Dal 26 dicembre 2024 al 4 maggio 2025 gli Arsenali Repubblicani di Pisa celebrano uno dei colossi della fotografia contemporanea con la mostra “Elliott Erwitt. Icons”, una retrospettiva che rende omaggio al maestro ad un anno dalla sua scomparsa. Promossa da ARTIKA in collaborazione con Orion57 e il Comune di Pisa, l’esposizione presenta ottanta scatti indimenticabili che raccontano il Novecento attraverso l’obiettivo di Erwitt. Si possono acquistare i biglietti anche online, cliccando qui.
Elliott Erwitt, il cui vero nome è Elio Romano Erwitznon, non è stato solo un fotografo; è stato un narratore della realtà, un osservatore acuto capace di trasformare i momenti più semplici e ordinari in racconti visivi che catturano l’essenza della vita.
Nato a Parigi il 26 luglio del 1928 da genitori russi di origine ebraica, la sua vita sembra già immediatamente proiettata verso il movimento e il cambiamento: cresciuto tra Italia, Francia e Stati Uniti, respira fin da giovane un’atmosfera di transizione e mescolanza culturale che avrebbe influenzato il suo sguardo curioso e ironico. Studia a Milano e Parigi prima di trasferirsi negli Stati Uniti con la famiglia nel 1942, stabilendosi a Los Angeles. È qui che inizia il suo percorso accademico, frequentando il Los Angeles City College e, successivamente, perfezionando la sua formazione in cinema alla New School for Social Research di New York tra il 1948 e il 1950.
Dopo il servizio militare, comincia a lavorare per Roy Stryker presso la Standard Oil Company del New Jersey. Tale esperienza si rivela fondamentale perché affina il suo occhio per il dettaglio e il racconto visivo.
Erwitt si accosta alla fotografia come se fosse una porta aperta su mondi infiniti, si dedica allo studio della fotografia e del cinema, ma la sua formazione oltrepassa le aule: le strade, le persone e i momenti di vita quotidiana diventano la vera scuola che il giovane fotografo impara a osservare con una precisione quasi magica.
Non cerca il dramma o l’eccezionale. La sua è una ricerca di tutto ciò che è autentico; le sue fotografie sono uno specchio dell’umanità, colta nella sua bellezza e nelle sue stranezze, nei suoi dettagli teneri e nei suoi paradossi. Non si limita a documentare: crea storie, esprime emozioni e ci invita a osservare il mondo con occhi diversi. Le sue fotografie sono finestre su una realtà piena di contrasti, bellezza e umorismo, e continuano a ispirare e sorprendere chiunque venga colpito dal suo sguardo unico.
Le sue prime esperienze lo portano a lavorare in laboratori fotografici, a sporcarsi le mani con la chimica dello sviluppo e a scoprire, un passo alla volta, il potenziale narrativo di un’immagine. La sua instancabile curiosità lo conduce a New York, dove incontrerà figure leggendarie come Edward Steichen e Robert Capa. Ed è proprio quest’ultimo, colpito dal talento del giovane, ad invitarlo nell’agenzia Magnum, un passo che segnerà l’inizio di un viaggio straordinario nella fotografia. La sua carriera è il risultato di una combinazione eccezionale di talento, curiosità e tempismo. Entrare nell’agenzia Magnum nel 1953 è il trampolino di lancio che gli consente di viaggiare e raccontare il mondo attraverso il suo obiettivo unico, collaborando anche con personalità del calibro di Henri Cartier-Bresson.
Durante gli anni ’50 e ’60, le sue fotografie documentarie conquistano il pubblico per la loro capacità di unire umanità e ironia.
Tra i suoi scatti più celebri vi è quello che ritrae il celebre “dibattito in cucina” tra Richard Nixon e Nikita Khrushchev a Mosca nel 1959, un’immagine che cattura con arguzia le tensioni e il teatro della politica.
Con il suo obiettivo cattura altri momenti entrati nella memoria collettiva: l’intensità di Jackie Kennedy al funerale di JFK, l’energia travolgente di Muhammad Ali sul ring. Eppure, anche in queste circostanze solenni, c’è sempre il suo tocco distintivo: uno sguardo che non si limita a documentare, ma in grado di cogliere magistralmente l’essenza del momento, il suo significato più profondo.
Le sue immagini non sono mai banali: che si tratti di reportage, lavori pubblicitari o fotografie personali, ogni scatto porta la sua firma inconfondibile. La sensibilità grafica di Erwitt si traduce in una capacità unica di organizzare gli elementi formali della scena per costruire una narrazione visiva che è al tempo stesso elegante e profondamente personale. Questo approccio ha influenzato generazioni di fotografi, spingendo i confini del fotogiornalismo e della fotografia d’arte.
Nella vita e nella fotografia, Erwitt è stato un osservatore instancabile. Non cercava il colpo di genio, ma attendeva con pazienza quel momento perfetto in cui tutto si allinea: la luce, lo sguardo, il gesto. Con il suo obiettivo, ha trasformato l’ordinario in straordinario, rivelando la bellezza e l’assurdità che si nascondono in ogni angolo della realtà.
Non si prendeva mai troppo sul serio, ed è stata proprio questa sua qualità a renderlo così amato. Il suo humor, la capacità di ridere del mondo e di sé stesso, e la sua umanità si percepiscono in ogni immagine che ha creato. Attraverso il suo lavoro, ci ha insegnato a osservare con occhi diversi, a scoprire storie nei dettagli più piccoli e a percepire la vita per ciò che è: imprevedibile, assurda, ma incredibilmente bella.
È proprio questa ironia affettuosa che rende il suo lavoro così unico: questo grande fotografo non si limitava a catturare la realtà, ma la interpretava con una leggerezza che invita a riflettere e a sorridere allo stesso tempo. La composizione è uno dei segreti più affascinanti dello stile di Elliott Erwitt. Ogni sua fotografia sembra racchiudere un equilibrio perfetto, come se la scena si fosse creata magicamente da sola. Ma dietro a questa apparente semplicità si nascondeva uno sguardo acuto, capace di cogliere le proporzioni, le connessioni, e di trasformare ogni elemento in un pezzo di un racconto visivo coinvolgente. Giocava con i contrasti, li cercava e li esaltava: il grande e il piccolo, il serio e il buffo, l’umano e l’animale.
I cani sono stati i protagonisti assoluti nella maggioranza delle fotografie di Erwitt, visti dal nostro fotografo non come semplici soggetti da ritrarre, ma veri e propri protagonisti della scena, capaci di incarnare la spontaneità e l’umanità come nessun altro. Nei suoi scatti, un bassotto accanto a gambe slanciate o un muso curioso che sbuca da una finestra diventano racconti visivi, piccoli capolavori che mescolano humour e bellezza. Con uno sguardo unico e un amore incondizionato per questi compagni a quattro zampe, ha trasformato ogni fotografia in un incontro straordinario, capace di toccare il cuore e strappare un sorriso.
Bisogna anche sottolineare, però, a proposito dei nostri meravigliosi compagni di vita quattrozampe che, qualche volta, dietro quella spontaneità che sembra magia pura, si cela l’astuzia del nostro fotografo. Erwitt aveva un trucco geniale: poco prima di scattare, suonava una trombetta o imitava un latrato, ottenendo reazioni autentiche e irresistibili dai suoi soggetti a quattro zampe. E il risultato? Fotografie che brillano di vita, con un’innocenza gioiosa e disarmante, in grado di strappare un sorriso a chiunque le osservi.
Ogni immagine racconta una storia che si rivela lentamente, non attraverso gesti spettacolari, ma tramite dettagli che colpiscono l’osservatore come una dolce rivelazione. E poi c’è il tempo, che nelle sue fotografie sembra sospeso, ma mai veramente fermo. C’è un respiro nelle sue immagini, un ritmo delicato che suggerisce movimento anche quando tutto appare immobile. È stato un maestro nel catturare quell’attimo perfetto, non tanto per immortalare emozioni esplosive, quanto per cristallizzare la magia semplice e quotidiana.
Nelle fotografie di Elliott Erwitt, i corpi sono frequentemente ritratti di spalle, voltati verso l’ignoto, creando un affascinante senso di distacco. Non si tratta solo di riflettere il mondo come appare, ma di sovvertire quella superficie che sembra così familiare, rompendo le sue convenzioni e stimolando lo spettatore a riflettere, allontanando l’attenzione dai soliti elementi e giocando con prospettive originali.
I suoi scatti non urlano, ma sussurrano, e proprio per questo colpiscono ancora di più. Ciò che rende davvero unico lo stile di Erwitt è la sua autenticità. Non ci sono artifici né manipolazioni, ma solo un amore incondizionato per la realtà, vissuta nella sua complessità, con le sue contraddizioni e la sua bellezza imperfetta. Che stia ritraendo un’icona mondiale, un cane curioso che guarda dalla finestra o un frammento di vita in una strada affollata, ci invita a vedere il mondo con occhi nuovi: con la curiosità di chi cerca il dettaglio nascosto, con il cuore di chi sa sorridere anche di fronte all’assurdità, e con la certezza che la vita, nei suoi momenti più semplici, è sempre una storia che merita di essere ascoltata.
Di seguito altre fotografie di Erwitt accompagnate dai suoi pensieri più noti.

“La fotografia è tutta qui: far vedere a un’altra persona quel che non può vedere perché è lontana, o distratta, mentre tu invece sei stato fortunato e hai visto“.

“Alcune foto non sono fotografie. Sono immagini con una faccia sopra. Non sono foto cattive, anzi sono molto carine, ma le buone fotografie sono quelle che mostrano ciò che nessuno di solito vede o vuol vedere“.

“Viaggiare è fondamentale per avere nuovi stimoli“.

“Ho fatto di tutto, ma preferisco il tipo di lavoro che ha a che fare con la condizione umana invece che con gli oggetti“.

“Di me dicono che sono un umorista: le mie foto dei cani che saltano quando gli abbaio, o suono la trombetta… La cosa più difficile e utile al mondo è far ridere la gente“.

La comunicazione oggi è molto veloce, lo sguardo non si ferma. C’è bisogno di qualcuno che arresta lo sguardo su qualcosa e ti dica “guarda questo”.

“Il punto fondamentale è scattare la foto in modo che poi non ci sia bisogno di spiegarla con le parole.”

“Quando è ben fatta, la fotografia è interessante. Quando è fatta molto bene, diventa irrazionale e persino magica. Non ha nulla a che vedere con la volontà o il desiderio cosciente del fotografo.”

“Chiunque può diventare un fotografo con l’acquisto di una macchina fotografica, così come chiunque può diventare uno scrittore con l’acquisto di una penna, ma essere un buon fotografo richiede più che la semplice perizia tecnica. Basta poco per capire se qualcuno è dotato di senso di stile, senso della composizione e una grande istintività. Tuttavia, tutte le tecniche del mondo non possono compensare l’impossibilità di notare le cose.“

“Volevo fare qualcosa di indipendente nella vita. La macchina fotografica ti porta in situazioni dove non andresti mai.“

“Una rivista tedesca mi ha appena chiesto di fare un servizio con i Google Glass. È incredibile, per scattare devi solo dare un colpetto qui sull’asticella, presto basterà un battito di ciglia. Fotografare diventa uguale a vedere, non hai cornice, inquadratura, nulla.“

“Ogni fotografo lotta per quell’attimo straordinario che trascende il soggetto e trascende il luogo, ed [ha] qualcosa che dura e che può essere guardato negli anni a venire. E questo è ciò che si chiama magia.“

“Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato.”

“Quando uno si ritrova di colpo in mezzo a estranei che blaterano in una lingua che non capisci, devi usare gli occhi. E cosa vedi? Vedi esseri umani comici, tristi, felici: esseri umani più o meno come te.”

“Nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla.”

“Solo la fotografia ha saputo dividere la vita umana in una serie di attimi, ognuno dei quali ha il valore di una intera esistenza.“

“Ogni fotografo lotta per quel momento straordinario che trascende il tempo e il luogo presente, qualcosa che resta e può essere guardato negli anni a venire. Tale è ciò che chiamiamo magia.”

“Gli elementi di una buona fotografia sono la composizione in primo luogo, il contenuto successivamente e un aspetto più effimero, qualcosa che non si può costruire ma che si riesce a scorgere in alcuni momenti: l’incanto dell’immagine”.

“Penso che la cosa più importante di una fotografia sia risvegliare emozioni, fare ridere o piangere la gente oppure entrambe le cose simultaneamente. Quando riesci a far piangere e ridere qualcuno allo stesso tempo come Chaplin faceva è il più alto dei risultati. Un obbiettivo supremo”.

“La fotografia: un’esteriorità meravigliosa che talvolta giunge a toccare la durezza che si nasconde dietro la maschera. In quanto fotografo mi occupo di superfici, l’apparenza delle cose”.
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