L’espressione del disagio esistenziale in Edvard Munch

munch 2«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue.
Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata.
Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco.
I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura…
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.
»
Con queste parole intrise di sofferenza, Edvard Munch, pittore norvegese nato a Nøten il 12 dicembre del 1863, descrive i sentimenti che hanno dato vita ad uno dei più celebri dipinti della storia dell’arte: “L’urlo” 
Il sentimento dell’angoscia, il sentirsi estraniato, solo e afflitto dal “mal di vivere” condizionerà in modo penoso l’esistenza di questo grande artista che sublimerà nella pittura la sua instabilità psichica dovuta ad un’eccessiva sensibilità e a due grandi dolori vissuti durante l’infanzia e l’adolescenza.
Perde la madre ancora bambino e assiste alla morte della sorella prediletta Sophie, che a quindici anni si spegne a causa della tubercolosi.

evard munch il pittore dell'angoscia

La ragazza malata“, 1907

In modo particolare la perdita della sorella maggiore, con la conseguente depressione del padre, compromette la sua salute mentale e ne sconvolge l’esistenza, caratterizzata dall’abuso dell’alcool e periodici ricoveri in cliniche psichiatriche.
A diciassette anni intraprende gli studi artistici, opponendosi al volere della famiglia che avrebbe desiderato per Edvard un futuro da ingegnere.
Grazie alle sue eccezionali doti artistiche vince una borsa di studio che gli consente di accedere alla prestigiosa Accademia delle Belle Arti di Oslo. Terminati gli studi, nel 1885, si reca a Parigi dove entra in contatto con i maggiori artisti del periodo. GauguinVan Gogh, Manet e Degas saranno i  maestri da cui trarrà ispirazione per la sua opera artistica, la cui originalità scandalizzerà l’opinione pubblica del tempo.

"Autoritratto con sigaretta" (1895)

Autoritratto con sigaretta” (1895)

Insieme a Van Gogh e a Gauguin, Edvard Munch pone le basi ad una pittura che andrà oltre la mera espressione di sensazioni visive dell’Impressionismo, e darà origine a quella corrente artistica che raffigura l’invisibile riflesso interiore del dolore umano: l’Espressionismo. Non più solo sensazioni ottiche, ma intense emozioni interiori create con l’uso di colori molto accesi.

"L'urlo", 1893

L’urlo“, 1893

Persino il tramonto, delicatamente raffigurato dai pittori impressionisti che ne avvertono la sua calma rasserenante, in Munch si trasforma in un incubo, come si può notare guardando con attenzione il quadro che lo ha reso noto in tutto il mondo.
L’urlo” (1893), con le sue lunghe pennellate che deformano il paesaggio e i protagonisti di quegli attimi terrificanti vissuti dall’artista e immortalati sulla tela, vedono prevalere un colore che ricorrerà spesso nei dipinti di Munch: il rosso, il colore del sangue. Il colore dei ricordi della sorella malata che si spegne lentamente davanti ai suoi occhi da ragazzino, già devastato dalla perdita della madre.

La bambina e la morte ( 1899)

La bambina e la morte” ( 1899)

Munch traduce il suo dolore nella pittura, riuscendo a fissare sulle sue tele l’inafferrabile soffio vitale dell’animo umano lacerato dalla sofferenza. Ancora più straziante quando ci si affaccia al mondo e pochi sono gli anni che puoi contare sulle tue mani.
Il grido di Munch attraversa tutti i suoi dipinti con una forza espressiva che crea un profondo turbamento dentro il nostro animo; l’artista riesce a ben rappresentare quell’essere umano che “sente, soffre e ama.
I temi principali delle sue opere investono proprio l’amore e la morte, due realtà ineluttabili della nostra vita.
Il pessimismo che invade i suoi dipinti trova anche una delle sue massime espressioni in “Disperazione” (1893-94).

"Disperazione", 1893-94

Disperazione“, 1893-94

Anche in questo quadro riusciamo a sentire un grido disperato che riporta alla mente i nostri incubi peggiori, quando, come spettatori impotenti, guardiamo la nostra stessa immagine e non riusciamo ad emettere alcun suono, nonostante la sopraffazione della nostra paura o sofferenza. E nessuno riesce ad udire o a vedere il nostro dolore.
Da un incubo ci si risveglia e si rientra nella cosiddetta realtà spesso afflitta dalla più oscura disperazione di cui celiamo i fantasmi del nostro inconscio per non apparire diversi dagli altri.
Ma il mondo delle maschere non appartiene al grande artista.
Scava inesorabilmente nel disagio interiore dell’uomo che smarrisce la forma umana e diventa vittima delle sue emozioni.
Anche in quelle più sublimi, così come succede nell’amore.

"Il bacio", 1897

Il bacio“, 1897

Ad un’occhiata superficiale il dipinto “Il bacio” può apparire gioioso. Ma se lo si osserva attentamente, non si può non avvertire il senso di solitudine che attanaglia l’artista anche in quello che dovrebbe essere uno dei momenti più belli della vita umana. La fusione dei due protagonisti che sembrano apparire un unico essere, non desta alcuna serenità. Sembra quasi voler cogliere la fugacità dell’amore e il timore dell’annullamento che ne può derivare da esso.

La danza della vita“, 1900.

Nel 1892 la mostra di Edvard Munch presso il Künstlerverein di Berlino viene chiusa dopo pochi giorni, acuendo ancor di più la sofferenza dell’artista. Tuttavia, coloro che aborriscono la cultura accademica ufficiale di quel periodo non solo sosterranno le opere di Munch, ma lo ergeranno altresì a simbolo della protesta nei confronti del regime, contribuendo così alla crescita della sua fama.

Malinconia“, 1891.

Altri momenti di crolli psicologici, caratterizzati anche da allucinazioni, accompagneranno la vita di Munch, ma l’artista, nonostante forzati periodi di riposo dovuti anche a problemi alla vista, continuerà a produrre indimenticabili opere che, durante il buio periodo del nazismo, verranno bollate come “arte degenerata“. Ma ormai la sua fama è inarrestabile e i suoi dipinti vengono esposti in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Ragazze sul ponte“, 1899.

Il 19 dicembre del 1942 l’esplosione di una nave tedesca nel porto di Oslo danneggia gravemente il suo atelier e l’artista, preoccupato per la sorte dei suoi quadri, minimizza la polmonite che lo colpisce e che lo condurrà alla morte il 23 gennaio del 1944 nella sua casa di Ekely.
Lascia tutte le sue opere alla città di Oslo.

La pubertà“, 1894.

Nonostante una storia d’amore particolarmente significativa, l’artista preferisce non sposarsi perché intimorito dalla sua dipendenza dall’alcool e dalla sua instabilità mentale. Ma non è solo l’inquietudine a spingere Edvard Munch a rigettare un’unione duratura nella sua vita; ritiene infatti che il sentimento possa ostacolare la sua carriera di artista.
Particolarmente interessante è la raffigurazione della donna nei suoi dipinti. In alcuni quadri viene rappresentata come una figura minacciosa che sembra voglia annientare crudelmente l’uomo.

edvard munch il pittore dell'angoscia

Vampiri“, 1893

In altri, invece, la donna viene rappresentata con colori tenui e priva di terrificanti connotazioni simboliche che minacciano la stabilità dell’uomo. Una donna materna e rassicurante pennellata in modo romantico, accanto a fiori o attività distanti dall’immaginario sessuale.

edvard munch il pittore dell'angoscia

Donna con i papaveri“, 1919.

Di seguito alcuni suoi pensieri che potrebbero aiutare a comprendere l’animo tormentato di questo grande e immortale artista.

Dipinsi le nuvole come sangue vero, i colori stavano urlando.
***

“Notte stellata”, 1893.

I miei quadri sono i miei diari.
***

Sera sul viale Karl Johan“, 1892.

La malattia, la follia e la morte erano gli angeli neri che si affacciavano sulla mia culla.
***

Morning Yawn“, 1913.

Dopo aver acceso la lampada vedo improvvisamente la mia ombra enorme che va dalla parete al soffitto. E nel grande specchio sopra la stufa vedo me stesso, il mio stesso volto spettrale. E vivo con i morti, con mia madre, mia sorella, mio nonno e mio padre, soprattutto con lui. Tutti i ricordi, le più piccole cose, vengono alla superficie.
***

Autoritratto“, 1916.

Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l’eternità.
***

Lascio la donna nel suo paradiso, le spine della rosa sono troppo appuntite.
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L’arte si nutre del sangue dell’artista.
***
…si dipingeranno esseri viventi che respirano e sentono, soffrono e amano. Sento che lo farò, che sarà facile. Bisogna che la carne prenda forma e che i colori vivano.
***
Non dipingo quello che vedo, ma quello che ho visto.
***

edvard munch, il pittore dell'angoscia
“Ansia”, 1892

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