«La mia infanzia sono scarpe bagnate, tronchi spezzati
caduti nella selva, divorati da liane
e scarabei, giorni dolci sull’avena,
e la barba dorata di mio padre che usciva
diretto alle ferrovie maestose.»
[…]
Pablo Neruda è lo pseudonimo che Ricardo Eliecer Neftalí Reyes Basoalto scelse per onorare lo scrittore e poeta ceco Jan Neruda (1834-1891), cantore degli umili. La sua enorme produzione poetica, ricca di una rara densità metaforica, abbraccia le tematiche più rilevanti della vita e spazia dalla natura alla solitudine umana, dall’amore alla politica. Negli ultimi anni prende il sopravvento la sua incessante indagine sul senso della vita. La sua figura, nell’ambito poetico, può essere considerata una delle più significative del Novecento per quel ritmo continuamente mutevole e per l’impegno politico profuso nella maggioranza delle sue liriche che catturano con rara sensibilità colori, luci e fruscii. Poeta timido e ostinato, la cui personalità affascinante si coglie proprio in quella ritrosia e desiderio di isolamento e silenzio, ha lasciato un segno indelebile nella letteratura contemporanea con versi che, come Federico Garcìa Lorca sottolineò, sembrano essere stati scritti «più che con l’inchiostro, con il sangue.»
Nato a Parral il 12 luglio del 1904 da una famiglia modesta, non conosce la madre, morta appena un mese dopo la sua nascita. Il padre, impiegato alle ferrovie, si trasferisce con il figlio di appena due anni nella cittadina di Telmuco, dove si risposa con Trinidad Candia Marverdei, già madre di un bambino di nove anni e dalla quale avrà poi un’altra figlia.
L’infanzia di Neruda trascorre nel piovigginoso, malinconico e inospitale Cile meridionale.
Dopo aver concluso gli studi liceali a Telmuco, s’iscrive all’università di Santiago per studiare francese e nel 1921 vince una gara poetica con “La canción de la fiesta“. Ambisce a diventare insegnante e nel suo amore per la letteratura viene osteggiato dal padre. Tuttavia è decisivo nel suo proseguimento degli studi umanistici l’incoraggiamento di Gabriela Mistral, futura vincitrice del Premio Nobel e sua insegnante durante gli anni della sua formazione scolastica.
A causa delle difficili condizioni economiche costretto a fronteggiare, accetta un incarico poco consono alle sue inclinazioni; diventa console onorario in Birmania e nell’Isola di Giava.
Convola poi a nozze con Maryka Antonieta Hagenaar Vogelzang, una banchiera olandese, e, dal 1926 al 1943, grazie alla brillante carriera intrapresa, ha l’occasione di viaggiare come rappresentante diplomatico del suo paese. Nel 1934 si stabilisce a Madrid dove stringe amicizia con i maggiori intellettuali del periodo, tra cui Rafael Alberti e Federico Garcìa Lorca, e fonda la rivista letteraria “El caballo verde“.
In Spagna gli nasce una figlia che, malata di idroencefalite, si spegne prematuramente. Poche sono le coppie che riescono a sopravvivere alla morte di un figlio e così avviene anche nel matrimonio di Neruda, entrato presto in crisi anche per la storia precedentemente intrapresa dall’uomo con l’argentina Delia del Carril, fervente comunista che lo convince ad abbracciare le idee marxiste e ad abbandonare il suo pensiero politico anarchico individualista.
Il poeta, durante la sua permanenza in Spagna, subisce il fascino della poesia spagnola e continua a comporre liriche, prendendo una posizione decisiva durante la guerra civile spagnola contro la nascente dittatura di Francisco Franco.
L’uccisione ad opera delle truppe franchiste di Federico Garcìa Lorca scuote profondamente il suo animo e, dopo aver fondato insieme al grande poeta peruviano Cesar Vallejo, il Gruppo ispano-americano d’aiuto alla Spagna, la sua personalità subisce un cambiamento decisivo che si ripercuoterà nelle sue poesie. L’arte diventa per lui non solo l’affermazione della propria interiorità, ma assume un carattere sociale di lotta politica e di sconfinato amore per la sofferenza umana.
La fine della guerra civile e la sconfitta dei repubblicani vede molti spagnoli dissidenti costretti ad esiliare o a marcire dentro le carceri e il dolore di Neruda si accentua ulteriormente emergendo in splendide poesie che esprimono il vuoto esistenziale di un esilio, volontario o meno, da parte di quell’umanità inadatta a vivere in un mondo siffatto e a cui il poeta dà voce in un grido disperato.
Fa ritorno in Cile nel 1944 e s’iscrive al Partito Comunista Cileno. Viene eletto senatore, ma dal 1948 al 1952 viene continuamente perseguitato per le sue posizioni contro Gabriel Gonzalez Videla alla cui elezione aveva contribuito lo stesso Neruda. La violenta repressione che Vileda attua contro i minatori in sciopero a Lota, nell’ottobre del 1947, induce il poeta, il 6 gennaio 1948, a pronunciare un drammatico discorso dinnanzi al senato cileno (Yo acuso) in cui cita l’elenco dei minatori imprigionati e condotti in campi di concentramento.
Vileda non perde tempo ed emana un ordine di arresto contro Neruda. Ma non si ferma qui e non perde tempo a promulgare una legge in cui il Partito Comunista viene dichiarato illegale. Costretto all’esilio il poeta ricomincia a viaggiare per il mondo e in Messico s’innamora di Matilde Urrutia, una cantante cilena, che sposerà qualche anno dopo. Da ricordare anche la sua permanenza in Italia nell’isola di Capri, di cui è nota la trasposizione cinematografica “Il Postino“, magistralmente interpretato da Philippe Noiret e da Massimo Troisi. Il film, tratto dal romanzo del cileno Antonio Skàrmeta, vince un Oscar per la meravigliosa colonna sonora di Marcello Piovani.
L’undici aprile del 1957 viene arrestato a Buenos Aires, a quei tempi sotto la dittatura di Aramburu che aveva appena rovesciato il governo di Peròn, e trascorre un giorno e mezzo in prigione. Viene poi deportato in Uruguay grazie all’intervento del console cileno.
Con l’avvento alla Presidenza della Repubblica di Salvador Allende, nel 1970, Neruda viene nominato ambasciatore a Parigi e l’anno seguente riceverà il Premio Nobel per la Letteratura. Tornerà in Cile nel 1972, ormai gravemente malato, e assisterà impotente al colpo di Stato dell’undici settembre del sanguinario dittatore, il generale Augusto Pinochet, e alla morte del suo grande amico Allende.
In attesa di poter lasciare il Cile, Pablo Neruda si spegne il 23 settembre del 1973. La sua morte resta ancora avvolta nel mistero, sebbene quarant’anni dopo il suo corpo sia stato riesumato e l’ipotesi del cancro alla prostata sia stata confermata. Secondo il suo autista Neruda è stato assassinato con un’iniezione letale durante la sua permanenza nella clinica Santa Maria a Santiago. Bisogna adesso aspettare l’esito delle analisi tossicologiche che stanno eseguendo negli Stati Uniti per poter sapere ciò che veramente accadde, anche se bisogna sottolineare che l’instaurazione di un’altra dittatura in Cile lo annientò psicologicamente e ciò avrebbe potuto accelerare il processo evolutivo del tumore.
Tra le sue numerose opere bisogna ricordare “Venti poemi d’amore“ e “La canzone disperata“ che costituiscono una sorta di diario delle sue relazioni d’amore, “Residenza nella terra“, “Cavallo verde per la poesia“ e “La Spagna nel cuore“ il cui tema riguarda la guerra civile.
Ma il suo capolavoro assoluto si può considerare “Canto generale“ in cui evoca le figure dei conquistatori, dei liberatori e dei traditori che forgiarono la tormentata America Latina. Il poema esalta anche la sua terra natale e nello stesso tempo racchiude la voce dell’umanità. Canto generale ha una chiara intenzione politica che denota la concezione dell’arte del poeta intesa come fine al raggiungimento della libertà dell’uomo. Interessanti anche le opere “I versi del capitano” e “Estravagario” ( Raccolta di stravaganze), quest’ultimo forse uno dei suoi libri più avvincenti per la rappresentazione allegorica che Neruda fa di se stesso.
Di seguito una raccolta delle sue citazioni più famose e delle sue più toccanti liriche le cui tematiche politiche e sociali vengono affrontate con estrema crudezza senza però privarle di un potente calore umano che ne attenuano la propaganda e ci donano così pagine indimenticabili di profonda poesia.
La timidezza è una condizione strana dell’anima, una categoria, una dimensione che si apre alla solitudine. È anche una sofferenza inseparabile, come se si avessero due epidermidi, e la seconda pelle interiore s’irritasse e contraesse di fronte alla vita. Fra le compagini umane, questa qualità o questo difetto fa parte di un insieme che costituisce nel tempo l’immortalità dell’essere.
***
Chissà se un giorno, guardando negli occhi di chi ti avrà dopo di me, cercherai qualcosa che mi appartiene.
***
La nascita non è mai sicura come la morte. È questa la ragione per cui nascere non basta. È per rinascere che siamo nati.
***
La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.
***
Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore.
***
Ormai non l’amo più è vero,
ma forse l’amo ancora.
È così breve l’amore
e così lungo l’oblio.
***
I dittatori
È rimasto un odore tra i canneti:
un misto di sangue e carne, un penetrante
petalo nauseabondo.
Tra le palme da cocco le tombe sono piene
di ossa demolite, di ammutoliti rantoli.
Il delicato satrapo conversa
tra coppe, colletti e cordoni d’oro.
Il piccolo palazzo luccica come un orologio
e le felpate e rapide risate
attraversano a volte i corridoi
e si riuniscono alle voci morte
e alle bocche azzurre sotterrate di fresco.
Il dolore è celato, simile ad una pianta
il cui seme cade senza tregua sul suolo
e fa crescere al buio le grandi foglie cieche.
L’odio si è formato squama su squama,
colpo su colpo, nell’acqua terribile della palude,
con un muso pieno di melma e silenzio.
***
Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera.
***
Nella mia casa ho riunito giocattoli grandi e piccoli, senza i quali non potrei vivere. Il bimbo che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che era dentro di sé e che gli mancherà molto.
***
La poesia è un atto di pace. La pace costituisce il poeta come la farina il pane.
***
Chiedo silenzio
Ora, lasciatemi tranquillo.
Ora, abituatevi senza di me.
Io chiuderò gli occhi
E voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Una è l’amore senza fine.
La seconda è vedere l’autunno.
Non posso vivere senza che le foglie
volino e tornino alla terra.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La quarta cosa è l’estate
rotonda come un’anguria.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Matilde mia, beneamata,
non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Amici, questo è ciò che voglio.
E’ quasi nulla e quasi tutto.
Ora se volete andatevene.
Ho vissuto tanto che un giorno
dovrete per forza dimenticarmi,
cancellandomi dalla lavagna:
il mio cuore è stato interminabile.
Ma perché chiedo silenzio
non crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario:
accade che sto per vivere.
Accade che sono e che continuo.
Non sarà dunque che dentro
di me cresceran cereali,
prima i garni che rompono
la terra per vedere la luce,
ma la madre terra è oscura:
e dentro di me sono oscuro:
sono come un pozzo nelle cui acque
la notte lascia le sue stelle
e sola prosegue per i campi.
E’ che son vissuto tanto
e che altrettanto voglio vivere.
Mai mi son sentito sé sonoro,
mai ho avuto tanti baci.
Ora, come sempre, è presto.
La luce vola con le sue api.
Lasciatemi solo con il giorno.
Chiedo il permesso di nascere.
Se un giorno il tuo cuore si ferma
Se un giorno il tuo cuore si ferma,
se qualcosa smette di bruciare per le tue vene,
se la voce dalla bocca ti esce senza divenire
parola,
se le tue mani si scordano di volare e
s’addormentano,
Matilde, amore, lascia le tue labbra socchiuse
perché quel tuo ultimo bacio deve durare con me,
deve restare immobile per sempre sulla tua bocca
perché così accompagni anche me nella mia
morte.
Morirò baciando la tua folle bocca fredda,
abbracciando il grappolo perduto del tuo corpo,
e cercando la luce dei tuoi occhi serrati.
E così quando la terra riceverà il nostro abbraccio
andremo confusi in una sola morte
a vivere per sempre l’eternità di un bacio.
***
Mi piaci quando taci
Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
Poiché tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell’anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi e la mia voce non ti giunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.
Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come lampada, semplice come anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.
***
Chiedere può essere la vergogna di un minuto, non chiedere può essere il rimpianto di una vita.
***
L’amore, mentre la vita ci incalza, | è semplicemente un’onda alta sopra le onde.
***
La parola è un’ala del silenzio.
***
Il ramo rubato
a rubare
un ramo fiorito.Passeremo il muro,
nelle tenebre del giardino altrui,
due ombre nell’ombra.
Ancora non se n’é andato l’inverno,
e il melo appare
trasformato d’improvviso
in cascata di stelle odorose.
Nella notte entreremo
fino al suo tremulo firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E cautamente
nella nostra casa,
nella notte e nell’ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e con i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.
***
La pazzia, una certa pazzia, va molte volte a braccetto con la poesia.
***
Oggi lasciate | che sia felice, | io e basta, | con o senza tutti, | essere felice | con l’erba | e la sabbia, | essere felice | con l’aria e la terra, | essere felice | con te, con la tua bocca, | essere felice.
***
Per questo devo tornare | a tanti luoghi futuri | per incontrarmi con me stesso | ed esaminarmi senza sosta, | senz’altro testimone che la luna | e poi fischiare di gioia | calpestando pietre e zolle, | senz’altro compito che esistere, | senz’altra famiglia che la strada.
***
Il loppide è l’unico animale che pur di compiacerci si trasforma.
***
È proibito piangere senza imparare.
***
Due amanti felici
Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell’erba,
lascian camminando due ombre che s’unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.
Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s’uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
E’ la felicità una torre trasparente.
L’aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.
***
Terre offese
Regioni affondate
nell’interminabile martirio, per infinito
silenzio, battiti
d’ape e roccia sterminata,
terra che invece di grano e di trifoglio
hai tracce secche di sangue e delitti:
fertile Galizia, pura come la pioggia,
salata per sempre dalle lacrime:
Estremadura sulla cui riva
di cielo e d’alluminio, scuro come squarcio
di proiettile, tradito e ferito e distrutto,
Badajoz tra i suoi figli morti
giace senza memoria
guardando un cielo che ricorda:
e perseguitata in mezzo ai precipizi
fino a che le madri impazzite
sferzavano la pietra con i figli appena nati.
Furore, ala di lutto,
e morte e collera,
fino a che le lacrime e il dolore uniti,
fino a che le parole, lo smarrimento e l’ira
non saranno che un cumulo d’ossa in una strada
e una pietra seppellita dalla polvere.
Tante, tante
tombe, tanto martirio, tanto
galoppo di bestie qui sulla stella!
Nulla, né la vittoria
cancellerà la ferita terribile del sangue:
nulla, né il mare, né il passare
della sabbia e del tempo, né il geranio
che brucia sulla tomba.
***
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web, quindi considerati di pubblico dominio e appartenenti a google, a youtube e ai legittimi proprietari. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo lacapannadelsilenzio@yahoo.it e saranno immediatamente rimossi.
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Ciao! Ci tengo a farti i complimenti per aver riassunto i punti chiave della vita e della poetica di P. Neruda chiaramente e molto meglio di wikipedia e simili.
Mi sono imbattuta in questo post perché sto scrivendo una tesina intitolata “reazioni al fallimento”, ma in Neruda ho trovato piú il concetto di speranza che di rivalsa di fronte ad una sconfitta, tu cosa ne pensi? L’autore alternativo a cui potrei collegarla é García Marquez. Grazie e buon pomeriggio !
Ciao, Katya. Ti ringrazio per le tue gentilissime parole. Vorrei domandarti se la tua tesina riguarda i grandi autori latinoamericani, visto che ne hai menzionati due. Se riguarda l’America Latina, potresti parlare di Eduardo Galeano o di Isabel Allende. Attendo tue notizie.
A presto e buona notte 🙂
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