Antonio Gramsci…”pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà”

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«L‘indifferenza é il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, é la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.»

Antonio Gramsci, biografia e citazioni
Uomo politico e pensatore, Antonio Gramsci nasce il 22 gennaio del 1891 ad Ales, in Sardegna.
La sua infanzia, investita da problemi familiari e di salute, non scorre agevolmente. Figlio di un modesto impiegato, in seguito arrestato per irregolarità amministrative, si distingue negli studi, ma mostra una profonda insofferenza verso un sistema scolastico che vede protagonisti insegnanti poco preparati che, secondo il suo punto di vista, valgono «poco più di un fico secco.»
Vergognoso dei suoi pochi e lisi vestiti, non partecipa alla vita sociale dei suoi coetanei, e affetto da una deformazione della spina dorsale a causa di un incidente da bambino, si dedica agli studi con profitto, vincendo così una borsa di studio che gli consente, nel 1911, di accedere alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. I problemi di salute che lo incalzano non gli consentono di poter sostenere gli esami regolarmente e, per tale ragione, perde la borsa di studio. Impossibilitato a mantenersi autonomamente agli studi, lascia la carriera universitaria.
A Torino comincia a partecipare alla vita politica e sociale della città, agitata da forti tensioni sociali e lotte sindacali, maturando così la sua ideologia socialista.
Quando scoppia la prima guerra mondiale, Gramsci inizia la sua collaborazione con l’«Avanti», organo ufficiale del Partito Socialista, scrivendo critiche teatrali in particolar modo su Luigi Pirandello.
Nel 1919 fonda la rivista settimanale “Ordine Nuovo“, molto apprezzata dalle classi operaie per l’opera di sensibilizzazione attuata dal giornalista sulla necessità della nascita di un partito in grado di dirigere i movimenti sociali.
Nel 1921 Gramsci aderisce al Partito Comunista Italiano, nato a Livorno, e nel 1922 si sposa con Giulia Schucht dalla quale avrà due figli.
Dopo alcuni soggiorni all’estero per conto dell’Internazionale, torna in Italia e viene eletto deputato nel 1924.
L’otto novembre del 1926, in base ai “provvedimenti eccezionali” decisi dal governo fascista contro le opposizioni, viene arrestato e condannato a vent’anni e quattro mesi di carcere. «Bisogna impedire a questo cervello di funzionare» dichiara Mussolini a proposito dell’arresto di Gramsci.
Rifiuta di chiedere la grazia nonostante le gravissime condizioni di salute e i patimenti subiti e, ottenuta nel 1929 l’autorizzazione a scrivere, dedica il tempo trascorso in reclusione a redarre i suoi famosi “Quaderni del Carcere” e ad una fitta corrispondenza che sarà poi pubblicata con il nome di “Lettere dal carcere“.
La sua salute psico-fisica peggiora ulteriormente e, nel 1934, un comitato internazionale antifascista chiede il trasferimento di Gramsci nella struttura ospedaliera carceraria di Formia. Ricoverato successivamente in una clinica privata romana, si spegne dopo atroci sofferenze il 27 aprile del 1937. Tra le sue opere bisogna ricordare anche “Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce“, “Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura“, “Il Risorgimento“, “Note su Machiavelli, la politica e lo Stato moderno“, “La Questione Meridionale” e “Letteratura e vita nazionale“.

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Di seguito una raccolta di alcuni dei suoi pensieri più significativi per comprendere l’animo di questo grande politico, scrittore e giornalista e non dimenticare l’inestimabile patrimonio culturale e spirituale che ha lasciato a tutti noi.

Antonio Gramsci, biografia e citazioni
Ahimè, quanti papi infallibili tiranneggiano la coscienza degli uomini liberi e inaridiscono in loro ogni sorgente di umanità.
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Divinizzato, dichiarato infallibile, preconizzato organizzatore e ispiratore di un rinato Impero romano […] conosciamo quel viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia […] Mussolini […] è il tipo concentrato del piccolo-borghese italiano, rabbioso, feroce impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci quando ridiventa borbonica.
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Fino a quando sussiste il regime borghese, col monopolio della stampa in mano al capitalismo e quindi con la possibilità per il governo e per i partiti borghesi di impostare le questioni politiche a seconda dei loro interessi, presentati come interessi generali, fino a quando sarà soppressa e limitata la libertà di associazione e di riunione della classe operaia o potranno essere diffuse impunemente le menzogne più impudenti contro il comunismo, è inevitabile che le classi lavoratrici rimangano disgregate, cioè abbiano parecchie volontà.
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Il Vaticano rappresenta la più grande forza reazionaria esistente in Italia. Per la chiesa, sono dispotici i governi che intaccano i suoi privilegi e provvidenziali quelli che, come il fascismo, li accrescono.
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Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.
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L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva; la storia insegna, ma non ha scolari.
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La cultura […] è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri.
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Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione […] vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.
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Antonio Gramsci, biografia e citazioni

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
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Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione.
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Oh! Saper essere come l’operaio che sente una sua precisa direttiva di azione e di pensiero, ed è filosofo senza saperlo, come il borghese gentiluomo era prosatore!
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[Ricordando la moglie Giulia] Riandavo col pensiero a tutti i ricordi della nostra vita comune, dal primo giorno che ti ho visto a Sieriebriani Bor e che non osavo entrare nella stanza perché mi avevi intimidito (davvero, mi avevi intimidito e oggi sorrido ricordando questa impressione) al giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo grande e terribile. […] Ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l’amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido.
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Fino all’avvento della Sinistra al potere, lo stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti».
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Sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà.
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Io sono stato abituato dalla vita isolata, che ho vissuto fino dalla fanciullezza, a nascondere i miei stati d’animo dietro una maschera di durezza o dietro un sorriso ironico ed è qui tutta la differenza.
Ciò mi ha fatto male, per molto tempo: per molto tempo i miei rapporti con gli altri furono un qualche cosa di enormemente complicato, una moltiplicazione o una divisione per sette di ogni sentimento reale, per evitare che gli altri intendessero ciò che io sentivo realmente. Che cosa mi ha salvato dal diventare completamente un cencio inamidato? L’istinto della ribellione, che da bambino era contro i ricchi, perché non potevo andare a studiare, io che avevo preso 10 in tutte le materie nelle scuole elementari, mentre andavano il figlio del macellaio, del farmacista, del negoziante in tessuti. Esso si allargò per tutti i ricchi che opprimevano i contadini della Sardegna ed io pensavo allora che bisognava lottare per l’indipendenza nazionale della regione: ‘Al mare i continentali!’ Quante volte ho ripetuto queste parole. Poi ho conosciuto la classe operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale. Mi sono appassionato così alla vita, per la lotta, per la classe operaia. Ma quante volte mi sono domandato se legarsi a una massa era possibile quando non si era mai voluto bene a nessuno, neppure ai propri parenti, se era possibile amare una collettività se non si era amato profondamente delle singole creature. Non avrebbe ciò avuto un riflesso sulla mia vita di militante, non avrebbe ciò isterilito e ridotto a un puro fatto intellettuale, a un puro calcolo matematico la mia qualità di rivoluzionario?”
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Antonio Gramsci, biografia e citazioni
Il tempo è la cosa più importante: esso è un semplice pseudonimo della vita stessa.
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La mia praticità consiste in questo: nel sapere che a battere la testa contro il muro è la testa a rompersi e non il muro.
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Una zia sosteneva che ero resuscitato quando lei mi unse i piedini con l’olio di una lampada dedicata a una Madonna e perciò quando mi rifiutavo di compiere gli atti religiosi mi rimproverava aspramente ricordando che alla Madonna dovevo la vita, cosa che mi impressionava poco, a dir la verità.
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Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.
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Questa espressione – “gli umili” – è caratteristica per comprendere l’atteggiamento tradizionale degli intellettuali italiani verso il popolo e quindi il significato della “letteratura per gli umili”. Non si tratta del rapporto contenuto nell’espressione dostoievschiana di “umiliati e offesi”. In Dostoevskij c’è potente il sentimento nazionale-popolare, cioè la coscienza di una missione degli intellettuali verso il popolo, che magari è “oggettivamente” costituito di “umili” ma deve essere liberato da questa “umiltà”, trasformato, rigenerato. Nell’intellettuale italiano l’espressione di “umili” indica un rapporto di protezione paterna e padreternale, il sentimento “sufficiente” di un propria indiscussa superiorità, il rapporto come tra due razze, una ritenuta superiore e l’altra inferiore, il rapporto come tra adulto e bambino nella vecchia pedagogia o peggio ancora un rapporto da “società protettrice degli animali”, o da esercito della salute anglosassone verso i cannibali della Papuasia.
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La maggior parte degli uomini sono filosofi in quanto operano praticamente e nel loro pratico operare è contenuta implicitamente una concezione del mondo, una filosofia.
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La verità è sempre rivoluzionaria.
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Quante volte mi sono domandato se legarsi ad una massa era possibile quando non si era mai voluto bene a nessuno.
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Dato che dobbiamo costruire il Paese, costruiamo repertori, enciclopedie, dizionari.
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[La tendenza a diminuire l’avversario] È di per se stessa un documento dell’inferiorità di chi ne è posseduto; si tende infatti a diminuire rabbiosamente l’avversario per poter credere di esserne decisamente vittoriosi. In questa tendenza è perciò insito oscuramente un giudizio sulla propria incapacità e debolezza.
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Antonio Gramsci, biografia e citazioni

Antonio Gramsci, dipinto di Michele Zucca

Per comprendere bene la posizione della chiesa nella società moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di chiesa come chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i privilegi che proclama legati alla propria essenza divina; per questa difesa la chiesa non esclude nessun mezzo, né l’insurrezione armata, né l’attentato individuale, né l’appello alla invasione straniera. Tutto il resto è trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle condizioni esistenziali proprie. Per “dispotismo” la chiesa intende l’intervento dell’autorità statale laica nel limitare e sopprimere i suoi privilegi, non molto di più: essa riconosce qualsiasi potestà di fatto e, purché non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i suoi privilegi la esalta e la proclama provvidenziale.
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I traduttori sono pagati male e traducono peggio.
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Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.
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Antonio Gramsci, biografia e citazioni
Crisi è quel momento in cui il vecchio muore ed il nuovo stenta a nascere.

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Siamo forti e ci vogliamo bene. E siamo semplici, e tutto è naturale in noi… Vogliamo essere forti spiritualmente, e semplici e sani e volerci bene così, perché ci vogliamo bene e questa è la più bella e più grande e più forte ragione del mondo.
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Poche mani, non sorvegliate da controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa.
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È incredibile come i siciliani, dal piú infimo strato alle cime piú alte, siano solidali tra loro e come anche degli scienziati di innegabile valore corrano sui margini del Codice Penale per questo sentimento di solidarietà. Mi sono persuaso che realmente i siciliani fanno parte a sé; c’è piú somiglianza tra un calabrese e un piemontese che tra un calabrese e un siciliano.
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Questa non è cultura, è pedanteria, non è intelligenza, ma intelletto, e contro di essa ben a ragione si reagisce. La cultura è una cosa ben diversa.
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La Chiesa romana è sempre stata la più tenace nella lotta per impedire che ufficialmente si formino due religioni, quella degli intellettuali e quella delle anime semplici.
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Spesso chi vuole consolare, essere affettuoso ecc. è in realtà il più feroce dei tormentatori. Anche nell’affetto bisogna essere soprattutto intelligenti.
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L’antiamericanismo è comico, prima di essere stupido.
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Ogni ghianda può pensare di diventare quercia. Ma nella realtà il 999 per mille delle ghiande servono di pasto ai maiali.
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Meglio ripetere una verità già nota che cincischiarmi l’intelligenza con paradossi brillanti che fanno sorridere, ma non pensare.
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Il vocabolario è un museo di cadaveri imbalsamati, il linguaggio è l’intuizione vitale che a questi cadaveri dà nuova forma, nuova vita in quanto crea nuovi rapporti, nuovi periodi nei quali le singole parole riacquistano un significato proprio e attuale.
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Che i dominanti non si pentano d’aver lasciato le folle in uno stato di ignoranza e di ferocia quali sono adesso!
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