Regista ed interprete ineguagliabile, Woody Allen, attraverso la sua vasta produzione cinematografica, mette in scena un uomo completamente antitetico allo stereotipato eroe hollywoodiano privo di dubbi e di timori. L’intellettuale nevrotico che si interroga sul significato della vita, che si siede sul lettino dello psicoanalista ed avverte la sua inadeguatezza di fronte alla frenesia del mondo occidentale contemporaneo trova nei suoi film, nella maggioranza dei casi interpretati dallo stesso Woody, una materializzazione degli interrogativi che affliggono l’uomo.
Con un’ironia affilata e mai scontata riesce a parlare di tutti noi, dei nostri dilemmi e del nostro smarrimento dinnanzi ad una società che sottrae sempre più spazio all’interiorità. E la sua genialità si rivela nella creazione di straordinarie commedie che riescono ad instaurare un rapporto diretto con lo spettatore, qualsiasi spettatore. Da colui che ne apprezza le battute senza andare oltre la tristezza del messaggio inviato, alla persona di cultura che si lascia coinvolgere dalla profondità della sua amara ironia.
Ama e odia New York, sente in sé una diversità derivante dalle sue origini ebraiche, cerca malcelatamente di proteggersi dagli sguardi con enormi occhiali dalla montatura nera, ha un’aria malaticcia e profonde occhiaie di chi la notte dorme ben poco, assillato com’è da insolubili dilemmi esistenziali, trasandato perché la sua mente ha cose ben più interessanti di cui occuparsi.
È lui. È Woody Allen.
Devo ammettere che, quando vidi il suo primo film (e da quel momento non smisi più di farlo; li ho visti tutti 🙂 ) lo trovai molto più affascinante dei bellocci che riempivano le sale cinematografiche del periodo. E mi lasciai travolgere da tutti i suoi film ambientati per lo più in quella New York caotica ma ammaliante e ricca di localini dove ascoltare la musica jazz. La prima volta che mi recai a New York andai ad assistere ad uno dei suoi concerti con il clarinetto e non provai alcuna delusione nel vederlo firmare distrattamente autografi con un’espressione distante e annoiata di fronte a quella fila di ammiratori. Era quello che mi aspettavo e non gli chiesi l’autografo; Woody è un uomo che non ama queste frivolezze, mi sarei sentita idiota. Forse si sentiva in dovere di firmare quegli autografi ed il suo atteggiamento poco socievole lo mostrava chiaramente.
Woody ama il cinema. E non solo quello che fa lui. Anche nei suoi film si nota questa smisurata passione verso quel grande schermo in grado di farlo sognare anche ore dopo il “the end” e che fissa con il suo sguardo trasognato per poi rivolgersi a noi spettatori ponendo quegli interrogativi mai risolti. Legge, divora classici in continuazione e tra locali e panchine in cui s’incontra con donne complicatissime, spesso più di lui, disteso sopra divani di psicoanalisti inetti, lascia emergere la sua enorme inquietudine nei confronti di una società dominata per lo più da stupidi e superficiali, aggressivi e vendicativi, presuntuosi e boriosi. Per descrivere Woody Allen non bastano aggettivi; sembrerebbe quasi di sminuire la grandezza di un uomo che è riuscito a farci ridere delle sue e delle nostre nevrosi.
Parlare di questo genio ad una persona che lo conosce attraverso qualche citazione è impresa veramente impossibile. La visione di uno o due film non basterebbe a spiegare chi sia Woody e nemmeno fargli ascoltare qualche suo monologo, in modo particolare se la persona in questione ignora quell’umorismo ebraico che utilizza per le sue parodie o se non conosce Freud.
Ancora oggi, quando rivedo qualcuno dei suoi film, mi accorgo di scoprire sempre qualcosa di nuovo e non solo per una battuta che mi era sfuggita. A volte, anche un apparentemente insignificante dettaglio riesce a sorprendermi e mi induce a riflettere su quell’amara realtà che il regista riesce a rappresentare con apparente leggerezza.
La sua è una comicità dolce amara, si ride, ma nello stesso tempo si avverte quel ticchettio inesorabile della nostra esistenza che scorre senza permetterci di riuscire a poter fermare il tempo. Si ride e ci si accorge della nostra fragilità, dell’essere solo dei meri frutti del caso e nemmeno l’arte, la religione e talvolta neanche l’amore riescono a mitigare quella sofferenza. Ma prima di affogare nella miserevole consapevolezza della nostra condizione, sembra salvarci lo stesso cinema con pochi attimi di amore oppure con una lista di motivi per cui in fondo vale la pena di vivere. Ognuno ha la propria. Woody in uno dei suoi monologhi tratto dal film “Manhattan” (1979) riepiloga in pochi istanti i suoi, mentre è sdraiato su un divano: «Be’, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Be’, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me… io direi… il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe Di Maggio e… il secondo movimento della sinfonia Jupiter… Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy».
Ed io nella lista di motivi per cui valga la pena di vivere aggiungo senza esitazione Woody Allen e tante tante altre ragioni 🙂
«Io avrei voluto essere uno scrittore tragico, ma ho questo talento comico innato che me lo ha impedito», confessa Woody Allen ed i suoi film racchiudono in modo nuovo entrambi i generi, le cui caratteristiche contrastanti possiedono la medesima struttura e vengono ben amalgamate in tutte le sue indimenticabili produzioni.
La sua comicità provocatoria e dissacrante accompagna quella fisica a giochi di parole con un protagonista, il più delle volte lo stesso Allen, che focalizza spesso l’attenzione sul caso e non su un Dio che, secondo il regista, non esiste: «Mi ritengo più una persona di formazione scientifica che non religiosa. Tutti dovrebbero essere agnostici: ritengo che Dio non esista, non vi ho mai creduto e mai ci crederò. Il mondo ci verrà completamente spiegato dalla fisica quantistica…».
Riesce a far ridere, pur essendo un pessimista, e studia con attenzione quei lati bui della nostra esistenza, iniziando sempre dal presupposto che la vita è solamente dolore.
I suoi film non cessano di trarre ispirazione da quel sentimento di angoscia in cui la cinepresa indugia soprattutto su interni dove il regista volge la sua attenzione alle complesse dinamiche che agitano le relazioni familiari e gli ancor meno facili rapporti tra uomini e donne: «I problemi che ho avuto io con le donne sono gli stessi vissuti anche 5000 anni fa. Per questo sono interessato a queste problematiche perenni e costanti come quelli tra uomo e Dio». Con queste parole lascia ben comprendere la sua visione tragica della vita.
Nel suo sguardo smarrito e che spesso mostra poca attenzione all’interlocutore superficiale e noioso incontrato per caso, traspare una costante tristezza che riesce a sconfiggere solo in parte, come lui stesso ammette, rifugiandosi nel mondo del cinema e realizzando film: «La vita reale è molto spesso più noiosa e inevitabilmente più triste. In un film, puoi controllare tutto quel che succede e puoi indulgere nelle fantasie e nei sentimenti più romantici evadendo dalla realtà. Puoi fare tutto quello che vuoi. […] Non vivi la tua vita, ma crei qualcosa che va ben oltre questa dimensione […] ».
E come dargli torto? Nel cinema il nostro inconscio sembra liberarsi ed in quel paio di ore l’uomo è totalmente in balìa delle proprie emozioni faticando a distinguere la realtà dalla finzione. Cerco di immaginare anche cosa accada a colui che si prodiga a realizzare un film e l’idea di un totale estraniamento dalla realtà mi appare ben chiara. Ecco un altro dei motivi per cui vale la pena di vivere che avrebbe dovuto aggiungere in quel famoso elenco.
Cercare un senso alla vita non è impresa facile; meglio rifugiarsi nel mondo della finzione. Lo stesso Woody ammette che ancora oggi «[…]siamo alle prese con le stesse domande alle quali i più grandi filosofi – dai greci a Kierkegaard – hanno cercato di trovare una risposta. Siamo condannati a vivere gli stessi dubbi, le stesse contraddizioni e delusioni che i nostri predecessori hanno dovuto affrontare nel corso dello sviluppo della civiltà. Non sono riuscito a trovare lumi né risposte soddisfacenti e proprio per questo i miei film riflettono quanto sia sfuggente la felicità, quanto sia impossibile trovare l’armonia e quanto fragili e imprevedibili continuino ad essere i rapporti tra gli uomini e le donne.»
E se i superficiali riescono a sentirsi felici senza avvertire il bisogno di trovare riparo nella letteratura, nella filosofia o nell’arte, non possiamo far altro che nutrire una sana invidia per loro, accompagnata però nello stesso tempo dalla consapevolezza che le emozioni provate dal nostro animo, seppur dolorose talvolta, riescono a provocare dei tumulti interiori di cui è impossibile non avvertirne la struggente bellezza.
Ancora oggi Woody Allen ci dona ogni anno un pezzetto del suo mondo interiore e, sebbene nella vita sia un pessimista cronico, il regalo di quei frammenti delle sue riflessioni, che sono anche le nostre, rappresentano per noi spettatori un paio di ore trascorse piacevolmente in cui ridere di noi e dell’assurdità della vita.
Nato a New York il primo dicembre del 1935 da una modesta famiglia ebraica, vive gran parte della sua infanzia e giovinezza a Brooklyn e, pur essendo molto brillante negli studi, mostra ben presto insofferenza nei confronti della scuola ed una forte attrazione per il mondo del cinema. Abile scrittore di gag e barzellette, già a quindici anni si esibisce come cabarettista nei nightclub e scrive testi per la televisione ed alcune riviste.
Il suo debutto nel mondo del cinema avviene con la sceneggiatura di “Ciao, Pussycat” (1965) in cui rivestirà per la prima volta i panni dell’attore. In quel preciso istante comprende che è quello il suo sogno: il mondo del cinema che già lo aveva affascinato da bambino sembra essere in attesa di un genere di commedia diversa che si distingua per il suo stile ironico e colto. Scrive la sceneggiatura di “Provaci ancora, Sam” (1972) ed interpreta il ruolo di un giovane frastornato ed impacciato che cerca di trarre insegnamenti nell’aspetto della seduzione dal fantasma di Humphrey Bogart.
Il suo esordio alla regia avviene nel 1969 con “Prendi i soldi e scappa” in cui già si scorgono quei riferimenti psicoanalitici e letterari che caratterizzano tutta la sua successiva produzione. Seguiranno “Il dittatore dello stato libero di Bananas” (1971), “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere” (1972), “Il dormiglione” (1973) e “Amore e guerra” (1975). Quest’ultimo rileva la grande ammirazione del regista per Tolstoj con evocazioni del capolavoro “Guerra e pace” dello scrittore russo.
Una buona fetta del pubblico americano si è già accorto della grandezza dei suoi film, ma occorrerà attendere il 1977 perché esploda il caso Woody Allen con “Io e Annie“, ancora una volta affiancato da Diane Keaton, con cui il nostro regista aveva già intrapreso una relazione e che, proprio nel periodo in cui viene girato il film in questione, comincia a dare i primi segni di una crisi presto destinata ad una definitiva rottura tra i due attori.
Il film, insignito di ben 5 premi Oscar, consacrerà definitivamente l’attore regista e la sua carriera continuerà a proseguire instancabilmente donando al mondo film di inimitabile raffinatezza e profondità di contenuti e dialoghi che, a differenza di quello che molti critici sostengono, non sono mai banalmente ripetitivi. E se le tematiche affrontate possono essere considerate noiose repliche dei primi film, bisognerebbe dire a questi signori che è proprio quella la caratteristica principale del nostro Woody, sapiente interprete del disagio esistenziale dell’uomo in una società in cui tutti sembriamo esserci assuefatti alla solitudine e alle ingiustizie.
La peculiarità del suo stile registico e le scelte operate che spesso disorientano il pubblico, soprattutto nelle sue ultime opere, rappresentano la coscienza critica di un’America stanca del capitalismo che si esprime con battute dissacranti ed originali riflessioni sull’amore e sulla vita.
Impossibile restare indifferenti al cinema di Woody Allen, a quell’atmosfera decadente con sottofondi di musica jazz e alle continue rievocazioni letterarie che spaziano da Dostoevskij a Flaubert, solo per citarne qualcuno.
Lascio volentieri i pettegolezzi sulla sua burrascosa vita privata alle riviste specializzate in questo campo e di cui non sono interessata. «Fare film è una buona distrazione dal tormento della vita», sostiene il maestro della commedia esistenziale ed aggiungerei che anche guardare i suoi piccoli e grandi capolavori riesce a far sentire meno soli in questo mondo caotico e profondamente enigmatico.
A lui, uno dei registi che amo di più, dedico un piccolo omaggio con una raccolta delle sue citazioni più significative nel giorno del suo compleanno.
Tanti auguri, Woody 🙂 Ci rivediamo presto al cinema.
Amare è soffrire. Se non si vuol soffrire non si deve amare. Però allora si soffre di non amare, pertanto amare è soffrire, non amare è soffrire e soffrire è soffrire. Essere felici è amare, allora essere felici è soffrire, ma soffrire ci rende infelici, pertanto per essere infelici si deve amare o amare e soffrire o soffrire per troppa felicità: io spero che tu stia prendendo appunti.
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Dio tace. Ah, se adesso si riuscisse a far chiudere il becco all’uomo.
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Ci sono cose peggiori della morte. Se hai passato una serata con un assicuratore, sai esattamente di cosa parlo.
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Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene.
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È assolutamente evidente che l’arte del cinema si ispira alla vita mentre la vita si ispira alla TV.
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E mi chiesi se un ricordo sia qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto.
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E se ogni cosa fosse un’illusione e nulla esistesse? In questo caso io sicuramente ho sovrapagato il mio tappeto.
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Fortunatamente, secondo la moderna astronomia, l’universo è finito: un pensiero consolante per chi, come me, non si ricorda mai dove ha lasciato le cose.
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Ho 12 anni. Vado alla sinagoga. Chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita. Ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco, l’ebraico. Lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico.
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Già esserci è l’ottanta per cento del lavoro.
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Ho letto la Bibbia recentemente, non male, peccato però che il personaggio principale sia poco credibile.
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Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto.
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I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.
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Il cibo in questo posto è veramente terribile. Inoltre le porzioni sono scarse. Tutto questo può essere paragonato al sentimento che ho nei confronti della vita.
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Il mio dottore dice che facendo le scale a piedi si guadagnano minuti di vita. Rampa dopo rampa ho guadagnato due settimane, durante le quali pioverà sempre.
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Il sesso è stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere.
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In generale un’affermazione della destra è sempre una cattiva notizia, è sempre una faccenda pericolosa. Perché la destra dà risposte molto semplici, dirette a problemi enormi. Ci sono i senzatetto? Che se ne vadano. C’è un aumento di criminali? Ripristiniamo la pena di morte. Soluzioni che naturalmente non tentano di capire il perché dei fenomeni a cui vengono applicate. Al momento possono sembrare efficaci, ma fra venti anni sarà peggio e ne faranno le spese le generazioni del futuro che di nuovo si troveranno di fronte problemi gravissimi.
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L’Eterno Nulla va perfettamente bene se sei disponibile ad affrontarlo con un abito adatto.
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L’umanità si trova oggi ad un bivio: una via conduce alla disperazione, l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene.
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L’uomo consiste di due parti, la sua mente e il suo corpo. Solo che il corpo si diverte di più.
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L’universo è soltanto un’idea fugace nella mente di Dio – un pensiero piuttosto scomodo, proprio come se avessi appena versato l’anticipo per l’acquisto di una casa.
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La vita è sostanzialmente tragica: ma qualche volta riesce ad essere meravigliosa.
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Leggo per legittima difesa.
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Le differenze maggiori tra i vari canali televisivi sono tuttora le previsioni del tempo.
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Mentalità divertente quella degli americani: nessuno ha detto niente quando Nixon ha bombardato illegalmente la Cambogia, ma se lo avessero sorpreso in una camera d’albergo con una minorenne lo avrebbero cacciato in due giorni.
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Mi stupiscono le persone che vogliono comprendere e spiegare l’universo, mentre è già abbastanza difficile orizzontarsi a Chinatown di New York.
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Mio padre era solito pensare che sarei diventato un vagabondo. Per me, non vedo cosa ci sia di sbagliato nell’essere un vagabondo.
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Non credo che l’analisi mi possa aiutare. Mi ci vorrebbe una lobotomia.
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Non solo non c’è Dio, ma provate un po’ a trovare un idraulico di domenica…
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Non voglio raggiungere l’immortalità attraverso le mie opere; voglio raggiungerla vivendo per sempre. Non mi interessa vivere nel cuore degli americani; preferisco vivere nel mio appartamento.
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Per te sono un ateo, ma per Dio sono una leale opposizione.
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Prima di lasciarci vorrei proprio lasciarvi un messaggio positivo. Ma non ce l’ho. Fa lo stesso se vi lascio due messaggi negativi?
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Quando si tratta di malattie, non direi mai di essere un ipocondriaco. Semmai sono un allarmista. Non è che mi senta malato di continuo, ma quando mi ammalo penso subito che sia la volta buona.
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Saggio è chi riesce a vivere inventandosi le proprie illusioni.
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Se l’uomo fosse immortale, riuscireste ad immaginare a quanto ammonterebbe il conto del macellaio?
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Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti.
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Sesso non è una risposta. Sesso è la domanda. La risposta è: si!
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Sono sempre ossessionato dal pensiero della morte: v’è una vita nell’aldilà? E se c’è, mi potranno cambiare un biglietto da cinquanta?
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Una relazione, io penso, è come uno squalo. Cioè deve costantemente muoversi oppure muore. Ed io penso che quello che abbiamo nelle nostre mani sia uno squalo morto.
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Voglio raccontarvi una storia straordinaria sulla contraccezione orale. Ho chiesto a una ragazza di dormire con me e lei ha risposto: “No. “.
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Non vorrei mai appartenere a nessun club che contasse tra i suoi membri uno come me.
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Non condannate la masturbazione. È fare del sesso con qualcuno che si ama.
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Ho un solo rimpianto nella vita: non essere qualcun altro.
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Il sesso senza amore è un’esperienza vuota. Ma tra le esperienze vuote è una delle migliori.
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Leone e agnello giaceranno insieme, ma l’agnello dormirà ben poco.
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Non posso ascoltare troppo Wagner, già sento l’impulso a occupare la Polonia!
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Io lo amo come un fratello. Vedi Caino e Abele.
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