«Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori. (Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire)».
[scritto da Pietro Bembo per la tomba di Raffaello nel Pantheon a Roma]
Artista rinascimentale più giovane di Leonardo e di Michelangelo, Raffaello Sanzio riesce a fondere la raffinatezza e la resa del naturale del primo con la maestosità e il plasticismo del secondo, dando vita così ad uno stile “eterno” che influenzerà l’arte fino al XX secolo.
Versatile e competente nelle diverse arti, il suo stile emerge per il linguaggio armonioso e rasserenante con cui realizza il suo ideale di bellezza intriso di spiritualità cristiana e che, nella pittura e nell’architettura, lo eleva a simbolo dell’ultima e straordinaria epoca rinascimentale.
Vissuto nel periodo in cui i papi commissionano opere d’arte, Raffaello riesce ad accontentare i gusti e le preferenze dei suoi mecenati. Proprio per tale abilità nel rappresentare gli ideali umanistici e cristiani è l’artista preferito dai papi del periodo.
Se alla fine del Quattrocento Firenze e Milano avevano costituito un punto di incontro irrinunciabile per le nuove tendenze artistiche, dagli inizi del Cinquecento sarà Roma a divenire il maggiore centro propulsore delle innovazioni perché, grazie ai papi, divenuti principali mecenati degli artisti, possiamo godere di opere straordinarie che hanno segnato la storia dell’arte.
Nato ad Urbino il 6 aprile del 1483 da Giovanni Santi, mediocre ma apprezzato pittore di corte, Raffaello mostra sin da bambino una sorprendente predilezione per la pittura e viene mandato a Perugia, ancora molto giovane, nella bottega di Pietro Vannucci, detto il Perugino. Dal Perugino eredita il classicismo armonioso e sereno allontanandosi però dal rigido schematismo del maestro.
La sua prima opera, “Sposalizio della Vergine” (1504), mostra già i tratti caratteristici del suo stile, nonostante abbia tratto ispirazione da due celebri dipinti del Perugino. Uno stile che risente delle influenze della pittura fiamminga e che si differenzia dalle due opere del Perugino per l’armonia dei colori, i toni avvolgenti ed il fondersi del chiaroscuro.
Apparentemente simili, le due opere raffigurano un episodio narrato nei Vangeli apocrifi. Secondo tale versione, Maria, educata insieme ad altre ragazze ebree nel Tempio di Gerusalemme, nel giorno in cui viene considerata pronta a sposarsi, deve operare una selezione tra molti ammiratori e viene stabilito che si sarebbe unita in matrimonio con l’uomo il cui segno divino mostri chiaramente sia l’eletto. Ad ogni pretendente viene dato un ramo secco, ma solo quello di Giuseppe miracolosamente germoglia, indicando così alla giovane la scelta da effettuare.
La disposizione delle figure umane viene rappresentata da Raffaello a semicerchio, dunque meno rigida rispetto a quella del Perugino, e i personaggi mostrano più chiaramente i sentimenti contrapposti. La serenità delle amiche di Maria si contrappone ai moti d’animo che investono i pretendenti delusi. Le figure, dunque, sono collocate con naturalezza in uno spazio reale e, con un senso classico di armonia e di ordine, sorto da una ricerca approfondita della luce e da una disposizione matematica che calcola le dimensioni più appropriate per agevolare la visione allo spettatore. L’influenza di Piero della Francesca è ben visibile in questo dipinto.
Acquisita l’armonia, Raffaello focalizza la propria attenzione ad uno studio dell’espressività. Una ricerca che potrà ben condurre a Firenze, dove si reca nel 1504 e vi si stabilisce, con brevi interruzioni, fino al 1508. Le innovazioni apportate al mondo dell’arte da Leonardo e da Michelangelo lo inducono ad abbandonare il monumentale e obsoleto stile perugino e ad abbracciare le nuove espressioni che ai sentimenti umani, al paesaggio e al dinamismo donano un’attenzione particolare. Si dedica ad alcuni ritratti, affinando la psicologia dei personaggi, senza tuttavia raggiungere la profondità psicologica di Leonardo. In poco tempo Raffaello diviene il più stimato ritrattista del periodo.
Due sono gli esempi più significativi di interiorizzazione delle novità introdotte dai due maestri del Rinascimento. Entrambi eseguiti nel 1506, mostrano però la difficoltà dell’artista a svincolarsi dal ritratto encomiastico fiorentino. Gli sposi ritratti sono Maddalena Strozzi” e Agnolo Doni ,appartenenti a quel ceto sociale emergente, pragmatico e schietto, della borghesia mercantile. La donna assume una posizione che rimanda inevitabilmente a quella della “Gioconda“, ma, a differenza di Monna Lisa, nel quadro raffaelliano è ben evidente la ricerca dell’armonia nel viso e nel paesaggio. Gli accurati dettagli degli abiti e dei gioielli mostrano quelle suggestioni fiamminghe che mai abbandoneranno lo stile di Raffaello.
Nemmeno in quest’opera si riscontra quella misteriosa ambiguità che pervade il capolavoro di Leonardo ed il ritratto, anche se per lo più realistico, si prefigge lo scopo di alleviare le imperfezioni della donna facendo sì che l’osservatore soffermi il proprio sguardo soprattutto alla dolcezza del suo sguardo e allo studio materico dei tessuti che la ricoprono. L’idealizzazione della donna, caratteristica peculiare del periodo, viene assorbita dalla maggioranza degli artisti che mostrano uno sforzo per celare i difetti delle figure femminili, rappresentate in modo meno dettagliato rispetto agli uomini.
L’ altro ritratto, anch’esso degno di menzione nell’immensa produzione artistica di Raffaello, che comprende anche più di quattrocento disegni, è quello effettuato ad Agnolo Doni, marito di Maddalena Strozzi. Così come si nota nel ritratto della donna, anche in questo caso lo sguardo si rivolge all’osservatore e la figura a mezzo busto si staglia su uno sfondo collinoso e azzurro. Agnolo poggia il braccio su una balaustra e, alla durezza dei lineamenti del viso, di cui non sfugge a noi osservatori lo sguardo accigliato dell’uomo, l’artista contrappone la morbidezza degli abiti indossati dall’uomo su cui mostra ancora una volta il suo studio sulla resa materica dei tessuti. Pur essendo piuttosto espressivi, questi ritratti sono ben distanti dalla suggestiva ed emozionante penetrazione psicologica di Leonardo.
Un altro famoso dipinto del periodo fiorentino è senza dubbio la “Pala Baglioni“, commissionato dalla nobildonna Atalanta Baglioni. Il trasporto del Cristo Morto vuole rievocare l’assassinio del figlio della committente, probabilmente raffigurato in uno dei trasportatori. Sebbene d’ispirazione classica, il tragico evento viene tradotto sulla tela non più come mera citazione religiosa. La psicologia dei personaggi risulta più evidente e la torsione della Madonna, raffigurata nel suo pacato dolore, rimanda al dinamismo di Michelangelo, ma le figure ritratte non emanano la stessa drammaticità dell’autore della “Pietà“. Il dolore viene edulcorato nella pittura di personaggi aggraziati che non si lasciano totalmente schiacciare dai loro sentimenti in virtù di quella ricerca di armonia e di bellezza sempre presente nell’artista.
Uno dei soggetti prediletti da Raffaello è quello della Madonna con il Bambino, in cui, non dovendo essere costretto a dipingere dal vero personaggi reali, può sbizzarrirsi nel raggiungimento del suo ideale di bellezza. Composizioni di effetto illusionistico, accentuano il linguaggio gestuale e affettivo della lezione di Leonardo e mostrano la maturità stilistica dell’artista che è ormai riuscito ad assimilare, fondendola, l’arte di coloro che possono veramente considerarsi i suoi maestri. Tuttavia, nonostante le loro influenze, Raffaello continuerà a produrre un’arte che mette in primo piano la grazia e l’armonia, donando un’ espressività che non si lascia però travolgere dall’emotività. Il suo stile porrà le basi al Manierismo ed al Barocco.
I dipinti più significativi della sua produzione della Vergine sono la “Madonna con il Bambino e San Giovannino“, e la “Sacra conversazione” (Madonna Sistina).
Commissionata da un noto mercante in occasione delle sue nozze, la “Madonna del cardellino” è un’ opera di straordinaria bellezza che raffigura, con grazia e naturalezza, la Vergine seduta che tiene tra le mani un libro.
Con un gesto accosta San Giovannino che reca in dono un cardellino a Gesù, protetto dalle ginocchia della madre.
Opera dai colori sfumati che mostra ancora una volta l’attenzione dell’artista nei confronti dell’equilibrio della composizione, rivela una perfetta simbiosi tra l’ambiente e i personaggi e che raggiungerà la sublimazione devozionale nell’altro suo capolavoro “Madonna Sistina“.
Dipinto commissionato da papa Giulio II,che nel 1508 chiama a sé il giovane pittore, trasferitosi per tale ragione a Roma, raffigura l’apparizione della Madonna a papa San Sisto I, ritratto a sinistra e inginocchiato su una nuvola dopo aver deposto il suo copricapo. Alla Madonna, scalza e priva di aureola, che volge lo sguardo verso noi osservatori, il papa indica con la mano i fedeli, come se voglia domandare l’intercessione della Vergine.
A destra è ritratta Santa Barbara e dietro la donna s’intravede la torre in cui il padre la fece imprigionare prima del martirio. Lo sguardo della santa è rivolto a due angioletti, diventati ormai famosi e presenti anche sulle testate dei letti matrimoniali.
La Madonna Sistina, avvolgente e realizzata con gli abiti gonfiati dal vento, come se stia camminando verso di noi per uscire dal quadro, è profondamente umana e di forte impatto emotivo. Assente ogni particolare che possa distrarre l’osservatore. Realizzata negli anni della Controriforma, mostra l’esigenza di rinnovamento della Chiesa dinnanzi al dilagare della Riforma Protestante.
Durante i pontificati di Giulio II e di Leone X, Roma assume il ruolo guida non solo dal punto di vista spirituale e temporale, ma anche sotto il piano prettamente artistico. All’arte, infatti, viene affidato il ruolo di confermare l’autorità della Chiesa attraverso ricostruzioni e restaurazioni delle maggiori opere vaticane ed anche di realizzare affreschi di notevole grandezza.
Raffaello viene considerato il maggior interprete dei valori universali della Chiesa e a lui saranno commissionate opere di singolari decorazioni. E se, per ovvi motivi di tempo, dovrà affidare ai suoi collaboratori la realizzazione di tali opere, risulta indubbio che i progetti delle stesse sono frutto della sua straordinaria inventiva.
Leone X, in particolar modo, può essere considerato il grande mecenate di Raffaello e a lui affiderà la direzione dei cantieri della basilica di San Pietro e del Palazzo in Vaticano.
La svolta della carriera di Raffaello avviene però con Giulio II, che, conferendogli l’incarico di decorare le nuove Stanze Vaticane, segna un cambiamento deciso nel pittore venticinquenne. L’elevato risultato raggiunto nella “Stanza della Segnatura” farà sì che, insieme a Michelangelo, diverrà il più ricercato artista di Roma. Di temperamento differente rispetto al taciturno e solitario Michelangelo, Raffaello si circonda di molti allievi e collaboratori.
Durante la sua permanenza a Roma il suo stile giunge ad uno straordinario equilibrio d’ordine e d’armonia unita ad un’umanità e spiritualità che esprime pienamente gli ideali della corte papale. Nella già citata “Stanza della Segnatura”, collocata nei Palazzi Vaticani, il filo conduttore dell’opera è volto a celebrare il Vero, il Bello e il Bene, ovvero tutte quelle aspirazioni umane cui il nostro animo anela. Le volte vengono dipinte in medaglioni che rappresentano le quattro figure allegoriche in cui si rispecchiano quei percorsi intrapresi dall’uomo per raggiungere la verità, la bellezza e il bene: la Teologia, La Poesia, la Giustizia e la Filosofia.
La “Teologia” si erge su uno sfondo di finto mosaico dorato seduta su un trono di nuvole e indossa un abito gonfiato dal vento. Ai suoi lati due angeli mostrano delle tabelle su cui sono incise delle parole che racchiudono una citazione di Giustiniano. La Teologia rappresenta la verità della rivelazione divina ed è collocata di fronte alla “Filosofia”, la cui caratteristica principale è la ricerca della verità razionale, per mostrare il dialogo ed il continuo confronto tra le due discipline.
La “Filosofia”, anch’essa collocata su uno sfondo di finto mosaico dorato, è una donna matura seduta su un trono di marmo decorato con due Artemidi d’Efeso e indossa un abito con i colori dei quattro elementi fondamentali della vita: terra, acqua, fuoco e aria. Ha in mano due libri, uno di filosofia naturale e l’altro di filosofia morale su cui si legge “Causarum Cognitio” (Conoscenza delle cause). Ai suoi lati due angeli recano sulle spalle tavole con iscrizioni di Cicerone.
La “Poesia” è una giovane donna con le ali spiegate che reca sul capo una corona di alloro e tiene in mano un’arpa ed un libro intitolato “Numine afflatur”, (Ispirata da un dio, un pensiero tratto dall’Eneide di Virgilio). Gli oggetti raffigurati rimandano ad Adamo ed Eva, il Primo moto, il Giudizio di Salomone e Apollo e Marsia.
La “Giustizia” è rappresentata da una donna con una bilancia ed una spada. Accanto a lei si possono vedere due coppie di angeli che recano in mano pesanti tavole con iscrizioni, in cui si legge un pensiero di Giustiniano: “Ius suum unicuique tribuit” (Dà a ciascuno la giustizia che gli è propria).
Grazie alla maestria di Raffaello le decorazioni appaiono armoniose e la visione della vita, estremamente positiva. racchiude l’ideale rinascimentale.
Come già evidenziato prima, le quattro figure allegoriche rappresentano l’aspirazione al Vero, al Bello e al Bene.
Il Vero può essere conosciuto attraverso uno studio razionale o spirituale e, per tale ragione, Raffaello rimanda alla filosofia e alla teologia.
Alla teologia viene dedicato l’affresco “La disputa del Sacramento” (1509).
In questo maestoso affresco l’ostia consacrata troneggia al centro tra la Chiesa militante, formata da teologi e credenti, e la Chiesa trionfante, costituita da profeti, santi e apostoli. Sopra l’ostia trionfano le tre figure della Santissima Trinità. Molte le figure riconoscibili, tra cui Dante Alighieri, Virgilio, San Tommaso e San Bonaventura.
Il celebre affresco “La scuola di Atene” rappresenta la filosofia. Vi appaiono i più grandi filosofi greci collocati intorno ai due maestri indiscussi della filosofia: Platone, che invita a guardare in alto verso il mondo delle “idee“, e Aristotele, che invece con la mano indica la realtà terrena. Un particolare estremamente significativo si nota nei volti di alcuni filosofi raffigurati con le sembianze dei più significativi artisti rinascimentali. Si possono infatti riconoscere Leonardo, Bramante e Michelangelo rispettivamente nelle vesti di Platone, Euclide ed Eraclito. Tutto ciò potrebbe essere interpretato come la rappresentazione di una continuità tra il mondo antico e quello moderno.
Per quanto riguarda l’anelito al Bello, Raffaello crea una rappresentazione del monte Parnaso, considerato sacro al dio Apollo e alle Muse, protettrici dell’arte. La poesia, simbolo anch’esso di elevazione umana, viene esaltata nell’affresco “Il Parnaso” che raffigura poeti antichi e moderni raccolti intorno ad Apollo, che suona la lira, e alle Muse, che rappresentano tutte le arti.
Il Bene viene celebrato nella parte in cui vengono raffigurate “Le Virtù“. La virtù cardinale della Giustizia compare in due grandi affreschi, posti al lato della finestra, che rappresentano due scene sulle istituzioni del diritto civile e del diritto canonico. Sulla lunetta posta sopra la finestra Raffaello dipinge le altre tre virtù cardinali: la Forza, la Prudenza e la Temperanza. Le tre virtù teologali vengono rappresentate dagli angioletti: la Fede indica il cielo, la Speranza ha in mano una fiaccola e la Carità cerca di far cadere le ghiande della quercia.
In questi suggestivi affreschi della Stanza della Segnatura si può cogliere tutto il classicismo di Raffaello che, con grande abilità riesce a donare agli occhi dell’osservatore meravigliose composizioni armoniche e rigorosamente simmetriche. I personaggi raffigurati sono numerosi ed ognuno di essi cerca di trasmettere un messaggio.
La percezione generale di queste opere infonde un senso di pace e serenità e racchiude splendidamente l’arte di questo grande artista che ha desiderato consegnarci l’immagine della grandezza umana volta sempre verso l’infinito, ma nello stesso tempo in grado di dominare con armonia la vita terrena.
Considerato uno dei migliori architetti del periodo, viene continuamente richiesta la sua presenza, ma sfortunatamente non riesce a portare a termine la maggioranza degli edifici progettati ed alcuni di essi sono stati demoliti o modificati. Sopravvive in tutta la sua bellezza la Villa Medici, più nota con il nome di “Villa Madama” (lavoro iniziato nel 1518).
Edificata sul Tevere alle pendici di Monte Mario, la sua realizzazione viene interrotta nel 1534. Progettata per accogliere appartamenti estivi e invernali, scuderie, terme, giardini ed anche un teatro, è considerata l’opera che meglio esprime il talento di architetto del nostro artista.
Raffaello si spegne a soli trentasette anni il 6 aprile del 1520 a causa di una febbre continua dovuta, secondo il biografo del tempo, ai suoi “eccessi amorosi“. Al momento della sua dipartita viene sepolto, secondo le sue volontà, nel Pantheon. Sopra la sua tomba viene esposta l’ultima sua opera, “Trasfigurazione“.
“Trasfigurazione” riunisce due episodi evangelici: la trasfigurazione di Gesù e la guarigione di un bambino assatanato.
La composizione è particolarmente interessante perché sotto la figura del Cristo, avvolta da una luce sovrannaturale, l’artista riunisce due differenti eventi narrati dal Vangelo. La diversità dei due episodi viene sottolineata con l’uso di stili diversi: nella parte superiore l’atmosfera è tranquilla, mentre nella parte mediana emerge l’agitazione degli apostoli grazie all’utilizzo di colori accesi e vivaci fino a giungere alle tonalità acide della fascia inferiore del dipinto.
Il cambiamento di stile di Raffaello, già emerso nei celebri affreschi della “Stanza di Eliodoro“(1511-13), grazie all’osservazione della volta della Cappella Sistina a cui lavorava Michelangelo in quel periodo, si nutre da un nuovo concepimento delle figure umane dipinte con nuova forza anatomica ed impetuosa carica espressiva. Dal 1511 le opere di Raffaello acquistano dunque maggiore umanità e profondità, così come si può notare in un altro dei suoi grandi capolavori, “Cacciata di Eliodoro dal tempio“.
Già in quell’affresco la pittura di Raffaello si carica di maggiore espressività e lo spazio creato dalla profonda navata al centro trasmette un effetto ottico illusorio che si traduce con la sensazione di percepire uno sfondamento della parete.
Spentosi al culmine del suo successo, Raffaello lascia al mondo un linguaggio artistico eterno che sarebbe poi stato rielaborato e diffuso dai suoi discenti e collaboratori nelle maggiori corti europee. Impossibile non condividere le parole di Fëdor Michajlovič Dostoevskij sulla maestria di questo immenso artista: «Dalle sue mani sono uscite cose divine».
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