L’indomabile Doris Lessing, breve ritratto di una scrittrice scomoda

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lessing 1Vincitrice del premio Nobel per la Letteratura nel 2007, Doris Lessing è stata una grande scrittrice britannica spesso al centro di numerose polemiche dovute alla sua personalità poco malleabile e tutt’altro che disposta a tener nascosto il proprio pensiero sull’ipocrisia della società. Le sue opere spaziano attraverso numerosi generi e toccano varie tematiche sociali, il suo infinito amore per i gatti, l’autobiografia e persino la fantascienza, della quale si serve per indurre riflessioni sulle conseguenze della devastazione ambientale dell’uomo presentando scenari apocalittici di catastrofi naturali.
Donna ribelle che rigetta ogni etichetta pronti ad affibbiarle, trascorre la sua vita in tre continenti diversi e queste sue esperienze fluiscono nelle pagine dei suoi libri in cui si fondono con uno stile realistico e dettagliato, ma mai pretenzioso, la sua ironia spesso abrasiva e lo scetticismo nei confronti della stessa esistenza la cui decisione di viverla fino alla fine è quasi vista come una scelta eroica.
Così come Virginia Woolf, Jane Austen ed Emily Dickinson dedica la sua esistenza alla scrittura, sorta da un’attenta osservazione del mondo in cui la dimensione di ogni esistenza è strettamente connessa alle altre senza che venga minimamente contemplata la possibilità di sciogliere quell’indissolubile legame. I rapporti umani vengono descritti attraverso quelle azioni quotidiane, familiari a tutti noi, assurgendo a simbolo di un riparo o di una liberazione da vicende spesso segnate dal dolore, ma che da esso non si lasciano sconfiggere.

Doris Lessing insieme alla madre.

Doris Lessing insieme alla madre.

Doris May Tayler, questo il suo vero nome, nasce il 22 ottobre 1919 a Kermanshah, in Persia, (l’attuale Iran Occidentale).
Il padre, ex ufficiale dell’esercito britannico, durante la prima guerra mondiale subisce delle gravi mutilazioni e, dopo essersi sposato, decide di abbandonare l’Inghilterra. Trova un lavoro come impiegato in banca nella città in cui nasce la figlia Doris, e dopo poco tempo la famiglia lascia l’Iran per stabilirsi nella colonia britannica della Rhodesia meridionale (l’attuale Repubblica dello Zimbabwe) dove riesce ad ottenere dal governo una concessione territoriale in cui poter gestire la coltivazione del mais. Tuttavia l’attività intrapresa non gli consente di realizzare il sogno di diventare ricco.
I primi anni di vita di Doris trascorrono insieme al fratellino in quella fattoria dello Zimbabwe a stretto contatto con la natura africana, ma la madre detesta la campagna ed impone alla figlia comportamenti e atteggiamenti da ragazzina di buona famiglia inglese. Per ottenere lo scopo che si prefigge la costringe a frequentare la scuola in un collegio cattolico e successivamente, quando Doris compie quattordici anni, la Salisbury High School for Girls. Tali esperienze scolastiche asfissiano lo spirito libero insito nella ragazzina e la inducono ad abbandonare la scuola continuando gli studi da autodidatta.
I contrasti con la madre si acutizzano e delle difficoltà nella relazione tra madre e figlia ne parlerà sovente nei suoi romanzi.
Nel 1933 abbandona la fattoria e si trasferisce a Salisbury dove trova lavoro come bambinaia. Presso la famiglia in cui lavora non le viene negato lo spazio per leggere ed è proprio in quegli anni che comincia a porre le basi per la propria formazione culturale. Non si limita a libri di letteratura, la sua vivace curiosità la spinge anche ad approfondire tematiche sociologiche e politiche. Particolarmente sensibile, nutre una profonda avversione verso la segregazione razziale e l’aberrante comportamento discriminatorio dei colonizzatori nei confronti delle popolazioni indigene. Proprio la stessa Doris, ricordando quel periodo, lo descrive con le seguenti parole: «ero in balia di un ardente desiderio erotico, che aveva preso il posto delle passioni romantiche dell’infanzia».
lessing 2Il suo amore per la scrittura nasce già dai tempi in cui vive in campagna con i genitori e con la fuga dai banchi di scuola si accresce.
Dopo aver lavorato come bambinaia, trova altri impieghi come centralinista e segretaria. Ed il suo tempo libero lo dedica principalmente alla lettura e alla scrittura.
Divora inizialmente i libri di Dickens e di Kipling, per poi proseguire con la lettura di Lawrence, StendhalTolstoj e Dostoevskij.
Attivista per i diritti umani, si sposa nel 1939 con Frank Charles Wisdom. Da quel matrimonio nasceranno due bambini, ma ben presto le incomprensioni tra i coniugi emergono ogni giorno di più e la donna divorzia dal marito nel 1943, lo stesso anno in cui sorge in Doris il desiderio di entrare a far parte del Partito Comunista e di sposare l’attivista politico tedesco Gottfried Lessing da cui prenderà quel cognome con cui è nota. Perché prende la tessera di tale partito?
È la stessa scrittrice a spiegarlo: «Si diventava comunisti per una forma di cinismo nei confronti del proprio governo – questa era la prima cosa. O perché ti eri innamorato di una comunista, com’era successo a Gottfried Lessing. O perché qualcuno ti portava a un raduno e ti sentivi travolto da un’emozione collettiva. Perché ti avevano portato a un raduno di partito e avevi trovato affascinante l’atmosfera di cospirazione. O per l’idealismo che c’era nel partito. Perché avevi una predilezione per l’eroismo o la sofferenza. Nel mio caso fu perché per la prima volta nella mia vita incontrai un gruppo di persone (e non individui isolati) che leggevano di tutto, non pensavano che leggere fosse una cosa straordinaria, e per le quali alcune mie riflessioni sulla questione indigena, che a stento avevo osato esprimere ad alta voce, erano semplici luoghi comuni. Diventai comunista a causa dello spirito dei tempi».
Anche il matrimonio con Gottfried, da cui nasce un figlio, fallisce miseramente e la coppia divorzia nel 1949.

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Insofferente alla mentalità provinciale della Rhodesia decide di partire per stabilirsi a Londra. Ha appena ventinove anni, porta con sé il figlio Peter avuto con Lessing, poco denaro ed il manoscritto “L’erba canta“, già terminato qualche anno prima, in cui denuncia la segregazione razziale. La sua determinazione nel diventare una scrittrice ottiene un primo riconoscimento con il successo del suddetto libro, pubblicato nel 1950.

Dopo aver raggiunto questo primo traguardo la sua vena creativa non si arresta e nel corso della sua vita pubblicherà più di cinquanta libri tra cui bisogna menzionare “Il taccuino d’oro“(1962) di cui ne consiglio vivamente la lettura per comprendere il singolare cammino introspettivo dell’autrice che, con un linguaggio raffinato e coinvolgente, penetra coraggiosamente negli abissi del proprio animo, analizzando nello stesso tempo le incertezze del periodo storico postbellico, le difficoltose e spesso ambigue relazioni tra le donne e l’apparentemente mutato rapporto tra uomini e donne. La sua spietata crudezza nel mettere in luce la futilità di oceani di parole fasulle che imprigionano quell’inquietudine esistenziale dell’uomo moderno scaraventano il lettore dentro il cuore di una donna della cui onestà letteraria, prerogativa dei suoi romanzi, è impossibile restare indifferenti.
La scrittrice, in quasi tutti i suoi romanzi, come già sottolineato prima, indugia sulla relazione burrascosa con la propria madre e, a tal proposito, l’anglista Maria Antonietta Saracino interpreta così tale ossessione: «la scrittura è per Lessing il mezzo per tener acceso il rapporto con la madre».
La stessa Doris, riferendosi alla propria madre, dichiara: «È stata lei ad aprirmi le porte della scrittura, ad aprirmi le porte di un mondo in cui le sarei sfuggita per sempre».

Bandita dal Sudafrica e dallo Zimbabwe per le sue feroci critiche alla segregazione razziale, così come tutte le persone veramente libere e insofferenti alle incoerenze e contraddizioni insite nei giochetti politici di tutte le ideologie, alla fine degli anni ’50 abbandona il Partito Comunista e da quel momento non si legherà più ad alcuna aggregazione politica.
La produzione letteraria di Doris continua negli anni ’70 trasferendo il suo interesse allo stato mentale degli esseri umani costretti a vivere in una società dominata dalla tecnologia. Interessante soprattutto “Memorie di una sopravvissuta” in cui la protagonista osserva i mutamenti intorno a lei cercando il modo di comprenderne un significato che le sfugge ed il cui linguaggio adoperato si tramuta in oggetto della vicenda narrata.
Dopo la pubblicazione di alcuni libri fantascientifici, la nostra instancabile scrittrice decide di tornare al romanzo realista con la pubblicazione de “La brava terrorista” (1985), e “Il quinto figlio” (1988).

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Continua il suo attivismo collaborando con un’organizzazione di volontari e recandosi nel 1986 in Pakistan per toccare con mano la triste realtà dei profughi. Da quella toccante esperienza nascerà il libro “Il vento disperde le nostre parole” dove denuncia la tragedia afgana di cui nessuno parla; uno su tre cittadini afgani ha perso la vita oppure vive nei campi profughi. Con quel libro cerca di scuotere la coscienza di un mondo indifferente ed il suo tentativo appassionato di cambiare la situazione emerge in quelle pagine commoventi scritte da una donna che ha sempre sognato un mondo diverso, pur nell’amara consapevolezza che mai nulla potrà mutare.
Tra le sue numerose opere bisogna menzionare “Gatti molto speciali“, “Racconti londinesi” e “Il sogno più dolce“. Quest’ultimo, anch’esso palesemente autobiografico, deve il suo titolo a quel sogno infranto del comunismo a cui molti intellettuali dell’epoca avevano aderito.
Molto interessante la sua provocazione nei confronti dell’editoria che tende ad emarginare gli scrittori esordienti quando pubblica sotto falso nome il “Diario di Jane Somers“, inizialmente un fiasco colossale e mostrando così la sua teoria che «Niente ha più successo del successo», quando, dopo aver scoperto l’inganno, il libro viene poi pubblicizzato e applaudito calorosamente dalla critica.


Personaggio indomabile e provocatorio, lotta per tutta la vita contro tutti coloro che vogliono a tutti i costi affibbiarle l’etichetta di “comunista” o di “femminista”. Rifiuta in particolar modo quest’ultima, così definendo i suoi sentimenti riguardo il femminismo e certi estremismi in quella difesa a spada tratta della donna, un essere complesso come ogni altro individuo di qualsiasi sesso: «A volte non mi piacciono le donne, non mi piace nessuna di noi a causa della nostra capacità di non-pensiero quando ci fa comodo. A volte scegliamo di non pensare quando stiamo raggiungendo la nostra felicità.»
Vincitrice di molti prestigiosi premi letterari, nel 2007 le viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: «cantrice dell’esperienza femminile che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa». I suoi commenti su tale premio mostrano quell’acuto senso critico che l’accompagna fino alla morte: «È tutto uno scherzo. Il Premio Nobel è gestito da un comitato che si autocelebra. Votano per se stessi e ottengono che l’industria editoriale si allinei ai loro gusti…». (Tratto da un’intervista al Telegraph). L’anno seguente dichiara sul Time: «Se posso essere maliziosa, la Svezia non ha nient’altro. Non hanno una grande tradizione letteraria, così mettono tutto nel Nobel».
Si spegne nel sonno nel suo appartamento londinese il 17 novembre del 2013.
E mi piace l’idea di continuare ad immaginarla così come tutti i grandi della letteratura; sommersa da libri e quadri, spesso distesa sopra un divano rosso condiviso con uno dei suoi tanti gatti che hanno attraversato la sua vita e intenta a scrivere un nuovo libro. Di seguito alcune sue citazioni che ci aiuteranno a comprendere la personalità appassionata e appassionante di Doris. Qui si può trovare l’elenco completo di tutte le sue opere.

C’è solo un modo per leggere, che è quello di girare per biblioteche e librerie, raccogliendo i libri che vi attraggono e leggendo solo quelli. Lasciandoli da parte quando vi annoiano, saltando le parti che trascinano e mai, mai leggere nulla perché vi sentite in dovere, o perché è parte di una tendenza o di un movimento. Ricordate che il libro che vi annoia quando avete venti o trent’anni aprirà le sue porte per voi quando ne avrete quaranta o cinquanta e viceversa. Non leggete un libro al di fuori del suo momento giusto per voi.
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Pensa in modo sbagliato, se vuoi, ma in ogni caso pensa con la tua testa.
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Studiare è questo. Improvvisamente si comprende qualcosa che si era capita da tutta una vita, ma da un nuovo punto di vista.
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Quando si conoscono i gatti, quando si è passata una vita insieme ai gatti, quel che rimane è un fondo di sofferenza, un sentimento del tutto diverso da quello che si deve agli umani, un misto di dolore per la loro incapacità di difendersi, di senso di colpa a nome di tutti noi.
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Chi non ha guardato negli occhi un bambino almeno una volta, leggendovi una critica, lo sguardo accigliato e consapevole di un prigioniero?
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Molte persone sanno che devono fare qualcosa, che dovrebbero fare qualcos’altro, non solo vivere alla giornata, dipingendosi il volto e decorando le caverne e giocando brutti tiri ai rivali. No. Prima di morire devono fare qualcos’altro.
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In una società come la nostra, organizzata per favorire i conformisti, i mediocri e gli ubbidienti, la sensibilità e la capacità di percezione straordinarie dell’eroe, o del protagonista, finiscono per essere un impedimento.
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L’uomo ha capito e poi dimenticato che la sua mente, la sua carne, la sua vita e i suoi movimenti sono fatti della materia delle stelle, del sole, dei pianeti.
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Ciascuna generazione sembra lanciare un grido di angoscia, come se fosse stata tradita, venduta, svalutata. Ogni generazione sogna qualcosa di meglio per i propri giovani, ogni generazione saluta l’approdo dei propri giovani all’età adulta con delusione segreta ma profonda.
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Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è ‘Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più’. Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione.
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Se un pesce è la personificazione, l’essenza stessa del movimento dell’acqua, allora il gatto è diagramma e modello della leggerezza dell’aria.
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La mia vita fino al momento in cui Freddie cominciò a morire era una cosa, poi diventò un’altra. Fino a quel momento mi ero sempre considerata una brava persona. Come tutti, voglio dire, questo lo so. Come la gente con cui lavoro, principalmente. Ora so che non mi ero mai posta la domanda di come fossi in realtà, che avevo solo preso in considerazione il giudizio degli altri.
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Doris Lessing in 1962.
È terribile distruggere l’immagine che una persona ha di sé, nell’interesse della verità o di qualche altro concetto astratto. Come si può esser certi che questa persona saprà crearsene un’altra che le consenta di continuare a vivere?
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Gli uomini ogni volta mettono un tale impegno, nel farti sentire una puttana, e naturalmente un impegno del tutto inconscio, ed è qui che essi vincono.
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Quasi tutti gli uomini che si conoscono sono sposati con brave donne banali e noiose. Che cosa triste per loro.
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Quando si è bambini, le persone, gli animali, gli avvenimenti compaiono, vengono accettati, scompaiono, senza che venga data o chiesta alcuna spiegazione.
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Quanto è facile, a chi ne è privo, dimenticare l’amore, la gioia, il gusto di vivere.
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Tutti gli uomini che ho conosciuto si mostrano attratti verso le lesbiche, più o meno consciamente. Fa parte della loro incredibile vanità vedersi come i redentori di queste femmine perdute.
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Possiamo abituarci a qualsiasi cosa; va bene, è un luogo comune, ma forse bisogna viverle, certe esperienze, per coglierne fino in fondo l’orribile verità.
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È mai esistita una generazione che non abbia osservato, stupefatta – anche se ormai dovrebbe essere un dato acquisito – gli arrabbiati, i delinquenti e i ribelli della propria gioventù diventare i rappresentanti delle posizioni più moderate?
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… ho imparato che risentimento e rabbia sono reazioni impersonali. Sono la malattia delle donne del nostro tempo. Li avverto sul viso delle donne, nelle loro voci ogni giorno, e nelle lettere che arrivano in ufficio. Il sentimento della donna: il risentimento contro l’ingiustizia, un veleno impersonale. Quelle sfortunate che non sanno che è impersonale lo rivolgono contro i loro uomini. Le fortunate, come me, lo combattono. È una lotta stancante.
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Quello che non riuscivo a smettere di pensare, però, era che avevo deluso Freddie, che avevo deluso mia madre, e che in definitiva ero quel tipo di persona. Se dovesse succedere qualcos’altro, se dovessi affrontare un’altra situazione difficile, come la malattia o la morte, se dovessi dire a me stessa, Ora, cerca di comportarti come un essere umano, non come una bambina – non ci riuscirei, non potrei. Non è questione di volontà, ma di chi si è, di come si è.
Ecco perché decisi di imparare qualcos’altro.
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Pensai che quello che io spendevo in un mese per l’acqua calda sarebbe bastato a cambiare la vita di Mrs. Fowler.
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Mi sono arrabbiata, là sui gradini, quando lei è entrata in casa senza parlarmi, probabilmente anche lei era arrabbiata, pensava, adesso stiamo esagerando! E seduta in quella stanza, con la gatta, ero furiosa, pensavo, bel modo di ringraziare! Poi l’irritazione se n’è andata per far posto al piacere di stare davanti al fuoco, con la pioggia che cadeva fuori. E ci sono sempre i momenti brutti, come quando devo prendere la tazza unta e bisunta e portarmela alle labbra: quando devo inalare le zaffate di quell’odore dolce e penetrante che emana da lei: quando vedo come mi guarda, a volte, il ribollire di qualche rabbia antica… E’ un’altalena di emozioni, ogni nostro incontro.
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Anche mentre scrivo questo diario, ho ben chiaro in mente l’occhio esterno, l’osservatore. Ciò significa forse che ho intenzione di pubblicare quello che sto scrivendo? Di certo non era questo che avevo in mente quando ho cominciato. È una cosa strana, questo bisogno di scriver giù le cose, come se non avessero un’esistenza propria fino a quando non sono registrate. Presentate.
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C’è un’altra storia, che mi raccontava sempre, questa: era disoccupata, perché aveva avuto l’influenza e aveva perso un lavoro di domestica. Stava andando a casa, col borsellino completamente vuoto, e mentre camminava, pregava, Dio mio, aiutami, Dio mio, ti prego, aiutami… Guardò per terra, e vide una moneta da mezza corona sul marciapiede. Disse, Dio mio, ti ringrazio. Entrò nel primo negozio, comperò una pasta al ribes, e la mangiò sui due piedi, tant’era affamata. Poi comperò pane, burro e marmellata, e un po’ di latte. Le restavano sei pence. Sulla via del ritorno, entrò in chiesa, infilò i sei pence in una scatola per le offerte, e disse a Dio, Tu mi hai aiutato, e ora io aiuto Te.
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Due anni dopo tornò in Rhodesia. Era stata respinta. Dal clima, perché non ricordava più quanto potesse essere inclemente. E da sua figlia, che non voleva il suo aiuto. Non lo voleva, anche se ne aveva bisogno, lo si vedeva benissimo.
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…e non c’è dolore che non sia il ripetersi di qualcosa, da tempo dimenticata, che torna ad esprimersi attraverso una sofferenza indicibile, attraverso giorni di pianto, solitudine, consapevolezza di essere stati traditi – e tutto per colpa di un gatto, piccolo, magro, moribondo.
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Mi rendo conto di aver vissuto momenti della storia che sembravano immortali. Ho visto il nazismo di Hitler e il fascismo di Mussolini, che sembravano destinati a durare mille anni. E il comunismo dell’Unione Sovietica, che si credeva non sarebbe finito mai. Ebbene tutto questo oggi non esiste più. E allora perché mi dovrei fidare delle ideologie?
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Può darsi che Maudie sia solo pelle e ossa, ma il suo corpo non ha quell’aspetto distrutto, sconfitto della carne che affonda nelle ossa.
Maudie era gelata, era malata, era debole – ma sentivo qualcosa pulsare dentro di lei: la vita.
Com’è tenace, la vita.
Non ci avevo mai pensato prima; non l’avevo mai recepita in quel modo, non come in quel momento, mentre lavavo Maudie Fowler, una vecchietta arrabbiata e indomita.
All’improvviso ho capito che tutta la sua vitalità risiede in quella rabbia.
Non devo, non devo assolutamente risentirmene, non devo reagire violentemente. …. le ho lavato le parti intime, e per la prima volta ho pensato davvero al significato di quella espressione.
Maudie soffriva orribilmente proprio perché una sconosciuta stava invadendo la sua intimità.
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