L’esistenzialismo cristiano di François Mauriac

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mauriac-1François Mauriac, una delle voci più significative della letteratura francese, riceve il Premio Nobel per la Letteratura nel 1952 «per la profonda pregnanza spirituale e l’intensità artistica con cui i suoi romanzi hanno indagato il dramma della vita umana.»
Così come Giovanni Verga, questo grande scrittore francese avrebbe potuto racchiudere le sue opere di narrativa nel ciclo de “I vinti“; i suoi personaggi vengono infatti annientati e scaraventati continuamente nella freddezza e nell’indifferenza di una vita arida, priva di sentimenti e pronta a sottrarre ogni speranza. E, nonostante qualche volta ritrovino la forza di ricominciare e di affrontare la durezza della realtà fantasticando su un’esistenza diversa, sono destinati a conoscere l’amaro sapore della sconfitta in un mondo dominato dal demone del denaro, o ancora più frequentemente, dal proprio demone interiore, principale artefice dell’impossibilità di assaporare quel po’ di gioia e di amore che certi eventi della vita potrebbero loro donare.
Queste creature spente manifestano il pessimismo dell’autore dinnanzi ad una vita caratterizzata da una lotta continua contro demoni da cui non è facile riuscire a liberarsi.

"La delusione è un sentimento che non delude mai". François Mauriac.

La delusione è un sentimento che non delude mai“. François Mauriac.

La religione è per lo più un inutile sfondo dei soavi paesaggi delle Landes. Non ha alcun ruolo da protagonista, sebbene lo scrittore si autodefinisca «un cattolico che scrive romanzi». Molti sono i problemi che tormentano i personaggi di Mauriac ed anche la morte, più volte presente nei suoi romanzi, non possiede alcun potere di santificazione dato che dagli anziani e dai moribondi si ereditano spesso pesanti catene che chi resta in vita non ha il coraggio di smagliare.

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Spietato con i suoi personaggi, ciò che colpisce maggiormente della sua narrativa, genere letterario che ne decreta il suo successo, è la rara e profonda sensibilità nel descrivere la psicologia di un’umanità costretta a vivere in un mondo privo di luce. Mauriac fruga nell’animo umano in modo implacabile e quei pochi che riescono a schivare la trappola delle convenzioni sociali e dell’opportunismo, sembrano predestinati a concludere la loro vita spegnendosi in modo crudele.

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Il mondo di Mauriac, circoscritto nello spazio e nel tempo, si dipana sullo sfondo delle campagne intorno a Bordeaux e tra i pini e i vigneti delle Landes. Eppure il mondo che racconta è universale.
Quelle anime tormentate che vivono storie conflittuali dentro i soffocanti recinti dei ristretti ambienti provinciali sfociano in drammi più o meno silenziosi riscontrabili in tutto il mondo. L’unica differenza evidente tra l’ineluttabile male dell’avidità vissuto in città o in provincia è che in quest’ultima il dramma viene amplificato fino a divenire ossessivo.

"Dimmi quello che leggi e ti dirò chi sei" è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi. François Mauriac

“Dimmi quello che leggi e ti dirò chi sei” è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi.
François Mauriac

Ciò che più evidenzia lo scrittore, al di là delle fameliche lotte per il denaro, è il conflitto interiore di singoli esseri umani, vittime di tormenti spesso inconfessabili ed impossibili da esprimere. In queste lotte accade spesso che l’avversario, forte e silenzioso, è Dio.
E, se non è Dio, lo è la religione. E qui ci si avventura in un terreno particolarmente impervio. La personalità di un autore cattolico che descrive maggiormente gli aspetti più angoscianti che rasserenanti della religione, lascia sorgere qualche interrogativo sul suo modo di intendere la fede in quell’universo cupo in cui si muovono i personaggi dei suoi romanzi.

Il massimo segno dell'intelligenza è il dubbio. François Mauriac

Il massimo segno dell’intelligenza è il dubbio.
François Mauriac

Mauriac descrive la tragica e misera condizione dell’uomo convinto di riuscire a poter fare a meno di Dio e dunque destinato a vivere senza raggiungere la serenità.
I suoi romanzi denunciano spietatamente quei vizi umani che hanno travolto la borghesia di provincia, e non solo quella. Borghesi che si autodefiniscono cristiani limitandosi a freddi rituali religiosi per poi mostrare un comportamento deplorevole nei confronti del prossimo, dominati come sono dall’avidità, dall’avarizia e dal materialismo. Esseri dunque lontani dagli insegnamenti cristiani, insegnamenti che però lo stesso Mauriac ritiene difficili da attuare.

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Lo scrittore pone il cristianesimo e l’etica come fondamenti della sua opera denunciando l’insulso mondo borghese e contrapponendo alla rinuncia cristiana l’impulso irrefrenabile di una vita dominata dagli istinti. Nonostante le sue opere risentano della sua visione religiosa, Mauriac non assume mai un tono moraleggiante, non giudica mai i suoi personaggi ma sovente ne è complice, partecipando con empatia alle loro sofferenze, ai loro rimpianti e alle loro possibilità di ricominciare con il doloroso fardello di ciò che hanno irrimediabilmente perduto.
Al centro della sua critica vi sono i rapporti familiari, emblematici nella loro decadenza dei valori.

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Tuttavia bisogna sottolineare che questo grandissimo romanziere, cupo narratore di un mondo senza alcuna speranza, si serve del pessimismo per mettere in evidenza le personalità aberranti dei suoi personaggi, che, secondo Mauriac, sono presenti dentro ogni essere umano. Ma da buon cristiano inflessibile nei suoi principi, ritiene che il cammino per giungere a Dio sia sempre possibile, persino nelle circostanze più impensabili.

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Le tematiche da lui affrontate, il denaro, il sesso, l’amore materno esclusivo e talvolta ossessivo, la famiglia e l’eccessiva attenzione per le distinzioni sociali, gli sono necessarie per delineare quella zona oscura presente in ogni essere umano. E la sua religiosità, molto sofferta, è dolorosamente coinvolta in quelle miserie umane che ci allontanano dalla spiritualità.
Il suo spirito di osservazione è profondamente acuto, ma nello stesso tempo quello studio approfondito della natura umana lo conduce ad un pessimismo (che forse può anche definirsi realismo) volto principalmente allo scarso impegno dei cattolici nel condurre una vita da autentici cristiani .

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Il suo stile tradizionalista mostra al medesimo tempo una chiara influenza del romanzo psicologico di Proust e di Balzac. Con una penna sagace ed una retorica impeccabile, Mauriac mostra la sua sincera fede e sembra voglia prendere silenziosamente il lettore per mano ed introdurlo in un cammino diretto alla gioia spirituale. Non importa se chi s’immerge nei suoi romanzi professi un altro credo o sia ateo o agnostico. Basta iniziare a leggere le sue opere senza alcun pregiudizio per poterle apprezzare, anche perché le tematiche da lui trattate investono tutte le sfere dell’universo umano.

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È questa soprattutto la peculiarità che rende Mauriac un grande scrittore: la sua principale attenzione è rivolta al singolo in lotta contro se stesso e contro la società. E se Dio emerge nei suoi romanzi come l’unico rifugio per la serenità dell’uomo, lo si deve attribuire solo al bisogno dello scrittore di condividere la sua sincera concezione con gli altri. Ma Mauriac decide di nascondere Dio o di lasciarlo appena intravedere, come se stesse in attesa di riempire il vuoto dei suoi personaggi, suscitando così le aspre critiche dei conservatori cattolici.

Che Dio preferisca gli imbecilli è una una voce che gli imbecilli fanno circolare da diciannove secoli. François Mauriac.

Che Dio preferisca gli imbecilli è una voce che gli imbecilli fanno circolare da diciannove secoli.
François Mauriac.

Se Mauriac è amato anche dai non credenti lo si deve proprio alla sua profonda sincerità, al suo spirito critico e alla sua aperta disubbidienza alla Chiesa, vista come un’istituzione per lo più politica, ipocrita e lontana dai precetti da cui ha tratto origine il cristianesimo. Il suo principale obiettivo è quello di difendere l’umanesimo e il cristianesimo dall’avvento del naturalismo e del romanticismo, rendendo visibile quel processo di degenerazione della borghesia senza mai scadere nella volgarità del linguaggio.

Sotto le fasce spesse dei nostri atti, rimane intatta la nostra anima di bambino, l'anima fugge al tempo. François Mauriac

Sotto le fasce spesse dei nostri atti,
rimane intatta la nostra anima di bambino,
l’anima fugge al tempo.
François Mauriac

Nato a Bordeaux, l’undici ottobre del 1885 da una benestante famiglia borghese, perde il padre ancora bambino e viene cresciuto dalla madre e dalla nonna secondo i dettami del cattolicesimo. Compie gli studi in una scuola religiosa e si laurea in lettere presso l’Università di Bordeaux.
Mostra sin da giovane una grande passione per la lettura e in particolar modo per Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine.

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Dopo la laurea si trasferisce a Parigi nel 1906 per partecipare al concorso di abilitazione all’insegnamento all’École des Chartres ma, nonostante vinca il concorso, decide di dedicarsi interamente alla letteratura a partire dal 1909. Il suo esordio letterario prende il via con una raccolta di poesie dal titolo “Le Mani Giunte“, seguita dal romanzo “Il bambino in catene“. Sin dalle prime opere si nota, anche se ancora in modo appena accennato, l’ispirazione religiosa che conduce alla scrittura questo giovane autore.
Nel 1913 convola a nozze con Jeanne Lafon e, chiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale, viene subito congedato per problemi di salute.

François Mauriac insieme a Jeanne Lafon.

François Mauriac insieme a Jeanne Lafon.

Il suo amore per la letteratura cresce ogni giorno di più insieme al suo instancabile attivismo che lo vede collaborare con Gaulois e Le Figaro per promuovere un manifesto indirizzato ai cattolici per invitarli a prendere una posizione ben chiara contro il franchismo. Le sue idee libertarie e democratiche lo portano non solo a criticare ferocemente i regimi totalitari, ma anche a schierarsi senza esitazione con la Resistenza negli anni bui dell’occupazione tedesca. Da non dimenticare nemmeno la sua posizione critica nei confronti del colonialismo francese e italiano. La sua solidarietà con i movimenti d’indipendenza dei popoli d’oltremare mostra il suo ideale politico che trae ispirazione dal cristianesimo e dalla fraternità. Naturalmente questo suo temperamento ribelle nei confronti dell’ingiustizia gli procura non pochi nemici tra i conservatori e la Chiesa, quasi sempre schierati con chi detiene il potere.

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La sua opera può essere collocata nella corrente di scrittori e filosofi esistenzialisti cristiani che hanno cercato di condividere l’etica cristiana, esaminando i problemi dell’umanità e suggerendo azioni che s’ispirano ai precetti morali del cristianesimo. La sua produzione letteraria non racchiude solamente romanzi, ma anche saggi di notevole interesse che analizzano i problemi psicologici dei credenti e lavori teatrali che affrontano le stesse tematiche dei suoi romanzi. Nel corso della sua vita ottiene molti premi prestigiosi, tra cui, oltre al già citato Nobel per la Letteratura anche il Grand Prix du Roman e la più alta onorificenza attribuita dalla Francia, la Legion d’onore.
Si spegnerà a Parigi il primo settembre del 1970.
Tra le sue opere più celebri bisogna ricordare “La toga pretesta” (1920), “La carne e il sangue” (1920) “Il bacio al lebbroso” (1922), “Thérèse Desqueyroux” (1927) e “Groviglio di vipere” (1932).
Nel 2012 il regista Claude Miller ha realizzato il film “Thérèse Desqueyroux” tratto dall’omonimo romanzo del nostro scrittore.

Una scena del film "Thérèse Desqueyroux" diretto da Claude Miller e tratto dall'omonimo romanzo di François Mauriac.

Una scena del film “Thérèse Desqueyroux” diretto da Claude Miller e tratto dall’omonimo romanzo di François Mauriac.

Di questo indimenticabile scrittore è uscita una biografia, scritta da Jean-Luc Barré, “François Mauriac. Biographie intime, 1940-1970 (Documents), che sembrerebbe dimostrare l’omosessualità repressa di Mauriac già sospettata da alcuni studiosi.

Copertina del libro "François Mauriac. Biographie intime, 1940-1970 (Documents)".

Copertina del libro “François Mauriac. Biographie intime, 1940-1970 (Documents)”.

Di seguito alcune citazioni e brani tratti dai suoi scritti.

Non si devono accettar cortesie, quando poi non si è in grado di ricambiarle. François Mauriac

Non si devono accettar cortesie, quando poi non si è in grado di ricambiarle.
François Mauriac

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Tra tutti gli uomini il romanziere è quello che assomiglia di più a dio: è la scimmia di dio.
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Il capro espiatorio ha sempre avuto il misterioso potere di scatenare il feroce piacere dell’essere umano di torturare, corrompere e confondere.
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Non sento il minimo desiderio di giocare in un mondo dove tutti si mettono a barare.
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Come sei buffo, Bernard, con la tua paura della morte! Non hai mai, come me, il sentimento profondo della tua inutilità? No? Non pensi che la vita di gente come noi assomigli già terribilmente alla morte?
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Che cosa può temere? Quella notte passerà, come tutte le notti; domani il sole si alzerà: è sicura di uscirne, qualsiasi cosa accada. E niente di peggio può accadere di quest’indifferenza, di questo distacco totale che la separa dal mondo e persino da se stessa. Sì, la morte in vita: Thérèse assapora la morte quanto può assaporarla un essere vivente.
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Non ci vuole poi molto ad essere brillanti: basta dire sempre il contrario di ciò che è ragionevole. François Mauriac

Non ci vuole poi molto ad essere brillanti: basta dire sempre il contrario di ciò che è ragionevole.
François Mauriac

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Come spiegarle? Non capirebbe che io sono colma di me stessa, che mi occupo interamente. Anne aspetta solo di avere dei figli per annullarsi in loro, come ha fatto sua madre, come fanno tutte le donne della famiglia. Io, invece, bisogna sempre che mi ritrovi; tento in ogni modo di raggiungere me stessa… […] È bello questo dono di sé fatto alla specie; sento la bellezza di questo cancellarsi, di questo annullarsi… Ma io, ma io…
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[…] il pensiero è ribelle: impossibile impedirgli di correr dove vuole […].
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La disperazione romantica non mi tocca più. Soffrire per causa della creatura che si ama, è, nell’ordine umano, una forma di felicità. Non mi impietosisco più su Werther, ma sull’innocente perseguitato.
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