Ispiratore del pensiero di Gandhi, Lev Tolstoj è considerato uno dei massimi esponenti del realismo letterario dell’Ottocento. La sua durissima critica al sistema di vita dell’uomo, il cui cammino ha intrapreso un percorso completamente antitetico ai principi cristiani di uguaglianza, fratellanza e rifiuto di qualsiasi possesso, pur giungendo in un momento in cui il processo evolutivo era completamente pronto ad accoglierne le fondamenta basilari, sottolinea l’attualità del suo pensiero.
In un mondo in cui siamo ancora in piena barbarie con enormi contraddizioni sociali, devastazione della natura, guerre economiche, crescita esponenziale del potere capitalista e sfruttamento, la voce di Tolstoj risuona con vigore attraverso opere che hanno segnato indelebilmente la storia della letteratura mondiale.
L’opera di Lev Tolstoj denuncia senza mezzi termini una società che ha rigettato gli insegnamenti cristiani, pur professandosi ipocritamente cristiana, imprigionando se stessa in schemi e convenzioni che cozzano violentemente con qualsiasi principio di amore e uguaglianza.
Definito anarchico e scomunicato come eretico dal sinodo della Chiesa ortodossa per la sua posizione critica nei confronti della stessa, nelle sue opere rigetta i dogmi imposti dal potere religioso. Non ammetterà mai di essere anarchico solamente perché tale termine rimanda spesso a gruppi che vogliono capovolgere il potere usando mezzi violenti. E Tolstoj ritiene che nulla di buono si può edificare da una rivoluzione violenta: «La schiavitù degli uomini è la conseguenza delle leggi, e le leggi sono stabilite dai governi. Per liberare gli uomini non c’è che un mezzo: la distruzione dei governi. Ma come distruggerli? Tutti i tentativi fatti sinora in diversi paesi per rovesciare i governi colla violenza, non sono mai riusciti che a sostituire a quelli un nuovo governo, sovente più crudele del primo.»
E aggiunge: «Mi considerano anarchico, ma io non sono anarchico, sono cristiano. Il mio anarchismo è solo l’applicazione del cristianesimo ai rapporti fra gli uomini.»
Nonostante queste affermazioni, Tolstoj è ritenuto uno dei fondatori dell’anarchismo cristiano proprio per quella lettura approfondita del pensiero di Gesù da cui ne trae un significato politico chiaramente volto ad annientare lo stato. Per la rivoluzione insita nel suo messaggio, sottolinea lo scrittore, viene ritenuto un personaggio pericoloso da eliminare con la crocifissione. Il potere, a causa della massiccia diffusione del cristianesimo, si è impegnato egregiamente nel creare delle teorie che potessero ben offuscare i principi fondamentali della filosofia cristiana. E Tolstoj lascia ben intendere le sue opinioni a tal riguardo; il cristianesimo autentico non può ammettere il dispotismo violento di uno stato pronto a giustificare le guerre, la proprietà privata, il servizio militare obbligatorio, le gerarchie e le disuguaglianze sociali e l’uomo dovrebbe riuscire a liberarsi da questa palese discrepanza attraverso una disubbidienza a tutto ciò che ritiene in contrasto con i principi cristiani.
Proprio ispirandosi al pensiero di Tolstoj che auspica ad un ritorno del vero cristianesimo, in Russia, nascono delle comunità che porteranno poi alla stesura del manifesto dell’anarchismo mistico, redatto da Georges Tchoulkov nel 1906.
Nato il 9 settembre del 1828 nella tenuta di campagna a Jasnaja Poljiana, a sud di Mosca, da una nobile famiglia russa, Tolstoj perde i genitori negli anni della sua infanzia. Insieme ai fratelli e alla sorella cresce accudito da alcune zie. Legge con interesse Voltaire e Rousseau, ma non si mostra brillante negli studi. Frequenta senza alcun successo diversi corsi universitari e a vent’anni comincia a condurre una vita mondana che contrasta con la sua ricerca perenne del significato della vita. Donne, battute di caccia e gioco d’azzardo caratterizzeranno parte della sua giovinezza che vede l’abbandono degli studi universitari insieme all’esperienza ad appena ventitré anni di arruolarsi nella Guerra del Caucaso e nella Guerra di Crimea. Le esperienze giovanili vissute in guerra lo porteranno ad aborrire la violenza e lo condurranno ad un percorso introspettivo molto tormentato che si accrescerà con la morte precoce di uno dei suoi amati fratelli.
Già durante gli anni della partecipazione alle due guerre comincia a scrivere la cosiddetta “trilogia autobiografica“, “Infanzia” (1852), “Adolescenza“(1854) e “Giovinezza” (1857) e abbozza alcuni significativi racconti, sempre a sfondo biografico, che rilevano il suo talento per la scrittura.
Incontra delle iniziali difficoltà nella pubblicazione dei “Racconti di Sebastopoli“, scritti tra il 1856 e il 1857, per il realismo in cui descrive certi comportamenti aberranti di alcuni ufficiali russi, ma alla fine riuscirà ad averla vinta sui tentativi censori del governo.
Dopo aver ottenuto il congedo dall’esercito, nel 1857, compie alcuni viaggi in Europa che gli consentono di entrare in contatto con il filosofo francese anarchico Pierre-Joseph Proudhon e con lo scrittore inglese Charles Dickens.
L’esperienza della vita mondana, la partecipazione alla guerra e la morte del fratello aumentano la sua crisi interiore che sfocerà in un impegno sociale molto rilevante.
Dopo i viaggi compiuti in Europa, lo scrittore torna nella tenuta di famiglia e comincia a condurre delle lotte pacifiche per i diritti dei contadini ancora relegati alla triste condizione di schiavitù di servi della gleba, costretti a lavorare duramente senza ricevere alcun compenso e impossibilitati a migliorare la propria condizione di vita.
Nel 1859 pubblica il suo primo romanzo, “La felicità familiare“, in cui si scorgono le tematiche principali dell’autore, già evidenti nei suoi racconti. Il rifuggire la vita mondana e cittadina, il ruolo della donna visto soprattutto nelle vesti di moglie e madre e la ricerca della felicità in una vita condotta in armonia con la natura. A dispetto del titolo, il romanzo non narra la storia di un matrimonio felice; i due protagonisti hanno aspirazioni differenti e consumano la loro esistenza nell’infelicità. Romanzo breve di formazione anticipa i temi dell’eterno conflitto tra materialismo e spiritualismo, la solitudine dell’uomo incapace di comunicare autenticamente con gli altri e la sua perenne ricerca, spesso frustrata, di trovare un senso alla propria esistenza.
Pur non credendo dell’istituzione del matrimonio Tolstoj convola a nozze, nel 1862, con la diciassettenne Sofija Andreevna Bers, con cui avrà tredici figli, di cui ne moriranno cinque in tenera età.
Tuttavia la “vita familiare” gli donerà uno stato di tranquillità che gli consentirà di organizzare corsi per i figli dei contadini della sua stessa tenuta, di scrivere un altro importante racconto e di cominciare la stesura di quelli che saranno considerati i suoi capolavori assoluti: “Guerra e pace” e “Anna Karenina“.
Ben sei anni occorreranno allo scrittore per scrivere quel romanzo epico ambientato durante la campagna russa e quattro per il suo celeberrimo capolavoro “Anna Karenina“.
Consiglio vivamente di leggere entrambi i romanzi che si distinguono per la caratterizzazione dei personaggi, lo stile poetico di Tolstoj e la sua filosofia di vita nei confronti dell’aspirazione alla felicità di ogni essere umano.
Viaggi dentro l’uomo, ritratti di anime tratteggiati con una profondità psicologica indimenticabile.
“Guerra e Pace“, pubblicato nel 1869, vede tre protagonisti principali: Natasa Rostova, simbolo dell’armonia del mondo, con la sua forza e purezza d’animo sembra rappresentare quell’ideale inseguito da Tolstoj. Il principe Andrej Bolkonskij, figura tormentata e infelice, a disagio di fronte alla frivola società di San Pietroburgo, riesce a purificare la propria esistenza con scoperta della fede cristiana e infine Pierre Bezuchov, che non disdegna inizialmente quei valori materialistici dominanti, ma lascia poi che prenda il sopravvento in lui quel mai sopito desiderio di semplicità e purezza attuati attraverso la fede cristiana, scevra da riti e preghiere. Una fede focalizzata sulla reale partecipazione alle sofferenze altrui. Non è difficile cogliere le diverse fasi esistenziali della vita di Tolstoj in uno dei romanzi più coinvolgenti della storia della letteratura.
Con “Anna Karenina” Tolstoj affronta il tema dell’emancipazione femminile con un personaggio molto coraggioso che rifiuta la morale del tempo e, infelicemente sposata, sceglie l’amore in un mondo che sembra aver preso le distanze da uno dei principi fondamentali del cristianesimo. E proprio per inseguire l’amore pagherà un prezzo durissimo.
Anna si suiciderà ed il suo atto estremo metterà sotto accusa l’ipocrisia perbenista di chi non esita a distruggere la vita di una persona solo perché sfida dei rigidi canoni creati dagli stessi uomini.
Molte le trasposizioni cinematografiche e televisive di una delle più famose adultere della storia. Da ricordare in particolar modo la pellicola interpretata dalla superba Sophie Marceau.
Negli anni seguenti un’altra profonda crisi interiore sconvolgerà l’animo dello scrittore. Una profonda crisi spirituale che lo condurrà alla produzione di numerose opere che testimonieranno la sua svolta e comporteranno la sua scomunica, ancora oggi non revocata, da parte della Chiesa ortodossa. Un’accusa di eresia ad un personaggio scomodo che critica aspramente la chiesa e le dottrine teologiche da essa professate.
In quegli anni Tolstoj, ispirandosi al cristianesimo, elabora la sua teoria definita “anarchismo cristiano” con scritti che influenzeranno il pensiero di Gandhi e quello di Henry David Thoreau. Tra le sue opere scritte in quel periodo bisogna ricordare “La morte di Ivan Il’ič“ e “Memorie di un pazzo“.
Il cristianesimo dello scrittore non si identifica con la religione della chiesa, ma con il pensiero di Gesù che non prevede l’osservazione di riti ma opere di altruismo e una dura opposizione alla guerra e agli stati e le istituzioni che la perseguono. E la difesa dei più deboli assume ancora più forza nelle attività di Tolstoj che devolverà i diritti del suo ultimo romanzo, “Resurrezione” (1889-99) agli adepti di movimenti religiosi perseguitati dalla chiesa e lascia alla moglie tutti i suoi beni e i diritti sulle opere scritte dopo il 1881. La sua totale adesione alla morale cristiana lo induce a condurre gli ultimi anni della sua vita in modo semplice, alla stregua di un povero contadino.
Il 28 ottobre del 1910 abbandona la sua casa e, ormai vecchio e malato, viene stroncato da una polmonite nella stazione di Astapovo a Rjazan, il 20 novembre dello stesso anno.
Il romanzo “Resurrezione“, basato su una vicenda di cronaca realmente accaduta ad un amico dello scrittore, racconta la storia di Nechjiudov, un uomo appartenente all’alta aristocrazia che, in qualità di giurato durante un processo nei confronti di una prostituta, riconosce l’imputata. Si tratta della contadina Maslova, la ragazza da lui messa incinta in gioventù e abbandonata al suo destino. Il rimorso per il gravissimo errore commesso è lancinante. Consapevole di aver distrutto la vita di Maslova, l’uomo decide di riparare al danno commesso privandosi di tutti i suoi averi per donarli ai contadini e seguendo la donna in Siberia per chiederle di sposarlo. Si umilia davanti a tutti senza alcun ritegno, ma riceve un duro rifiuto da Maslova. Solo, nella camera d’albergo dove si rifugia, apre per caso il Vangelo ed il suo sguardo si posa su un passo in cui i discepoli di Cristo si avvicinano a Gesù e gli domandano chi sia la persona più grande nel regno dei cieli. Gesù introduce semplicemente un bambino. Nechjiudov scoppia a piangere: ha trovato la sua resurrezione proprio nel Vangelo, così come lo stesso Tolstoj che, giunto ormai alla fine della vita, ripudia tutta la sua produzione letteraria precedente e assegna alla letteratura il compito morale di suscitare sentimenti di fratellanza e amore. Solo il cristianesimo, secondo Tolstoj, potrà salvare il mondo dalla sua miseria morale e spirituale.
L’ultimo romanzo di Tolstoj, così come tutte le sue precedenti opere, merita vivamente di essere letto per scorgere il progresso evolutivo di un grande uomo che ha cercato attraverso la scrittura di cambiare il mondo.
Di seguito una raccolta dei suoi pensieri più significativi.
Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.
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Credendo a se stesso, l’uomo si espone sempre al giudizio della gente. Credendo agli altri ha sempre l’approvazione di chi lo circonda.
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Per vivere con onore bisogna struggersi, turbarsi, battersi, sbagliare, ricominciare da capo e buttare via tutto, e di nuovo ricominciare e lottare e perdere eternamente. La calma è la vigliaccheria dell’anima.
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Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa.
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L’arte è un’attività umana il cui fine è la trasmissione ad altri dei più eletti e migliori sentimenti a cui gli uomini abbiano saputo assurgere.
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Gli uomini di genio sono incapaci di studiare in gioventù perché sentono inconsciamente che bisogna imparare tutto in modo diverso da come lo impara la massa.
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Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radice in altri.
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Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiar se stesso.
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Il poeta prende le cose migliori della sua vita e le mette nel suo lavoro. Così il suo lavoro è bellissimo, e la sua vita brutta.
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La felicità, ecco quel ch’è – disse a sé medesimo – la felicità sta nel vivere per gli altri. E questo è chiaro. Nell’uomo è stato posto il bisogno della felicità; esso dunque è legittimo. Appagandolo egoisticamente, cioè cercando per sé la ricchezza, la gloria, i comodi della vita, l’amore, può accadere che le circostanze prendano una tal piega che sia impossibile soddisfare questi desideri. Per conseguenza, questi desideri sono illegittimi, ma non è illegittimo il bisogno di felicità. Quali desideri possono dunque sempre venir soddisfatti, nonostante le circostanze esteriori? Quali? L’amore, l’abnegazione!
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Compresi, in realtà, solo ciò che sapevo da moltissimo tempo, quella verità che è stata trasmessa agli uomini sin dai tempi più antichi, da Buddha, da Isaia, da Lao-Tse, da Socrate e, in modo particolarmente chiaro e inequivocabile, da Gesù Cristo e dal suo predecessore Giovanni Battista. Giovanni Battista, alla domanda degli uomini: «Che dobbiamo fare?», ha risposto in modo semplice, breve e chiaro: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto.» […] Capii che un uomo, oltre a vivere per il proprio bene personale, deve inevitabilmente contribuire al bene degli altri: se dobbiamo prendere un paragone dal mondo degli animali […] allora occorre prenderlo dal mondo degli animali sociali, come le api; ed è per questo che l’uomo, senza parlare dell’amore per il prossimo che è innato in lui, è chiamato sia dalla ragione sia dalla sua stessa natura a servire gli altri uomini e l’umanità in generale. Capii che questa legge naturale dell’uomo è la sola che gli permette di compiere quanto gli è stato assegnato e di essere quindi felice.
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[…] quando sappiamo che un uomo si prepara a morire siamo buoni con lui, lo amiamo. E allora come possiamo non amare tutti, dato che sappiamo che ognuno si prepara?
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Felicità è trovarsi con la natura, vederla, parlarle.
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Voi ritenete che le donne nella nostra società nutrano interessi diversi rispetto alle donne delle case di tolleranza, e io vi dimostrerò che è falso. Se le finalità, il contenuto interiore dell’esistenza sono differenti, tale differenza si rifletterà inevitabilmente anche sull’aspetto esteriore, e tale aspetto sarà differente. Ma osservate quelle derelitte e infelici, e poi le dame della più alta società: agghindate, vestite allo stesso modo, gli stessi profumi, le stesse braccia, spalle e seni denudati e il sedere in bella mostra sotto gli abiti attillati, la stessa passione per le pietruzze e gli altri gingilli costosi e luccicanti, gli stessi divertimenti, balli, musica e canti. Sia quelle che queste usano ogni mezzo per sedurre. Non c’è alcuna differenza. A un esame oggettivo si può solo dire che quelle che si prostituiscono per brevi periodi sono di solito disprezzate, e quelle che si prostituiscono più a lungo sono invece riverite.
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Invece di dare al popolo sacerdoti, soldati e maestri, sarebbe opportuno sapere se non stia morendo di fame.
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E all’improvviso capì che il disgusto che negli ultimi tempi aveva provato per la gente […] era disgusto per se stesso.
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Elena Andreevna!
La vostra indignazione all’idea degli animali torturati e uccisi per soddisfare l’avidità umana non è sentimentalismo bensì un sentimento fra i più leciti e naturali. Ma non bisogna indignarsi al punto di odiare gli uomini per pietà verso gli animali, come dite voi; bisogna invece agire in conformità di ciò a cui vi spinge questo sentimento, e cioè non mangiare carne di qualsiasi essere a cui sia stata tolta la vita. Sono convinto che nei prossimi secoli la gente racconterà con orrore e ascolterà con dubbio come i loro antenati ammazzavano gli animali per mangiarli. Il vegetarismo si diffonde molto rapidamente […]. Vi avverto, tuttavia, che se smetterete di mangiare carne, incontrerete una fortissima resistenza, anzi un’irritazione, da parte dei vostri familiari […]. Tutti noi abbiamo subìto ciò, ma se non si agisce con convinzione, tutte le dimostrazioni rimarranno senza effetto […]. La compassione per gli animali è la più preziosa qualità dell’uomo e io (come uomo) sono tanto più felice quanto più la sviluppo in me. […] I vegetariani dimostrano la superiorità del cibo senza carne per la salute […] ma l’argomento principale e inoppugnabile è quello addotto da voi, il sentimento morale.
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Sono stato cacciatore appassionato per molti anni, anzi la caccia era per me una occupazione molto seria […]. Il rimorso, dapprima appena percettibile nella mia coscienza, si ingrandì a poco a poco, se ne impadronì interamente, la scosse, e finì coll’inquietarmi seriamente. Dovetti guardare la verità in faccia, ed allora compresi la crudeltà della caccia. Ora in essa non vedo che un atto inumano e sanguinario, degno solamente di selvaggi e di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo a cui noi ci crediamo arrivati.
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La felicità non dipende dalle cose esterne, ma dal modo in cui le vediamo.
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[La schiavitù] altro non è che lo sfruttamento da parte di pochi del lavoro di molti. […] La schiavitù della donna consiste nel fatto che alcuni vogliono e ritengono conveniente sfruttarla come uno strumento di piacere.
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L’uomo che comprende tutta l’importanza morale della pietà, non indietreggerà davanti al timore che le sue manifestazioni possano renderlo ridicolo agli occhi degli altri. Che cosa deve importargli, se mettendo in libertà un topo colto in trappola, invece di ammazzarlo, provoca i motteggi e le disapprovazioni, quando sa che, non solamente ha salvato dalla morte un animale, che teneva quanto lui alla vita, ma ha anche lasciato manifestarsi liberamente il sentimento della compassione, ed ha fatto un passo verso quell’era superiore dell’amore universale, che non conosce limite, che lo affrancherà dalla morte e lo identificherà con le sorgenti della vita.
Il cacciatore opera in un senso diametralmente opposto; e non una volta, per caso, ma sempre egli soffoca in sé il prezioso sentimento della pietà. È poco probabile che fra i cacciatori se ne trovi uno che non provi, almeno per una volta, un principio di pietà per una delle sue vittime, ma che pure ogni volta non cerchi di respingere un tal sentimento considerandolo come una debolezza. Ed è così che è schiacciato il bocciolo appena schiuso della pietà, da cui potrebbe germogliare e fiorire quel sentimento più elevato e più perfetto, che è l’amore. In questo costante suicidio morale è il male supremo della caccia.
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Il mondo degli esseri viventi è un solo organismo. La stessa vita generale di questo organismo non è Dio, ma è solo una delle Sue manifestazioni, come il nostro pianeta è una parte del sistema solare che a sua volta fa parte di un altro sistema più grande e così via.
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Nella generale opinione io salivo, proprio mentre la vita mi mancava invece sotto ai piedi… ed ecco è finita; muori adesso!
Ma che è stato? Perché? Non può essere. Non può essere che la vita sia così assurda, così schifosa. E se anche è tanto assurda e schifosa, perché morire, e morire soffrendo? C’è qualcosa che non torna.
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Se tutti andassero in guerra solo in base alle proprie convinzioni, le guerre non ci sarebbero più.
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Il cibarsi di carne è un residuo della massima primitività; il passaggio al vegetarianismo è la prima e più naturale conseguenza della cultura.
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Non è come dovrebbe essere. Tutto quello di cui hai vissuto e vivi è menzogna, inganno, che ti nasconde la vita e la morte.
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Allora era un giovane onesto, altruista, pronto a dedicarsi a ogni buona causa, adesso era un corrotto, raffinato egoista, amante solo del suo piacere. […] E tutto questo terribile mutamento si era compiuto in lui solo perché aveva cessato di credere a se stesso e aveva cominciato a credere agli altri.
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Provava una sensazione simile a quella di un uomo che, traversato tranquillamente un precipizio su di un ponte, si accorgesse improvvisamente che il ponte è crollato e che sotto c’era un abisso. L’abisso era la vita così come è; il ponte quella vita artificiale che aveva vissuto.
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Il misticismo senza poesia è superstizione, e la poesia senza misticismo è prosa.
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La domanda, che sembra così difficile, se non sia sbagliato, fra tanti viventi che praticano la violenza, essere l’unico o uno dei pochi non violenti, non è diversa dalla domanda se sia possibile essere sobri fra tanti ubriachi, e se non sia meglio darsi tutti quanti al bere.
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Nell’amore non c’è più e meno.
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L’unica consolazione che provo al pensiero dell’ineluttabilità della mia morte è la stessa che si prova quando la barca è in pericolo: ci troviamo tutti nella stessa situazione.
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“Non Uccidere” non si applica all’omicidio di una sola specie, bensì a tutti gli esseri viventi e questo comandamento fu scritto nel cuore dell’uomo molto prima di essere proclamato sul Sinai.
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Non v’è grandezza dove non vi sono semplicità, bontà e verità.
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Loro (la gente) mi giudichino pure come vogliono, posso ingannare loro, ma non ingannerò me stesso.
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La musica è la stenografia dell’emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato.
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Scritto il lasciapassare, il procuratore consegnò il foglio a Nechljudov, guardandolo con curiosità.
– Devo inoltre comunicarle, – disse Nechljudov, – che non posso continuare a partecipare alla sessione.
– Come lei sa, bisogna fornire dei motivi validi alla corte.
– Il motivo è che ritengo qualsiasi tribunale non solo inutile, ma immorale.
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L’uomo non è mai tanto egoista come nei momenti di entusiasmo.
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Ricordava le parole dello scrittore americano Thoreau, che ai tempi della schiavitù in America aveva detto che la prigione è l’unico posto che si convenga a un cittadino onesto in uno stato in cui è legalizzata e tutelata la schiavitù. Lo stesso pensava Nechljudov, soprattutto dopo il viaggio a Pietroburgo e tutto quello che vi aveva appreso.
«Sì, attualmente l’unico posto che si convenga a un uomo onesto in Russia è la prigione!» – pensava.
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Per acquistare il potere e conservarlo, bisogna amare il potere. E l’ambizione non s’accorda affatto con la bontà: s’accorda con l’orgoglio, con l’astuzia, con la crudeltà.
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La malinconia: il desiderio di avere desideri.
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La folla ama il sistema. La folla vuole afferrare tutta la verità, e siccome non può comprenderla, crede volentieri.
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Inspirando la frescura umida e l’odore di pane della terra che da tempo aspettava la pioggia, guardò i giardini e i boschi che correvano via, i campi gialli di segale, le strisce ancora verdi dell’avena e i solchi neri con le macchie verde scuro delle patate in fiore. Tutto pareva ricoperto da una vernice: il verde diventava più verde, il giallo più giallo, il nero più nero.
– Ancora, ancora! – diceva Nechljudov, lieto dei campi, dei giardini e degli orti che riprendevano vita sotto la pioggia benefica.
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In che consiste la vera condizione dell’uomo sulla terra e in che consiste quell’inganno che rende l’uomo infelice?
L’inganno consiste nel fatto che gli uomini si dimenticano della morte, dimenticano che essi in questo mondo non vivono, ma passano.
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L’uomo ama, non perché ha interesse di amare questo o quello, ma perché l’amore è l’essenza dell’anima sua, perché egli non può non amare.
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Molte persone hanno delle idee su come gli altri dovrebbero cambiare; poche persone hanno delle idee su come dovrebbero cambiare esse stesse.
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Volevo il movimento, non un’esistenza quieta. Volevo l’emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla.
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C’è qualcosa nello spirito umano che sopravvive, c’è una piccola e brillante luce accesa nel cuore dell’uomo, che non si spegne, non importa quanto oscuro il mondo diventi.
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[…] fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj “Il regno di Dio è dentro di noi”, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo […]
[…] i libri di Dickens e di Kipling, per poi proseguire con la lettura di Lawrence, Stendhal, Tolstoj e Dostoevsky. Attivista per i diritti umani, si sposa nel 1939 con Frank Charles Wisdom. Da quel […]
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Socjologia
Zwierzęta są z reguły moimi przyjaciółmi, a ja nie zjadam swoich przyjaciół. G. Shaw & TM…
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Leggendo, o rileggendo, alcune cose di Dostoevskij, ed accostando il tutto al pensiero gandhiano, penso ad un solo concetto: la pietà. La pietà verso l’ uomo (inteso come umanità). L’ uomo che pena, soffre indicibilmente, quando si confronta con sé stesso, con gli altri, con grandezze ineguagliabili ed inspiegabili, con l’ assoluto, con le ideologie, con Dio. Ed è proprio questo senso di inadeguatezza, di sofferenza per il suo essere così piccolo, che rende l’ essere umano unico!
[…] è un’attività umana il cui fine è la trasmissione dei più eletti e migliori sentimenti. Lev Tolstoj *** Quando ero piccolo sapevo dipingere come Raffaello, mi ci è voluta però una vita intera per […]
[…] e guerra” (1975). Quest’ultimo rileva la grande ammirazione del regista per Tolstoj con evocazioni del capolavoro “Guerra e pace” dello scrittore […]