«Con la mia arte ho emozionato l’animo di molte persone… Puoi offrirmi qualcosa che possa essere paragonata alla gioia di essere artista?»
Forse anche la gioia di diventare mamma. Sogno che Mary Cassatt non riesce a realizzare.
Ma questa straordinaria artista, una delle prime donne che prende il pennello tra le mani e con determinazione e coraggio sfida le convenzioni sociali del tempo, sceglie come tema ricorrente delle sue opere la maternità, l’intimità tra madre e figlio, quella simbiosi che proprio lei, pur non avendola conosciuta direttamente, la riproduce sulle sue tele mettendo in rilievo la magia di quell’unione privilegiata.
E in fondo anche Mary ha vissuto attraverso l’arte tale gioia, riuscendo ad entrare in empatia con le donne ritratte.
A differenza degli altri artisti del periodo che focalizzano la loro attenzione soprattutto sui paesaggi e le stradine, Mary Cassatt predilige ritrarre donne comuni nel loro ambiente familiare.
Nello stesso tempo attua una rivoluzione nell’ambiente alto-borghese di quel periodo in cui, se una ragazza mostra doti creative e si diletta nel disegno e nella pittura, viene elogiata.
Ma se la stessa ragazza ambisce a fare della pittura una professione, viene guardata con diffidenza e tenacemente osteggiata.
A meno che non si tratti di una donna che sin dall’adolescenza mostra di avere le idee ben chiare ed è decisa a tutti i costi di inseguire il proprio sogno.
Mary Cassatt, ragazza caparbia e sognatrice, ha deciso di diventare pittrice, a dispetto della mentalità di quel periodo e dei vani tentativi del padre di dissuaderla da tale ambizione.
Nata il 22 maggio del 1844 ad Allegheny, in Pennsylvania, da una famiglia benestante e di gran cultura, viaggia con la famiglia sin dalla più tenera età e, durante la permanenza per cinque anni in Europa, apprende il francese e il tedesco.
Nel 1860, quando la famiglia si trasferisce a Philadelphia, s’iscrive alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts per studiare pittura, nonostante la dura opposizione dei genitori timorosi del contatto della figlia con ragazzi anticonvenzionali dallo stile di vita sregolato.
Intrapresi gli studi artistici con entusiasmo, li abbandona poco dopo per l’insofferenza al modo di relazionarsi dei compagni e degli insegnanti che si mostrano altezzosi e poco inclini alla crescita culturale della ragazza.
Mary decide così di approfondire lo studio dei più grandi artisti europei autonomamente e nel 1886, contro il volere del padre, si trasferisce a Parigi, il fulcro del dibattito artistico europeo.
L’accesso alle donne è ancora precluso all’École de Beaux Arts e Mary assume degli insegnanti privati per la sua formazione artistica.
Anche in Europa Mary constata tristemente che le donne artiste vengono guardate con sospetto e ciò la costringe a dipingere all’interno dei ritratti di vita familiare in cui già si nota il suo peculiare stile che non prevede pose statiche.
Costretta a tornare in patria a causa dell’incombere della guerra franco-prussiana, si acuiscono i contrasti con il padre, determinato a non finanziarle gli studi.
Disperata per la mancanza di denaro, cerca fortuna a Chicago, ma i suoi dipinti vengono distrutti dal grande incendio che colpisce la città.
Grazie all’Arcivescovo di Pittsburgh che apprezza alcuni suoi dipinti scampati all’incendio e le commissiona due copie del Correggio, ha la possibilità di tornare in Europa.
Nel 1874 si stabilisce definitivamente a Parigi insieme alla sorella e affitta un appartamento. Ma altre delusioni l’attendono. Le sue opere vengono respinte costantemente, così come accade ad altre pittrici, dalla commissione del Salon di Parigi. La motivazione addotta è quella dei colori troppo brillanti.
Nel 1877 conosce il pittore impressionista Edgar Degas che la invita ad esporre le sue opere insieme agli impressionisti.
Decisiva è la collaborazione di Mary al suddetto movimento; la donna, infatti, non esita a promuovere quella corrente artistica negli Stati Uniti.
Modella e amante di Degas, la sua pittura si distingue per la sensibile introspezione psicologica dei personaggi ritratti. I suoi dipinti rappresentano un’opera di alta poesia che incantano l’osservatore per gli armoniosi contrasti cromatici e le pose spontanee delle figure.
Costretta poi a vendere alcuni suoi quadri per pagare le medicine alla sorella gravemente malata, interrompe per un periodo di tempo la pittura.
Dopo la morte della sorella, comincia a discostarsi dallo stile impressionista e decide di sperimentare nuove tecniche, rifiutando ogni identificazione a qualsiasi movimento artistico.
Allestisce alcune esposizioni anche negli Stati Uniti e dopo il 1886 si nota un cambiamento del suo stile, adesso più lineare, visibile anche nella sua opera “Donna che si lava” in cui l’influenza dei grandi maestri giapponesi è ben evidente.
Ormai famosa e apprezzata negli Stati Uniti, riceve negli ultimi anni della sua vita una consacrazione ufficiale della sua arte dal suo paese d’origine e nel 1904 è la prima donna artista ad ottenere l’onorificenza della Repubblica francese, Cavaliere della legion d’onore.
Malata di diabete, con il passare degli anni, perde quasi completamente la vista.
Si spegnerà il 14 giugno del 1926 nel suo amato paese Château de Beaufresne, vicino Parigi.
Donna e artista straordinaria, nella sua arte si notano anche influenze dell’arte secentesca nell’uso delle ombreggiature ed anche dell’Impressionismo per l’uso di colori chiari e stesi con corpose e brevi pennellate.
Ma la pittrice rifiuta ogni etichetta e non si può non rispettare questa sua scelta.
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Il suo quadro più bello, secondo me, è quella della bambina in una poltrona blu perchè esprime il disagio del soggetto ritratto alla ricerca di una posizione che la faccia sentire a proprio agio.S’intuisce che la bambina vuole trovare la posizione più comoda in una poltrona designata agli adulti.E allora lei decide di sedersi in un modo considerato sicuramente per quei tempi non consono ad una bambina.Chissà quanti di noi abbiamo subito il rimprovero da piccoli che ci costringeva ad abbandonare quella posizione assunta. “Siediti composta!”Ma la bambina non ci sta e si siede liberamente.Non è realista per quei tempi e rappresenta secondo me un quadro rivoluzionario.
Potrebbe anche essere una rappresentazione di se stessa, quella vera, quella che non appare negli autoritratti e che devo ammettere non mi piacciono molto. La vera Mary, secondo il mio punto di vista, rappresenta bene se stessa in quel dipinto da te segnalato. La posizione anticonvenzionale assunta dalla bambina sulla poltrona blu si potrebbe interpretare anche in questo modo. Mary Cassatt riesce in modo formidabile a rappresentare la donna nuova che si distacca dalle convenzioni sociali dell’epoca. E non lo fa solo attraverso la sua arte.
Ciao, Rita 🙂
[…] e nello stesso anno visita la quarta mostra impressionista in cui scopre Caillebotte, Cassatt, Degas , Monet e Pissarro. La sua vocazione artistica comincia ad inviargli segnali ben chiari, […]