«È che dietro le cose ci sei tu, Primavera, che incominci a scrivere nell’umidità, con dita di bambina giocherellona, il delirante alfabeto del tempo che ritorna».
Pablo Neruda
In un tripudio di colori, balli e canti, è appena cominciato nei paesi a maggioranza induista, India, Nepal e Pakistan, il Festival dei Colori, chiamato anche Holi.
Quante volte vi è capitato di leggere cartoline con su scritto l’augurio “Happy Holi“? A me è successo spesso, quando cerco dei biglietti augurali virtuali da inviare agli amici che vivono all’estero, e non ero a conoscenza di questa bellissima festa. L’anno scorso, colpita da un’immagine spettacolare, ho voluto approfondire e ho deciso di effettuare una ricerca su tale coloratissima festività che merita una particolare menzione.
L’Holi ha origini molto antiche e la data stabilita per dare il via alla celebrazione della primavera e il trionfo del Bene sul Male, è il giorno successivo alla prima notte di luna piena (Dhulhendi), nel mese di Phalgun, che nel calendario induista segna l’inizio della stagione primaverile.
Quest’anno la festa è iniziata il 16 marzo e si concluderà il 28 marzo.
Tutte le stagioni hanno delle peculiarità affascinanti, ma la primavera è sicuramente una delle stagioni più amate per i colori e per il clima.
Festeggiarla è sicuramente un modo di rendere omaggio alla rinascita di quella natura che si sprigiona dolcemente e in molti paesi del mondo ne viene osannata quella bellezza di cui spesso noi occidentali, chiusi nelle nostre auto e vivendo in modo sempre più frenetico, quasi fatichiamo ad accorgercene.
Non amo i frastuoni e i riti, ma stavolta ritengo d’obbligo fare un’eccezione perché in questa festa c’è qualcosa di più di una semplice tradizione popolare.
Nel dirompente sprigionarsi di colori si racchiude un inno alla gioia, all’energia, alla vita e all’abbattimento di quelle barriere create dagli stessi esseri umani che si separano dagli altri in base alla religione, la razza, la nazionalità e il ceto sociale.
L’origine di questa bellissima festa della fratellanza, che trova nei colori l’annientamento di ogni discriminazione, trae origine da due antiche leggende induiste che vedono protagonista il trionfo del Bene sul Male
(Holi significa letteralmente “bruciare” e si racconta in una delle leggende che il Bene riuscì a sopravvivere al distruttivo fuoco) e dallo sdrammatizzare la religione da tutti gli aspetti seri e ritualistici con l’intento di far cogliere quella parte gioiosa e amorevole della spiritualità.
Secondo l’induismo, infatti, Shri Krishna, una delle principali divinità di tale religione, pur essendo di nobili origini, trascorse la propria infanzia in un umile villaggio, a causa di uno zio che ne usurpò la sua discendenza.
Krishna era un bambino burlone e spensierato che amava molto inondare di spruzzi d’acqua e colori gli abitanti del villaggio.
Il piccolo Krishna voleva lanciare un messaggio molto profondo in quei divertenti scherzi; far comprendere agli uomini il significato più gioioso della spiritualità, intesa come benessere psico-fisico. Un significato che si stava spegnendo. Inoltre Krishna, di pelle scura, si dice che invidiasse la carnagione bianca della sua amata Radha e che un giorno le colorò il viso.
Gli innamorati eseguono lo stesso gesto, nel periodo dell’Holi,per mostrare il loro affetto.
Le piazze e le strade si riempiono in quei giorni di persone di ogni età e ceto sociale che si lanciano secchi di vernice colorata danzando e cantando il trionfo del Bene sul Male.
Una festa di speranza in cui si consumano dei dolci tipici e si sorseggia il Bhan, una bevanda a base di cannabis.
Da anni, anche negli Stati Uniti, paese multiculturale in cui non sempre si sente l’esigenza di viaggiare perché molte sono le tradizioni che vengono liberamente celebrate, si può assistere all’Holi.
Auguro “Happy Holi” a tutti coloro che hanno la fortuna di vedere quel turbinìo di colori accesi che invade le strade.
Ecco uno dei video realizzati per farci vivere qualche minuto di immersione in questa antica festa che non ha ancora perso la sua unicità ludica e in cui, anche se per poco, prevale quel pizzico di follia di cui tutti noi avremmo bisogno di nutrirci in questo breve percorso chiamato vita.
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