Il profondo senso di giustizia di Eduardo Galeano

«L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare».

Eduardo Galeano, biografia e citazioni
Coraggioso scrittore e giornalista uruguaiano, Eduardo Galeano è una delle figure più importanti della letteratura latinoamericana.  

Attento osservatore dei cambiamenti mondiali, Galeano ha dedicato tutta la sua vita alla denuncia dell’ingiustizia in tutte le sue varie forme e si è operato attivamente per contrastare il degrado del pianeta senza esitare a smascherare le devastanti conseguenze ambientali delle cartiere che stanno contaminando le acque del suo amato paese.
In un mondo dove la povertà è in continuo aumento e le grandi migrazioni del mondo stanno causando sconvolgimenti epocali, la sua voce, considerata scomoda da chi detiene il potere, oltre ad analizzare le trasformazione economiche e ambientali del nostro pianeta, ha evidenziato la subordinazione latinoamericana alla grandi potenze mondiali e le conseguenze brutali di tale sfruttamento.

Nato a Montevideo il 3 settembre 1940 da una famiglia della classe media, sin da giovane svolge diversi lavori prima di intraprendere la carriera giornalistica presso il settimanale Marcha di cui diviene il direttore. Dirige successivamente il quotidiano Época, senza far alcun mistero delle sue idee socialiste. Il colpo di stato militare del 1973 lo costringe, dopo un periodo di prigionia, a rifugiarsi in Argentina dove viene nominato direttore della rivista culturale Crisis, costretta poi a chiudere.
Indimenticabili le sue parole dopo l’avvenuta chiusura della testata giornalistica: « Si era trattato di un lungo atto di fede nella solidarietà umana e nel potere creativo della parola (…) E proprio perché Crisis credeva nella parola, ha adesso scelto il silenzio. Quando la dittatura militare gli ha impedito di esprimersi liberamente Crisis ha rifiutato di continuare a parlare.» È il 1976, l’anno in cui il sanguinario regime militare instaurato da Vileda prende il sopravvento sul governo di Peròn e il nome di Galeano viene inserito nella famosa lista degli “squadroni della morte“. Il giovane Galeano è ancora una volta destinato a rifugiarsi in un altro paese. Si trasferisce infatti in Spagna dove scrive la famosa trilogia Memoria del fuoco che rivisita la storia dell’America Latina denunciandone lo sfruttamento da parte dei poteri stranieri. Il racconto è strutturato in tre parti, Genesi, Facce e maschere e Il secolo del vento. I protagonisti sono quelle figure storiche che hanno caratterizzato la storia del continente latinoamericano a partire dal periodo precolombiano.

Eduardo Galeano, biografia e citazioni
E in quella da lui definita “Usurpazione della storia” si fondono elementi di storia e poesia che denotano lo stile unico di questa grande figura umana e letteraria difficile da classificare, così come evidenziato da Ronald Wright: «I grandi scrittori… dissolvono i vecchi generi per fondarne di nuovi…»
Torna in Uruguay nel 1985, quando Julio María Sanguinetti viene eletto democraticamente. La sua produzione letteraria, tradotta in più di venti lingue, si può considerare una sorta di radiografia del continente latinoamericano.
Tra le sue opere merita anche una particolare menzione “Le vene aperte dell’America Latina“, di cui per lungo tempo ne è stata vietata la lettura in molti paesi sudamericani. In questo libro Galeano denuncia senza mezzi termini il saccheggio operato dai primi colonizzatori fino alle grandi multinazionali moderne che hanno condotto un continente ricco di risorse in uno stato di subordinazione permanente. Ma le opere di Galeano non si limitano solamente a delineare la situazione sociale e politica del suo paese; le sue denunce riguardano tutto il sud del mondo soggetto ad una dittatura invisibile molto difficile da contrastare.

A questo grandissimo autore, stroncato da un tumore polmonare il 13 aprile 2015, dedico una raccolta dei suoi più significativi pensieri con l’augurio che il suo sogno, che è anche quello di molti di noi, di un mondo a dimensione umana, un giorno possa finalmente realizzarsi.

Edoardo Galeano, biografia e citazioni

Nel mondo gli affamati sono tanti quanto i grassi. Gli affamati mangiano spazzatura nelle discariche; i grassi mangiano spazzatura da McDonald’s.
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La mia regola è usare soltanto parole che migliorino il silenzio.
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La carità è umiliante perché viene esercitata in senso verticale e dove capita; la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco.
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L’economia mondiale è la più efficiente espressione del crimine organizzato. Gli organismi internazionali che controllano valute, mercati e credito praticano il terrorismo internazionale contro i paesi poveri e contro i poveri di tutti i paesi con tale gelida professionalità da far arrossire il più esperto dei bombaroli.
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Lo sviluppo è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti.
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Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino.
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Dopo quattro anni [come fattorino in banca] capii che non faceva per me. Lì appresi che i principali rapinatori di banche sono i banchieri stessi ma nessun allarme suona mai per loro.
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La giustizia e la libertà si odieranno fra loro in eterno.
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Più che mangiare, siamo mangiati dal cibo che ci impongono.
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Le storie si raccontano di notte, perché di notte il sacro è reale, e chi sa raccontare racconta sapendo che il nome è quella cosa che il nome nomina.
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Le cose sono padrone dei padroni delle cose e io non trovo il mio volto nello specchio. Parlo ciò che non dico. Sto, ma non sono. E salgo su un treno che mi porta dove non vado, in un paese esiliato da me.
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Veniamo da un uovo più piccolo di una testa di spillo, e viviamo su una pietra che gira intorno a una stella nana e che, contro questa stella, prima o poi, si scontrerà. Tuttavia, siamo stati fatti di luce, oltre che di carbonio, ossigeno, merda, morte e altre cose e, in fin dei conti, siamo qui da quando la bellezza dell’universo ha avuto bisogno di essere vista da qualcuno.
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Sul muro di un locale di Madrid c’è un cartello che dice: È PROIBITO IL CANTO FLAMENCO. Sul muro dell’aeroporto di Rio de Janeiro c’è un cartello che dice: È PROIBITO GIOCARE CON I CARRELLI PORTAVALIGIE. Il che vuol dire che c’è ancora gente che canta e c’è ancora gente che gioca.
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Il poeta rifugge dalla metafora che trova nello specchio.
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Dalle talpe abbiamo imparato a fare i tunnel.
Dai castori abbiamo imparato a costruire dighe.
Dagli uccelli abbiamo imparato a fare le case.
Dai ragni abbiamo imparato a tessere.
Dal tronco che rotolava giù abbiamo imparato la ruota.
Dal tronco che galleggiava alla deriva abbiamo imparato la nave.
Dal vento abbiamo imparato la vela.
Chi ci avrà ma insegnato le cattiverie?
Da chi abbiamo imparato a tormentare il prossimo e a umiliare il mondo?
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Il leone, simbolo del coraggio e della nobiltà, vibra negli inni, sventola nelle bandiere e custodisce castelli e città. La iena, simbolo della vigliaccheria e della crudeltà, non vibra, non sventola, né custodisce nulla. Il leone, dà il nome a re e plebei, ma non c’è notizia del fatto che qualcuno si sia mai chiamato o si chiami Iena.
Il leone è un mammifero carnivoro della famiglia dei felini. Il maschio si dedica a ruggire. Le sue femmine si incaricano di cacciare un cervo, una zebra o qualche altro animaletto indifeso o distratto, mentre il maschio aspetta. Quando il cibo è pronto, il maschio si serve per primo. Di quello che avanza mangiano le femmine. E alla fine, se qualcosa rimane, mangiano i cuccioli. Se non resta niente, s’arrangiano.
La iena, mammifero carnivoro della famiglia dei canidi, ha altre abitudini. E’ il signore che porta il cibo, e lui mangia per ultimo, dopo che i cuccioli e le signore si sono servite.
Per elogiare, diciamo: “È un leone”. E per insultare: “È una iena”. La iena se la ride. Chissà perché.
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Eduardo Galeano, biografia e citazioni
Un uomo trovò in giro la lampada di Aladino. Siccome era un bravo lettore, l’uomo la riconobbe e la sfregò.
Il genio comparve, fece un inchino, si offrì:
“Sono al tuo servizio, padrone. Chiedimi un desiderio e sarà esaudito. Ma dev’essere un unico desiderio”.
Siccome era un bravo figlio, l’uomo disse:
“Desidero che resusciti mia madre morta”.
Il genio fece una smorfia:
“Mi dispiace, padrone, ma è un desiderio impossibile. Chiedimene un altro”.
Siccome era un brav’uomo, l’uomo chiese:
“Desidero che il mondo non continui a spendere denaro per uccidere la gente”.
Il genio deglutì:
“Ehm… Come hai detto che si chiamava tua madre?”.
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La democrazia è un lusso del nord. Nel sud si esibisce in teatro: lo spettacolo non si nega a nessuno e poi non dà fastidio a nessuno che la politica sia democratica, basta che non sia democratica l’economia. Quando i voti sono già tutti nelle urne e cala il sipario, la realtà impone la legge del più forte, cioè a dire la legge del denaro.
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Il mondo vive in uno stato di terrore, e il terrore si traveste: dice di essere opera di Saddam Hussein, un attore già stanco del tanto lavorare come nemico, o di Osama Bin Laden, professionista della minaccia.Ma il vero autore del panico planetario si chiama Mercato. Questo signore non ha nulla a che vedere con l’indimenticabile luogo del quartiere dove si va in cerca di frutta e verdura. E’ un onnipotente terrorista senza volto, che sta in ogni luogo, come Dio, e crede di essere, come Dio, eterno. I suoi numerosi interpreti annunciano: “Il Mercato è nervoso”, e avvertono: “Non bisogna irritarlo”.Il suo frondoso manuale criminale lo rende temibile. Ha trascorso la vita rubando il cibo, assassinando lavori, sequestrando paesi e fabbricando guerre. Per vendere le sue guerre, il Mercato semina paura. E la paura crea il clima.
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Frida Kahlo, 2 luglio 1954

Nel 1954, una manifestazione comunista percorse le strade di Città del Messico.

C’era anche Frida Kahlo sulla sedia a rotelle.
Fu l’ultima volta che la videro viva.
Morì senza rumore, poco dopo.
E parecchi anni passarono fino a che la fridamanía, una rivolta tremenda la risvegliò.
Resurrezione o affari? Se lo meritava un’artista aliena alla sindrome del successo e della bellezza, autrice di spietati autoritratti che la mostravano dalle sopracciglia folte e baffuta, crivellata di aghi e spilli, accoltellata da trentadue operazioni?
E se tutto questo fosse molto più che una manipolazione commerciale?
Un omaggio del tempo, che celebra una donna capace di trasformare il suo dolore in colore?

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