che scelse la solitudine
Emily Dickinson, nata il 10 dicembre del 1830 ad Armherst, nel Massachusetts, è considerata la più grande poetessa americana.
Sin da bambina mostra uno spirito ribelle e ostile nei confronti degli insegnamenti puritani che le vengono imposti dalla famiglia. Il padre, un noto e ricco avvocato, la costringe a lasciare la scuola superiore dopo appena un anno, preoccupato del potere deleterio che possa avere sulla figlia la conoscenza. La stessa Emily abbandona ben volentieri il seminario femminile di Mount Holyoke dove era stata iscritta, dopo aver commesso l’atto “eversivo” di non dichiararsi pubblicamente cristiana. dickinson 1
Continua i suoi studi da autodidatta e, prima di dedicarsi alla poesia, ama trascorrere il tempo libero scrivendo lettere agli amici. Durante la giovinezza conduce una discreta vita sociale, ma non si sposerà mai, nonostante alcune storie d’amore irrompano nella sua vita senza però essere completamente vissute.
Dopo i venticinque anni si ritira a vita solitaria e comincia a dedicarsi con passione alla poesia, vista come un cammino di crescita spirituale verso l’intima conoscenza di sé e per meglio penetrare il senso della vita.
Isolatasi volontariamente lascia fluire la sua poesia nata dalla contemplazione della natura, dalla meditazione e dallo studio dei suoi autori preferiti: ShakespeareKeats ed Emily Brontë.
Le ragioni che la inducono a ritirarsi in solitudine non si conoscono. Alcuni studiosi ritengono che la scelta sia stata dettata da un amore contrastato, ma più probabilmente la poetessa, consapevole della sua impossibilità di instaurare una relazione positiva con il mondo, matura la decisione di dedicarsi in solitudine a quella che lei considera quasi una missione: scrivere poesie. Si veste di bianco e si rinchiude nella sua stanza. La sua esistenza solitaria viene interrotta raramente da qualche visita. La sua corrispondenza solo con pochi amici scelti è invece assidua.
dickinson 3Poco interessata a pubblicare le sue poesie, mostra la sua indole ribelle ed una creatività fine a se stessa che non sente alcuna esigenza di notorietà. Non ha bisogno di pareri esterni per convalidare la sua identità e i valori in cui crede.
Rifiuta quel cammino maschilista già prestabilito di proseguire gli studi per diventare insegnante, l’unico percorso previsto per le donne intelligenti in alternativa al matrimonio, e compie la sua piccola rivoluzione isolandosi da una società cui non sente di appartenere.
Nasconde quasi tutte le sue poesie, ritrovate poi nella sua scrivania solo dopo la sua morte, e trascorre la sua vita alla ricerca ostinata di risposte da un Dio silenzioso e assente.
La sua reclusione è stata una scelta contro la vanità e l’oppressione di una società a lei distante e la sua priorità è stata quella di «possedere l’Arte / dentro l’anima» donando al mondo delle liriche particolarmente suggestive.
Lo stile di Emily Dickinson è caratterizzato da componimenti poetici brevi e quasi del tutto sprovvisti di punteggiatura, dall’uso di lettere maiuscole volte ad enfatizzare alcune parole e dall’utilizzo di trattini per spezzare le frasi e simulare il ritmo del respiro. Ne emerge, così, una produzione poetica intensa e scevra di regole che influenzerà la lirica moderna. Una delle peculiarità della Dickinson è quella di delineare concetti astratti usando immagini concrete. In molte sue liriche, infatti, idee astratte e oggetti vengono utilizzati usati per spiegare l’un l’altro, ma la relazione che intercorre tra di essi rimane complessa e a tratti ermetica.
I temi da lei trattati investono l’amore, la natura, la fugacità della vita e la dolorosa certezza della morte. Quest’ultima viene mitigata dalla speranza dell’immortalità che consentirà a ognuno di noi di ricongiungersi con le persone amate. Chiusa nella sua stanza osserva il suo giardino e ne descrive gli insetti, i fiori, i mutamenti delle stagioni e delle diverse ore del giorno, simboli del cambiamento continuo di quella breve avventura chiamata vita. Il suo più grande amico è il suo cane terranova Carlo. Quando il cane verrà a mancare, la Dickinson non uscirà mai più dalla sua stanza.
Poco prima di morire scrive: «Credo che il primo che mi verrà incontro quando andrò in paradiso sarà il caro, fedele, vecchio Carlo».

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Muore a causa di una nefrite il 15 maggio del 1886, in quella che era la casa dei suoi genitori e il desiderio da lei espresso che il corteo funebre passasse per i suoi amati campi, è stato esaudito.
Quando è ancora in vita solamente sette dei suoi componimenti vengono pubblicati. Dopo la sua morte, il mondo potrà conoscere quella grande poetessa.
Di seguito una raccolta dei suoi pensieri e componimenti più significativi.

***
Ciascuno il suo difficile ideale
Deve raggiungere da sé
Con l’eroismo solitario
Di una vita silente
***
Io sono nessuno. Tu chi sei?
Nessuno pure tu?
Allora siamo in due, ma non dirlo –
potrebbero cacciarci, lo sai!
Che fastidio essere qualcuno!
Che volgarità – come una rana –
che dice il suo nome – tutto giugno
a un pantano che sta ad ammirarla!
***
Ho udito una mosca ronzare, mentre morivo –
la quiete nella stanza era
uguale al silenzio nell’aria –
tra folate di bufera.
***
Sarei forse più sola
senza la mia solitudine.
***
L’Anima sceglie i suoi Compagni, poi, chiude la Porta.
Se leggo un libro che mi gela tutta, così che nessun fuoco possa scaldarmi, so che è poesia. Se mi sento fisicamente come se mi scoperchiassero la testa, so che quella è poesia. È l’unico modo che ho di conoscerla. Ce ne sono altri?
***

***
Morire prima di aver paura di morire può essere un dono.
***
Molta follia è suprema saggezza
per un occhio che capisce –
Molta saggezza, la più pura follia.
***
Per fare un prato bastano
un trifoglio, un’ape,
un trifoglio, un’ape
e un sogno.
Può bastare il sogno
se le api sono poche.
***
Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido non avrò vissuto invano.
***
Ho celato me stessa nel mio fiore. Quando dentro il tuo vaso appassirà, inattesa tu, forse, sentirai quasi una solitudine, per me.
***
Una gioia perfetta, paralizzante
e quieta come la disperazione.
***
Che l’amore sia tutto quel che c’è, è tutto ciò che sappiamo dell’amore.
***
Dopo un grande dolore viene un senso solenne,
i nervi stan composti, come tombe.
Il Cuore irrigidito chiede se proprio lui
soffrì tanto? Fu ieri o qualche secolo fa?
I piedi vanno attorno come automi
per un’arida via
di terra o d’aria o di qualsiasi cosa,
indifferenti ormai;
una pace di quarzo come un sasso.
Questa è l’ora di piombo, e chi le sopravvive
la ricorda come gli assiderati rammentano la neve;
prima il freddo, poi lo stupore, infine
l’inerzia.
***
L’incertezza è l’unione del Nulla con l’Immortalità.
***
Il successo è più dolce nel pensiero di chi non lo raggiunge mai.
***
Non sopportavo di vivere
a voce alta-
mi vergognavo-
del baccano.
***
È il fatto che non ritornerà mai più a rendere la vita così dolce.
***
Ti vedo meglio al buio
Non mi occorre una luce
L’amore per te – è un prisma
Oltre il violetto
***
La speranza è quella cosa piumata
che si posa sull’anima
canta melodie senza parole
e non smette mai
***

***
Sopravvissi, non so come, alla notte
ed entrai nel giorno –
a chi è salvo basta essersi salvato
senza una formula
***
Non sapendo quando l’alba verrà
lascio aperta ogni porta
***
Buongiorno – Mezzanotte –
Sto tornando a Casa –
Il Giorno – si è stancato di Me –
Come potrei Io – di Lui?
La luce del sole era un dolce luogo –
Mi piaceva starci –
Ma il Mattino – non mi voleva – ormai –
Così – Buonanotte – Giorno!
Posso guardare – dai –
Quando è Rosso ad Oriente?
Le Colline – hanno un aspetto – allora –
Che fa traboccare – il Cuore –
***
Non calcolare lontano ciò che si può avere
Sebbene il tramonto si stenda nel mezzo
Né adiacente ciò che vicino
È più lontano del sole
***
Non conosciamo mai la nostra altezza
Finché non siamo chiamati ad alzarci.
E se siamo fedeli al nostro compito
Arriva al cielo la nostra statura.
L’eroismo che allora recitiamo
Sarebbe quotidiano, se noi stessi
Non c’incurvassimo di cubiti
Per la paura di essere dei re.
***
Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane
***

Notti selvagge- notti selvagge!
Fossi con te le notti selvagge sarebbero
La nostra lussuria!
Inutili- i venti-
Per un cuore che è già in porto-
Basta con la bussola-
Basta con la mappa!
Remare nell’Eden-
Ah, il mare!
Potessi questa notte
Ancorarmi in te!
***

***
La Bellezza non ha causa:
Esiste e basta.
Inseguila e sparisce.
Non inseguirla e rimane.

Sai forse afferrare al volo le pieghe
del prato, quando il vento soffiando
vi imprime le sue dita?
Iddio provvederà
Perché tu non vi riesca.
***
Chi non trova il paradiso quaggiù non lo troverà neanche in cielo. Gli angeli stanno nella casa accanto alla nostra ovunque noi siamo.
***
Io temo un uomo dall’eloquio frugale
Io temo un uomo silenzioso
L’arringatore, lo posso sovrastare
Il chiacchierone, intrattenerlo
Ma colui che soppesa, mentre gli altri
spendono le loro ultime monete,
da quest’uomo mi guardo
ho paura che sia grande.
***
Muore la parola appena è pronunciata: così qualcuno dice. Io invece dico che comincia a vivere proprio in quel momento.
***
È una curiosa creatura il passato
Ed a guardarlo in viso
Si può approdare all’estasi
O alla disperazione. Se qualcuno l’incontra disarmato,
Presto, gli grido, fuggi!
Quelle sue munizioni arrugginite
Possono ancora uccidere!
***

Bussava il vento come un uomo stanco.
Io, padrona di casa,
“Entra” gli dissi audace, ed entrò allora
nella mia stanza un ospite veloce, senza piedi:
dirgli di accomodarsi
sarebbe stato assurdo come offrire
una poltrona all’aria. Era senz’ossa, e perciò inafferrabile.
La sua favella era simile all’empito
di uccelli senza numero, che cantassero insieme
in un cespuglio celestiale.Il suo volto era un’onda,
le sue dita al passare
lasciavano sfuggire un suono, come
un alitare tremulo su un vetro.Sempre in moto mi fece la sua visita;
e poi, timidamente,
bussò di nuovo – con agitazione –
e mi ritrovai sola.
***
Quando la primavera svanisce, v’è il rimorso di non averla vista abbastanza
***

Qualcosa da sperare,
per quanto lontanissimo,
è capitale contro la disperazione –

qualcosa da soffrire,
per quanto acutissimo,
si sopporta, se ha conclusione.
***

Chi è amato non conosce morte,
perché l’amore è immortalità,
o meglio, è sostanza divina.
Chi ama non conosce morte,
perché l’amore fa rinascere la vita
nella divinità.
***
Dalla saggia carezza del tempo
alleviata, ci sembra così mite
la pena che sconvolse le difese
dell’infanzia, insidiando i nostri anni.

Più crudo è il dolore che ci pugne
oggi, e ci fa invidiare quell’angoscia
che devastò il dominio dell’infanzia
facile a restaurarsi.

***
C’è un altro cielo,
sempre sereno e bello,
e c’è un’altra luce del sole,
sebbene sia buio là –
non badare alle foreste disseccate, Austin,
non badare ai campi silenziosi –
qui è la piccola foresta
la cui foglia è sempre verde –
qui è un giardino più luminoso –
dove il gelo non è mai stato,
tra i suoi fiori mai appassiti
odo la luminosa ape ronzare,
ti prego, Fratello mio,
vieni nel mio giardino!
***

***
Il mio bozzolo è stretto, mi chiamano i colori,
e sto cercando l’aria.
Già un’oscura capacità di ali
mi fa spezzare l’abito che indosso.

La potenza della farfalla è in questa
attitudine al volo,
che le concede prati di maestà
ed i volteggi facili nel cielo.

E devo tormentarmi nel presagio
e decifrare il segno
e commettere errori, se alla fine
io troverò la mia chiave divina.
***
Trovai parola per ogni mio pensiero
della mia vita – tranne che per uno –
questo ora mi sfida – come mano
che cerchi di raffigurare il sole

a razze che il buio nutrì –
Da dove potrei dunque cominciare?
Può la vampa mostrarsi nel carminio –
o il meriggio – nell’indaco?

***
È tutto ciò che ho da offrire oggi –
Questo, e il mio cuore accanto –
Questo, e il mio cuore, e tutti i campi –
E tutti gli ampi prati –
Accertati di contare – dovessi dimenticare –
Qualcuno la somma potrà dire –
Questo, e il mio cuore, e tutte le Api
Che nel Trifoglio dimorano.
***
Se rammentare fosse dimenticare,
Allora non ricordo,
E se dimenticare, rammentare,
Quant’è vicino ciò che ho dimenticato,
E se perdere, fosse allegro,
E dolersi, fosse gaio,
Davvero gioiose le dita
Che raccolsero questo, oggi!
***
Nessuno conosce questa piccola Rosa –
Potrebbe essere una pellegrina
Non l’avessi presa dalla strada
E colta per te.
Solo a un’Ape mancherà –
Solo a una Farfalla,
Che si affretta da un remoto tragitto –
Per giacere al suo seno –
Solo un Uccello si stupirà –
Solo una Brezza sospirerà –
Ah Piccola Rosa – com’è facile
Per chi è come te morire!
***

Molta follia è divino buon senso
per chi sa vedere.
Molto buon senso, completa la follia.
***
La natura usa poco il giallo,
più raramente degli altri colori,
lo risparmia con cura
per riversarlo tutto nel tramonto.
E’ prodiga d’azzurro e di scarlatto:
come una donna, si permette il giallo
solo in maniera limitata a scelta
come le parole di un amante.
***

***
I sogni – sono belli – ma Svegliarsi è meglio –
Se Uno si sveglia al Mattino –
Se Uno si sveglia a Mezzanotte – meglio
Sognare – dell’Alba –

Più dolci – i Vagheggiati Pettirossi –
Che mai allietarono Alberi –
Che confrontarsi – con un’Alba Concreta
Che non conduce a nessun Giorno –
***
Tutto imparammo dell’amore
Alfabeto, parole.
Il capitolo, il libro possente.
Poi la rivelazione terminò.

Ma negli occhi dell’altro
Ciascuno contemplava l’ignoranza
Divina, ancora più che nell’infanzia:
L’uno all’altro, fanciulli.

Tentammo di spiegare
Quanto era per entrambi incomprensibile.
Ahi, com’è vasta la saggezza
E molteplice il vero!
***
C’incontrammo come Scintille –  Divergenti Selci
Spinte per varie – sparse vie –
Ci separammo come se il Centro della Selce
Fosse stato spaccato da un’Ascia –
Sostenuti dalla Luce che avevamo generato
Prima di avvertire il Buio –
Che distinguemmo dal contrasto fra esso
E quell’eterea Scintilla.
***

Il nome – suo – è “Autunno” –
Il colore – suo – è Sangue –
Un’Arteria – sulla Collina –
Una Vena – lungo la Strada –

Grandi Globuli – nei Viali –
E Oh, l’Acquazzone di Tinte –
Quando i Venti – rovesciano il Bacile –
E versano Pioggia Scarlatta –

Sparpaglia Berretti – laggiù –
Forma rubicondi Stagni –
Poi – avvolgendosi come una Rosa – se ne va –
Su Vermiglie Ruote –
***
Dicono che “Il Tempo mitiga” –
Il Tempo non ha mai mitigato –
Una vera sofferenza si rafforza
Come fanno i Tendini, con gli Anni –

Il Tempo è un Test per il Dolore –
Ma non un Rimedio –
Se tale si dimostra, dimostra anche
Che non c’era Malattia –
***
Fra le mie dita tenevo un gioiello
Quando mi addormentai.
La giornata era calda, era tedioso il vento
E dissi “Durerà”.

Sgridai al risveglio le dita inconsapevoli
La gemma era sparita.
Ora solo un ricordo di ametista
A me rimane.

***

Per un istante d’estasi
Noi paghiamo in angoscia
Una misura esatta e trepidante,
Proporzionata all’estasi.

Per un’ora diletta
Compensi amari d’anni,
Centesimi strappati con dolore,
Scrigni pieni di lacrime.
***
Mi sono nascosta nel mio fiore,
così che, quando appassirà dentro il tuo vaso,
per me tu senta, senza sospettarlo,
quasi una solitudine.
***
Mi fu dato dagli Dèi –
Quando ero una Ragazzina –
Ci danno la maggior parte dei regali – si sa –
Quando siamo nuovi – e piccoli.
Lo tenevo in Mano –
Non lo posavo mai –
Non osavo mangiare – o dormire –
Per paura che se ne andasse –
Sentivo parole come “Ricco” –
Mentre di fretta correvo a scuola –
Da labbra agli Angoli delle Vie –
E tenevo a bada un sorriso.
Ricco! Ero Io – ad essere ricca –
A ghermire il nome dell’Oro –
E a possedere l’Oro – in solide Barre –
La Diversità – mi rendeva spavalda.
***
Gemeva per la sete, moribonda,
una tigre. E io cercai nella sabbia,
raccolsi alcune gocce da una roccia
e le portai in mano.
La morte aveva coperto i suoi forti
occhi d’un velo, ma osservando bene
vidi un immagine d’acqua e di me-
impressa nella retina.
Non ebbi colpa io che corsi piano-
non ebbe colpa lei che morì
mentre ero ormai sul punto di raggiungerla-
la colpa fu-il fatto che era morta.
***

La Rossa – Fiamma – è il Mattino –
La Viola – è il Mezzogiorno –
La Gialla – il Giorno – che cala –
E dopo ciò – è il Nulla –

Ma Miglia di Scintille – a Sera –
Rivelano l’Ampiezza che bruciò –
Il Territorio Argenteo – mai tuttavia – consumato –
***

Una Notte – si stendeva fra i Giorni –
Il Giorno che era Davanti –
E il Giorno che era Dietro – erano Uno –
E ora – era la Notte – ad essere qui –

Lenta – Notte – da consumare –
Come Granelli su una spiaggia –
Troppo impercettibili da notare –
Finché Notte – non sia più –
***
Io abito nella Possibilità –
Una Casa più bella della Prosa –
Di Finestre più adorna-
E più superba nelle sue Porte –

Con Camere simili Cedri –
Impenetrabili allo sguardo –
E per Tetto Perenne
Le Volte del Cielo –

L’allietano visite dolcissime.
E la mia vita è questa
L’ampio dispiegarsi di queste mie esili Mani
Per accogliervi il Paradiso.
***

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