Agli inizi del 1796, un’apparentemente pacata e mite ragazza inglese di Steventon, piccola cittadina situata nella contea di Hampshire, in Gran Bretagna, abbandona le consuete attività quotidiane che colmano il lungo e noioso trascorrere della vita delle giovani coetanee della piccola e media borghesia, ed inizia a scrivere un romanzo.
La giovane donna ha appena ventidue anni ed il suo non è affatto un caso insolito. Sono molte le ragazze in quel periodo a scrivere per evadere dalla noia di giornate interminabili dedicate al ricamo e in attesa del matrimonio che avrebbe loro “mutato” la vita e da fanciulle sognanti e annoiate sarebbero divenute pragmatiche amministratrici del focolare domestico.
Alcune di esse si limitano a tenere un diario, altre, così come Jane, scrivono dei romanzi. Di solito le ragazze in attesa del matrimonio scrivono storie molto romantiche e melense, secondo il gusto del tempo. Romanzi destinati a finire sistematicamente dentro un cassetto e riletti solamente poche volte nella vita, per sorridere, forse con amarezza, di quelle emozioni giovanili annotate per ingannare il tempo.
Ma il caso di Jane Austen, questo il nome della ragazza che si avventura nel mondo della narrativa, si differenzierà notevolmente da quello delle sue coetanee. Quando comincia a leggere ai familiari quelle pagine scritte di getto, la sorpresa coglie chi si trova dinnanzi a qualcosa che nulla ha da spartire con i languori sentimentali e le fantasticherie di una qualunque ragazza borghese.
I parenti di Jane, ed in particolar modo il padre, restano colpiti da quella fluida ed incantevole narrazione da cui emerge una galleria di ritratti e di eventi delineati con enorme sagacia ed un’affettuosa ironia tipicamente britannica che talvolta sfocia nel sarcasmo.
In dieci mesi il primo romanzo di Jane viene portato a termine e il padre della scrittrice, positivamente colpito dal talento della figlia, si prodiga affinché l’opera venga letta da un editore. Ma la speranza di una pubblicazione s’infrange con la risposta negativa ricevuta da una casa editrice che non ritiene il romanzo degno di essere pubblicato, probabilmente perché molto differente dai libri in voga in quell’epoca e di cui non s’intravede il successo tra i lettori.
La giovane scrittrice non si arrende.
L’anno successivo scrive un altro romanzo ed il padre lo presenta ad un altro editore.
Nessun riscontro nemmeno in questo caso, e non avrà sorte migliore il terzo, una deliziosa parodia di un genere di romanzi che incontrano il successo del pubblico di quel periodo, quei cosiddetti “romanzi neri” contraddistinti da passioni estreme, castelli in rovina ed inquietanti cimiteri.
Alla terza delusione, Jane sembra abbandonare ogni velleità artistica; riprende la sua solita vita familiare, ma nonostante a quei tempi il matrimonio sia considerato il percorso finale e fondamentale di ogni giovane donna perbene, e la ragazza sia piuttosto attraente, la scrittrice non si sposerà mai.
La sua rinuncia ad ogni ambizione creativa è solo apparente; dopo quindici anni riesce a far pubblicare i suoi due primi romanzi riprendendo quell’attività letteraria interrotta.
Investita da un immediato successo, la timida e schiva Jane aveva pubblicato le sue opere in forma anonima. E dei sei romanzi scritti solo gli ultimi due recheranno il suo nome quando ormai, affetta da una malattia incurabile, è già stata seppellita.
Considerata una delle maggiori figure letterarie della narrativa inglese, si burla degli eccessi di una società piccolo borghese fondata sull’ipocrisia e sull’accettazione stoica di regole ferree e spesso distruttive. La sua minuziosa descrizione della vita incolore della provincia inglese, piattamente uniformata a consuetudini dettate da regole di rispettabilità e apparenza, manifesta una continuità di tematiche, trattate con ironia e leggerezza, ma dense di profondità nelle emozioni dei protagonisti ritratti.
Nata il 16 dicembre del 1775 a Steventon, un villaggio dello Hampshire dove il padre è pastore della chiesa del paese, quella timida ragazza inglese interrompe gli studi ad undici anni e prosegue da autodidatta la sua istruzione, divorando avidamente libri di ogni genere. Comincia già a scrivere a dodici anni dilettando con le sue storie la propria famiglia.
Nel 1801 si trasferisce a Bath, una bellissima città termale che Jane non ama molto a causa della sua frenesia e della superficialità della gente con cui viene in contatto. In questo periodo Bath è ritenuta una città alla moda e sono in molti a frequentarla per pura vanteria. L’esperienza vissuta con sentimenti altalenanti in quella città servirà però a Jane per ampliare le proprie conoscenze sulla società di quel periodo. Dopo quattro anni, alla morte del padre, Jane, insieme alla madre e alla sorella Cassandra, si trasferisce a Southampton e poi in un modesto cottage a Chawton, una piccola cittadina vicino a Winchester, dove Jane completa i romanzi che le daranno notorietà in tutto il mondo. In quel cottage trascorrerà gli ultimi anni della sua vita.
Un’esistenza svolta tra le pareti domestiche; Jane non viaggia, né frequenta circoli letterari. Una vita vissuta strettamente nell’ambito familiare e con un legame particolarmente stretto con la sorella maggiore, Cassandra, anch’essa non sposata, a causa della morte per febbre gialla del fidanzato.
Jane accetta e poi rifiuta una proposta di matrimonio, forse perché ancora innamorata di un amico di famiglia, Tom Lefroy. Le due sorelle vivranno sempre insieme e si scriveranno assiduamente durante i periodi di separazione.
Jane si spegnerà ad appena quarantadue anni, il 18 luglio del 1817, a causa del morbo di Addison. Il suo corpo è seppellito nella cattedrale di Winchester.
Poche sono le notizie a noi pervenute sulla vita di Jane Austen; delle numerose lettere da lei scritte, la maggioranza sono state bruciate dalla sorella Cassandra, forse perché non voleva che fossero resi pubblici i sentimenti più intimi della scrittrice. Dalle poche lettere a noi pervenute si evince che, nel 1795, la giovane Jane conosce Thomas Langlos Lefroy e se ne innamora, ma la famiglia di lui ne impedisce l’unione perché ritiene la ragazza socialmente inadeguata al ceto di appartenenza di Tom. Jane, come già evidenziato prima, resterà nubile per tutta la vita, rifiutando qualsiasi proposta di matrimonio.
Universalmente nota per sei suoi romanzi, di cui sono anche famose le numerose trasposizioni cinematografiche, dalla loro lettura emerge un certo isolazionismo culturale della scrittrice che mette in rilievo solamente quel segmento di società a lei conosciuto. Non scrive mai niente che sia sfuggito alla sua osservazione. Due, infatti, sono le classi sociali da lei descritte: la media e l’alta borghesia inglese. In fondo, a parte l’esperienza vissuta a Bath, Jane vive la maggioranza degli anni della sua vita in zone dell’Inghilterra distanti dalla vita mondana e dai problemi socio-politici vissuti nell’Inghilterra di quel periodo.
Le trame dei suoi romanzi sono per lo più esili; ciò che infatti colpisce maggiormente la nostra attenzione è la “pittura d’ambiente” delineata in gustosi dialoghi e nei ritratti vivacissimi dei personaggi che ha creato.
Quella timida ragazza inglese si rivela un’attenta osservatrice in grado di tradurre le sue emozioni in una prosa di altissimo livello, mettendo in risalto le pieghe più sottili dei suoi ritratti, in modo particolare quelli femminili, e di mettere ben a nudo i vuoti e frivoli giochetti dei piccoli intrighi borghesi.
Giochetti fatui, ma talvolta un po’ crudeli.
E lo fa senza alcuna retorica, senza clamore, così come si svolge la sua esistenza ricostruita stentatamente attraverso le poche lettere sopravvissute al rogo.
Unica nella descrizione e nell’analisi psicologica dei personaggi che animano i suoi romanzi, delineati efficacemente attraverso conversazioni molto realiste, viene definita da Virginia Woolf «l’artista più perfetta tra le donne».
Nei suoi romanzi, “Ragione e Sentimento“, “Orgoglio e Pregiudizio“, “Mansfield Park“, “Emma“, “L’abbazia di Northanger” e “Persuasione“, i personaggi che emergono vengono descritti in modo dettagliato senza trascurarne alcuna sfumatura dell’animo e lasciando così trasparire la sferzante ironia e l’affilato senso dell’umorismo dell’autrice.
Jane Austen è la prima scrittrice che analizza l’universo femminile in modo approfondito descrivendone i pregi così come i difetti, senza però lasciar trasparire alcun giudizio. Nelle sue opere, la corruzione della città in contrasto con la purezza della vita in campagna, rappresenta un’occasione di satira e s’intravede altresì una sottile nostalgia per qualcosa che la scrittrice non è riuscita a vivere in modo completo e a cui a noi è lasciato immaginare attraverso le parole dei suoi romanzi e di quel che resta seppellito nelle lettere bruciate dalla sorella.
Ma la denuncia sociale del ruolo della donna in quel periodo storico non è difficile da riscontrare nell’opera di Jane, che evidenzia l’ipocrisia di una società in cui l’amore e il matrimonio vengono sottoposti, in particolar modo per la donna, ad un’asfissiante prigionia di logoranti regole e consuetudini sociali.
Dietro ogni figura vibrante e reale, tratteggiata con inusitata profondità, si manifesta una complessità che la scrittrice lascia immaginare, invitandoci ad andare oltre l’apparenza suscitata dalle impressioni. Classismo ed ingiustizie sociali vengono descritte in modo geniale. E lo sguardo ironico di Jane Austen, che tratta tematiche sociali rilevanti con apparente leggerezza, suggerisce una riflessione sui costumi di un’epoca apparentemente molto lontana da quella contemporanea, spalancando una finestra da cui scrutare le innumerevoli sfaccettature della società di ieri e di oggi.
Di seguito una raccolta dei brani più significativi dei suoi romanzi nati da un’osservazione attenta della società di cui Jane ne ha sorriso divertita.
Vanità e orgoglio sono due concetti ben diversi. Si può essere orgogliosi senza essere vanitosi. L’orgoglio si collega piuttosto all’opinione che abbiamo di noi stessi, la vanità è ciò che desidereremmo fosse l’altrui opinione.
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Chi non cambia mai la propria opinione ha il dovere assoluto di essere sicuro di aver giudicato bene sin da principio.
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A che scopo dobbiamo vivere, se non per essere presi in giro dai nostri vicini e ridere di loro a nostra volta?
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Ma è comunque una vera fortuna avere qualcosa ancora da desiderare. Se tutto fosse perfetto dovrei aspettarmi sicuramente qualche delusione.
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Del passato interessa solo quello che, a rammentarlo, dà piacere.
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Posso vantarmi di essere la donna più ignorante e meno istruita che abbia osato diventare scrittrice.
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Sono poche le persone a cui io voglio veramente bene e ancor meno sono quelle di cui io nutro una buona opinione. Più conosco il mondo e meno ne sono entusiasta: ogni giorno che passa mi conferma nel mio giudizio sull’instabilità dei caratteri e sullo scarso affidamento che va fatto su ciò che può apparire merito o ingegno.
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È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie. E benché poco sia dato sapere delle vere inclinazioni e dei proponimenti di chi per la prima volta venga a trovarsi in un ambiente sconosciuto, accade tuttavia che tale convinzione sia così saldamente radicata nelle menti dei suoi nuovi vicini da indurli a considerarlo fin da quel momento legittimo appannaggio dell’una o dell’altra delle loro figlie.
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Una leggera preferenza è cosa abbastanza naturale, ma sono ben poche quelle fra noi così audaci da essere veramente innamorate senza esserne incoraggiate.
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L’orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli che tra noi non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità – reale o immaginaria – che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vana. L’orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi.
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Un progetto che promette soltanto delizie non è possibile che riesca; non si evita il disinganno totale se non pagandolo con qualche contrarietà particolare.
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Sono la creatura più felice dell’universo. Forse altri lo hanno detto prima di me, ma nessuno con tanta ragione.
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Ho lottato invano. Non c’è rimedio. Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti. Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami.
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Da quel momento fu giudicato per sempre: era il più orgoglioso, il più antipatico uomo che si potesse vedere, e tutti speravano che non sarebbe mai più tornato. La più accanita contro di lui era Mrs Bennet, la cui antipatia verso il suo contegno in genere era maggiormente inasprita da un risentimento particolare, dovuto al fatto che aveva disprezzata una delle sue figlie.
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Credo che in ogni temperamento vi sia una tendenza a qualche male particolare, un difetto di natura che neanche la migliore educazione riesce a vincere.
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Fin dall’inizio, fin dal primo istante, direi quasi, che l’ho conosciuta, i suoi modi, palesandomi appieno tutta la sua alterigia, la sua presunzione, il suo egoistico sdegno dei sentimenti altrui, furono tali da costituire quella base di disapprovazione sulla quale gli avvenimenti che seguirono hanno costruito una così irriducibile antipatia; e non era ancora un mese che la conoscevo che già sentivo che lei era l’ultimo uomo al mondo che mi sarei mai lasciata indurre a sposare.
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Le donne credono sempre che l’ammirazione significhi qualcosa di più di quello che è in realtà.
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La natura umana è così incline a trovarsi delle scuse!
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Amare la danza era un passo certo verso l’innamoramento.
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Non è forse l’asocialità la vera essenza dell’amore?
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Nutro un tale risentimento verso di me per la sciocca, scellerata follia del mio cuore, che adesso ogni passata sofferenza è per me trionfo ed esultanza.
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Nessun incanto è pari alla tenerezza del cuore.
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Una metà del mondo non riesce a capire i piaceri dell’altra metà.
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Ci sono persone che, quanto più si fa per loro, meno fanno per se stesse.
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Mr Knightley: “Non c’è che una donna sposata, a questo mondo, alla quale io possa permettere di invitare gli ospiti che le pare e piace”.
Mrs Elton: “La signora Weston, immagino”.
Mr Knightley: “No, Mrs Knightley, e finché non esiste, queste cose le sbrigo io”.
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Le sciocchezze smettono di essere tali se compiute da persone di giudizio.
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Che io sia affascinante non basta per indurmi al matrimonio; bisogna che, a mia volta, trovi affascinanti altre persone… o almeno una.
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È molto meglio scegliere che essere scelti, ispirare riconoscenza che sentirla.
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La vanità, quando agisce su una mente priva di forza, produce danni di ogni genere.
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Gli affari, lo sa, possono portare del denaro, ma l’amicizia raramente lo fa.
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Non perdonerei a un uomo di avere più musica che amore, più orecchio che occhio, una sensibilità più acuta per i bei suoni che per i bei sentimenti.
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Una sofferenza come la mia non ha orgoglio. Cosa mi importa se si saprà che sono disperata? Tutto il mondo può avere il trionfo di vedermi in questo stato. Quelli che non sanno cosa sia soffrire possono essere orgogliosi e indipendenti. Possono resistere agli oltraggi, o ricambiare le provocazioni. Io non posso farlo. Io devo soffrire, mi devo disperare, e che tutti quelli che vogliono godere di questo siano i benvenuti.
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La gente è eterna quando c’è un vitalizio da ricevere.
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Nella riservatezza c’è sicurezza, ma non attrazione. Non si può amare una persona riservata.
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V’è una cosa che un uomo può sempre fare, se vuole; ed è il suo dovere; non manovrando e lavorando d’astuzia, ma agendo con energia e risolutezza.
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Non voglio che la gente sia troppo simpatica: questo mi risparmia il disturbo di volerle molto bene.
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Passo il mio tempo tranquillissima e piacevolissimamente con Catherine. Miss Blachford è abbastanza gradevole; non desidero che la gente sia gradevolissima, in quanto mi salva dal problema di piacerle molto.
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Nessuno è irrimediabilmente sciocco se cerca di non esserlo.
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Una persona che sa scrivere una lunga lettera con facilità non può scrivere male.
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Quando a una donna viene il dubbio se accettare o meno un uomo, allora tanto vale che lo rifiuti. Se prova esitazione nel dirgli di sì, allora è meglio che gli dica direttamente di no.
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Uno non ama meno un luogo solo per averci sofferto, a meno che non sia stata tutta sofferenza, nient’altro che sofferenza.
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Per quello che mi riguarda, se un libro è ben scritto, lo trovo sempre troppo corto.
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Una donna, se ha la sfortuna di sapere qualcosa, dovrebbe sempre fare in modo di nasconderlo meglio che può.
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Credo di potermi vantare d’essere, con tutta la superbia possibile, la femmina più ignorante e peggio informata che mai abbia avuto il coraggio di diventare scrittrice.
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Ci sono stati venti Balli, e io li ho danzati tutti, senza stancarmi affatto – Sono stata contenta di scoprire che ero in grado di ballare a lungo e con tanta soddisfazione; – dopo essermi divertita così poco ai balli di Ashford (almeno dal punto di vista della danza), non pensavo di esserne all’altezza ma immagino che con il freddo e con poche coppie potrei benissimo ballare per una settimana di fila con lo stesso sforzo con cui ballo per mezz’ora.
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È giunto infine il giorno in cui flirterò per l’ultima volta con Tom Lefroy, e quando tu riceverai questa mia, tutto sarà finito – A questa malinconica idea, mi sgorgano le lacrime mentre scrivo…
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[…] Chi mi assiste è incoraggiante, e parla di completa guarigione. Vivo principalmente sul divano, ma ho il permesso di passeggiare da una stanza all’altra. Sono uscita una volta in portantina, e lo rifarò, e sarò promossa alla sedia a rotelle non appena il tempo lo permetterà. Su questo argomento voglio solo ancora dire che la mia carissima sorella, la mia tenera, attenta, instancabile infermiera, non si è ammalata per le sue fatiche. Riguardo a quanto le devo, e all’ansioso affetto di tutta la mia amata famiglia in questa circostanza, posso solo piangere, e pregare Dio di benedirli sempre di più.
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La vita non è altro che una veloce successione di cose inutili.
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Vi è una ostinazione in me che non tollera di lasciarsi intimidire dalla volontà altrui. Il mio coraggio insorge a ogni tentativo di farmi paura.
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Tutti possiamo provare un’attrazione, è abbastanza naturale; ma pochissime persone hanno abbastanza cuore da essere davvero innamorate senza incoraggiamenti.
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Che differenza c’è negli affari matrimoniali tra l’essere venali e l’essere prudenti? Dov’è che finisce la saggezza e incomincia l’avidità?
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[…] di viverla fino alla fine è quasi vista come una scelta eroica. Così come Virginia Woolf, Jane Austen ed Emily Dickinson dedica la sua esistenza alla scrittura sorta da un’attenta osservazione […]
[…] Così come Virginia Woolf, Jane Austen ed Emily Dickinson, dedica la sua esistenza alla scrittura, sorta da un’attenta osservazione […]
[…] leggere, ma scrivere. Sperimentare in prima persona i pericoli e le difficoltà delle parole. *** Jane Austen ha scritto romanzi. Sarebbe bene che i suoi critici li leggessero. […]
[…] primario di divertire, è particolarmente attratta da ogni stimolo culturale nuovo. A differenza di Jane Austen, in cui ciò che maggiormente conta affiora nella vivacità dei dialoghi, la grandezza di Eliot si […]
[…] Dostoevskij, Proust, O’Casey, Rilke, Garcìa Lorca, Keats, Rimbaud, Burns, Brönte, Austen, Henry James, Blake, Coleridge. Non farò alcun nome di autori ancora in vita. Penso che non […]