Protagonista indiscusso dell’Impressionismo, Claude Monet consacra la sua vita alla ricerca delle gradazioni di colore del cielo, delle nuvole o della pioggia che cattura con i suoi pennelli senza preoccuparsi di rappresentare la realtà com’è veramente, ma piuttosto come può manifestarsi in un determinato istante. Il suo dipinto “Impressione. Sorgere del sole“, presentato alla mostra allestita nello studio parigino del fotografo Félix Nadar insieme ad altre opere di quei pittori rivoluzionari che sorprendono e scandalizzano pubblico e critica, assurge a simbolo del nuovo movimento che prende il nome proprio dal titolo di quel quadro.
Impressione.
Impressionismo.
Fissare particolari atmosfere luminose “en plein air” (all’aperto).
Portare con sé il cavalletto sul posto e realizzare i dipinti senza effettuare alcuna correzione nell’atelier.
Monet ritiene che solo senza rielaborazione del quadro si possono restituire le impressioni visive percepite dai nostri occhi.
Impressioni che fissano sulla tela in modo efficace la qualità della luce tenendo in considerazione la stagione, l’ora e le condizioni del tempo.
Quell’alba ritratta nel porto di Le Havre si presenta ai nostri occhi come la riproduzione immediata di una percezione visiva. Inesistenti i contorni netti; l’artista impressionista si svincola dal disegno in particolar modo quando ha davanti a sé un’immagine che sembra voglia spingere il pennello ad esprimersi liberamente senza prestare attenzione ai dettagli. I contorni delle forme catturano in modo sublime le sensazioni visive del sole che si riflette sulla superficie dell’acqua e lasciano appena intravedere sullo sfondo la sagoma di una città. Poche e rapide pennellate delineano in primo piano una piccola imbarcazione con due figure umane e le piccole onde sono stese con scioltezza e manifesta noncuranza donandoci un quadro sereno e pieno di grazia. Accolto duramente dalla critica per quello stile indefinito e poco comprensibile, Monet mette a punto i principi fondamentali dell’Impressionismo. È nota la reazione del pittore Joseph Vincent quando si trova davanti a tale opera e in un articolo commenta così: «Impressione, sole nascente. Impressione, ne ero sicuro. E poi mi dicevo, visto che sono impressionato, deve esserci dell’impressione… E la libertà, che felicità nella resa! La tappezzeria allo stato embrionale è ancora più finito di quella marina!».
Nato il 14 novembre del 1840 a Parigi, la sua infanzia scorre nel porto di Le Havre dove il padre gestisce un negozio di forniture marittime. Sin da bambino mostra un particolare talento artistico e a quindici anni comincia a realizzare, usando la tecnica della matita e del carboncino, alcune caricature di personaggi noti che vende nel negozio del padre e gli procurano già una discreta fama.
Continuerà a lavorare su quelle caricature arricchendone la tecnica con l’introduzione di effetti di luce e l’uso di colori a pastello.
Successivamente i disegni caricaturali lasceranno il posto a ritratti che si arricchiscono di un’indagine psicologica penetrante.
Negli anni trascorsi a Le Havre, incontra il pittore Eugène Boudin che segna notevolmente la formazione artistica di Monet incitandolo a cogliere la vitalità dinamica della natura da poter essere ritratta solamente sul posto e consigliandogli dunque la pittura “en plein air” il cui tocco spontaneo non potrà essere mai riprodotto dentro un atelier. Gli insegna che deve sempre tenere bene in mente la prima impressione che sorge in lui nella visione del soggetto da dipingere e, solo successivamente, considerare gli altri dettagli, senza però mai cadere nell’errore di inserire altri oggetti. L’artista deve osservare con attenzione la natura ed afferrarne tutta la mutabilità degli istanti. Alla fine può scaraventare tutte le sensazioni sorte dal profondo del suo animo, derivate da tale osservazione minuziosa, sulla tela. Solo così il soggetto dipinto può trasmettere la vitalità delle emozioni racchiuse nell’animo dell’artista.
Lo stesso maestro di Monet si può considerare un anticipatore dell’impressionismo nel suo dipinto “Sulla spiaggia a Trouville” in cui si nota l’immediatezza visiva, la luminosità ed i giochi di colore che contraddistinguono quel movimento artistico.
Quando Boudin, colpito dalla vena espressiva del ragazzo, si rende conto che il giovane allievo ha superato di gran lunga il maestro, lo esorta a lasciare Le Havre ed a trasferirsi a Parigi per poter così confrontarsi con altri giovani artisti alla ricerca di nuove forme tecniche.
Monet comprende già, l’anno prima di recarsi a Parigi, di aver iniziato a “vedere” e a “dipingere“: «In quel momento mi si aprirono gli occhi e cominciai a capire veramente la natura».
Segue così il consiglio del suo maestro e nel 1859 si stabilisce a Parigi con un bagaglio artistico che caratterizzerà tutta la sua produzione incentrata su una crescita incessante che prende vita nella prima impressione visiva, ne elabora gli impulsi attraverso un filtro spirituale per poter poi rimandare sulla tela delle immagini nuove.
E nella capitale della cultura, dove risiede a casa di una zia, frequenta la “Brasserie des Martyrs” (La “Birreria dei Martiri”) dove s’incontrano gli artisti più rilevanti dell’epoca. Rifiuta gli insegnamenti accademici; il suo temperamento scevro da schemi prestabiliti e volto a catturare l’attimo fuggente lo induce a rigettare ogni studio del chiaro-scuro che a parer suo sottrae l’immediatezza dell’emozione visiva. Il padre si oppone però a tale scelta e lo costringe a frequentare i corsi tenuti presso l’Accademie Suisse e dal pittore Gleyre. Non trarrà vantaggio alcuno da tali lezioni, determinato a seguire ciò che il suo istinto gli suggerisce, ma stringerà amicizia con Pissarro, Renoir e Sisley.
Girovaga anche tra i sobborghi parigini ed incontra quegli artisti rifiutati dal Salon con cui instaurerà un intenso legame umano e artistico che li condurrà in seguito a creare insieme in un reciproco arricchimento di stili pittorici e di idee.
Conosce anche i pittori Corot, Manet, Delacroix, Coubert ed il poeta Baudelaire.
Nel 1860 è costretto ad interrompere la sua attività artistica a causa della guerra in Algeria in cui resta ammaliato dai colori del luogo. L’anno seguente viene esonerato dal servizio e rientra a Parigi.
Realizza in poco tempo il dipinto “Nello studio“, ritenuto l’emblema del periodo conclusivo della sua formazione.
Dopo questo quadro si apre un percorso di ricerca espressiva che accompagnerà tutta la vita dell’artista.
Il chiaro-scuro andrà a scomparire del tutto insieme al disegno prospettico; il cammino verso la rivoluzione impressionista è già intrapreso.
La sua tavolozza comincerà a schiarirsi e l’attenzione dell’artista si focalizzerà sullo studio della luce e del contrasto tra colori complementari. Colori che, quando vengono accostati, si rafforzano a vicenda e riescono a creare le ombre, giungendo così ad un risultato di enorme luminosità.
Senza mai abbandonare l’en plein air, Monet incita gli altri pittori a sperimentare il linguaggio pittorico impressionista per poter così ottenere paesaggi che da statici diventano dinamici attraverso il coinvolgimento interiore dell’artista ai cambiamenti incessanti della luce, del continuo fluire della vita quotidiana cadenzata da una moltitudine di momenti irripetibili.
Estremamente incisivi gli anni che vanno dal 1865 al 1866; l’artista realizza delle opere interessanti che vengono accolti positivamente dal pubblico e da quasi tutti i critici.
“Camille in abito verde” è una delle opere più rappresentative di quel biennio, ma ancora per quella vera e propria rivoluzione artistica di Monet, che con i suoi fremiti cromatici scuote gli accademici del tempo, si deve attendere qualche anno.
La donna ritratta diventerà sua moglie nel 1870, cinque anni dopo aver avuto il primo figlio.
Gli anni che mostreranno la svolta decisiva impressionista di Monet cominciano proprio dopo il matrimonio con Camille e nei dipinti che il pittore realizzerà dal 1870 in poi si potrà cogliere quello stile inconfondibile di un pittore estremamente volitivo pronto a sfidare la giuria del Salon.
Oltre al già citato “Impressione. Sorgere del sole“, simbolo del nuovo movimento e che induce un giornalista a coniare il termine “Impressionismo” per denigrare un’arte che si scompone in piccoli e straordinari frammenti di luce, nel 1873 Monet realizza un altro dipinto rivoluzionario: “I papaveri“. Un’opera sublime che cattura la luce di una giornata estiva ad Argenteuil, dove si è trasferito con la famiglia in una casetta in cui si dedica ad un’altra delle sue passioni: il giardinaggio. Il dipinto in questione viene edificato senza indugiare sui dettagli e con una tecnica molto singolare: inizialmente il pittore ha creato la base per i papaveri con una spruzzata di colore e successivamente ha ritoccato le forme dei fiori usando delle macchie di colore per mettere in rilievo quella moltitudine floreale, facendo sì che l’effetto finale, percepito emotivamente da quella visione, mostri la diversità di ogni papavero.
Soggetto ad aspre critiche e a notevoli ristrettezze economiche, grazie all’aiuto economico di Manet, il pittore prosegue il suo cammino artistico donandoci delle opere in cui, con il passare del tempo, l’utilizzo rivoluzionario dei colori complementari diventa sempre più evidente. Viaggia molto anche a causa dello scoppio della guerra franco-prussiana ed al suo rientro realizza altri capolavori, tuttavia ancora poco apprezzati.
Dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1879, si stabilisce a Giverny, in Normandia, dove allestisce la sua prima mostra personale insieme a Renoir. I suoi dipinti cominciano ad essere ammirati e compresi da un pubblico sempre più folto.
Con le mostre a Londra, seguite da quelle a Bruxelles, a New York e a Stoccolma, Monet diventa finalmente famoso e le sue opere gli recano notorietà in tutto il mondo.
Dopo il 1890 comincerà a dedicarsi al suo sogno già preannunciato di produrre dei dipinti seriali tra cui bisogna ricordare la serie dei “Pioppi” (1891), quella della “Cattedrale di Rouen” (1892-1894) e la realizzazione della serie dedicata alle “Ninfee“, a cui si dedicherà fino alla morte.
Nell’opera “La Cattedrale di Rouen, primo sole” bisogna osservare con attenzione le parti illuminate e quelle in ombra.
La facciata della cattedrale, illuminata dalla luce dorata del mattino, viene dipinta di un giallo che apparentemente sembra contrastare con le ombre di color azzurro violaceo. In realtà quel colore si armonizza perfettamente con il giallo perché qualsiasi oggetto investito da una luce gialla rimanda delle ombre violette. Monet, attento osservatore dei fenomeni naturali, usa proprio quei colori complementari per creare le ombre che fino a quel momento erano state realizzate con l’utilizzo del grigio.
Gli ultimi anni della sua vita trascorrono dolorosamente; perde il primo figlio e si spegne la sua seconda moglie, Alice. I suoi problemi alla vista si acutizzano ogni giorno di più, ma non smette di dipingere le sue ninfee, nonostante sia ormai quasi cieco. Enormi dipinti di ninfee riempiono la sua casa e chi si reca a fargli visita racconta di aver avuto un impatto visivo suggestivo ed irreale che trasmetteva un desiderio di infinito in quel pittore ormai malato di tumore ai polmoni e destinato a spegnersi il 5 dicembre del 1926.
In quegli stagni di ninfee di cui aveva riempito il suo giardino si riflette quel fascino esercitato dalla natura in questo grande pittore.
Ammaliato dall’immagine nel suo insieme, ricopre di macchie di colori le sue tele. Non definisce l’orizzonte tra l’acqua e il cielo e non lascia intravedere alcuna linea di contorno che distingua i fiori dalle foglie e dai riflessi della vegetazione sulla superficie dello stagno. Così è l’impressione di un’immagine della natura ai suoi occhi stanchi, ma costantemente curiosi di catturare i cambiamenti incessanti dell’ambiente intorno a noi e, proprio per questo, Monet ci consente d’immergerci in un’atmosfera fiabesca dando voce, attraverso quell’uso rivoluzionario dei colori, al sorprendente mondo delle emozioni visive.
Forse, se ci fermassimo più a lungo ad osservare la natura con occhi diversi, riusciremo a coglierne quella mutabilità magica e sfuggente che Monet ha cercato di fissare nelle sue opere.
Di seguito altri dipinti e citazioni dell’artista.
Ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino.
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Ho voluto la perfezione e ho rovinato quello che andava bene.
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Tutti discutono la mia arte e affermano di comprenderla, come se fosse necessario comprendere, quando invece basterebbe amare.
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Io devo forse ai fiori l’essere diventato pittore.
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Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. A forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.
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Una buona impressione si perde così velocemente…
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Io dipingo come un uccello canta.
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