«Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano». Sai Baba
Chiunque abbia visitato la Turchia si è immediatamente accorto del modo di relazionarsi della popolazione con i randagi. Un approccio molto differente da quello italiano o di altre nazioni occidentali. Anni fa sono rimasta profondamente colpita dall’interesse mostrato verso due gattini randagi, di cui uno con una frattura alla zampa, che cercavano di ripararsi dentro un negozio di ceramiche. Nessuno dei proprietari li ha cacciati ed il mio interesse mostrato per la sorte dei due fratellini non è stato di certo ignorato o deriso, come spesso accade qui, in Italia. Al mio palese interesse per curarli, o nel caso non fosse stata trovata una famiglia adottiva, di portarli via con me, sono seguite immediatamente delle telefonate per cercare il modo di risolvere tale emergenza. E non mi trovavo ad Istanbul, città nota in tutto il mondo non solo per le bellezze architettoniche e il paesaggio mozzafiato, ma anche per il modo civile di risolvere il problema dei randagi.
Da tempo è infatti a tutti noto che nelle più grandi città turche sono presenti non solo distributori di croccantini e acqua dove la gente è invitata a riciclare bottiglie di plastica ed il cui ricavato viene usato per “alimentare” tali dispenser, ma anche casette adibite a cucce per randagi ed una generale solidarietà nei confronti dei nostri compagni di vita.
Quando ho incontrato quei due cuccioli ero a Yahyali, uno splendido paesino situato vicino Kayseri, nell’Anatolia. E già in quel luogo ebbi l’occasione di notare, e non solo nel caso di quei due gattini prontamente adottati da una famiglia locale, il rispetto della popolazione nei confronti degli animali.
Nessuno stupore quindi nei confronti della notizia dell’Imam Mustafa Efe che ha deciso di aprire la sua moschea ai gatti randagi della città di Istanbul. Mai visto indifferenza, o ancor meno un gesto di insofferenza, nei confronti degli animali. La derisione verso chi mostra interesse per i nostri amici a quattro zampe, non è minimamente contemplata.
Inizialmente avevo pensato, nel caso dei sopracitati gatti in difficoltà, che si trattasse di un rispetto dei colleghi nei miei confronti. Poi ho compreso, leggendo alcune notizie provenienti dalla Turchia, che si tratta semplicemente di un retaggio culturale facilmente riscontrabile nelle loro originaria cultura religiosa cui poi si sovrappose l’Islam. Lo sciamanesimo era stata infatti la corrente spirituale più influente in questa popolazione per secoli. Una religione della Natura che accomunava il popolo turco agli Indiani d’America. Una religione non antropocentrica e che volge la sua attenzione al rispetto incondizionato nei confronti della Natura. Ancora oggi i turchi non hanno smarrito quell’istinto atavico che si evince dal relazionarsi con gli animali in modo molto differente dal nostro. Ed anche se a tale religione si è poi sovrapposta quella islamica, che ritiene solo il gatto un animale sacro, le profonde radici dello sciamanesimo non sono state del tutto annientate dall’Islam, almeno per quanto concerne il rapporto con gli animali ed il profondo rispetto per la natura.
È di qualche ora fa la notizia che sta suscitando scalpore in tutto il mondo del già menzionato Imam che ha aperto la sua moschea ai gatti senza tetto. Una bellissima notizia che mostra ancora una volta quel volto civile della Turchia che non tutti conoscono.
I gatti si aggirano tranquillamente tra i fedeli riuniti in preghiera e nessuno si lamenta del “fastidio” di avere accanto a sé quegli insoliti ospiti.
«I gatti hanno trovato la casa della compassione e della misericordia», dichiara l’Imam che, già dallo scorso anno, ha deciso di fornire aiuto ai randagi nei mesi più freddi dell’anno.
Mustafa Efe ha fatto in modo che la moschea venga considerata dai piccoli felini una vera e propria casa; si assiste infatti spesso a scene di gatte che portano i loro cuccioli, uno alla volta, dentro quel luogo di culto.
Nella moschea “Aziz Mahmud Hüdayi” i gatti sono dunque i benvenuti e trovano riparo dal freddo. Qualcuno potrebbe obiettare che non vi è nulla di strano in tutto questo, visto che nella religione islamica i gatti sono considerati animali sacri, a differenza dei cani, ritenuti invece esseri inferiori.
Ma basta guardare il modo in cui anche i cani siano rispettati e aiutati quanto i gatti per far crollare ogni convinzione riguardo un rispetto che affonda le sue radici, come già sottolineato prima, in tempi molto più remoti.
Sottoporre un animale a violenza o maltrattamento viene ritenuta una grave offesa a quel diritto naturale che ha preceduto l’avvento del Corano.
Un ottimo esempio di solidarietà che mi auguro venga preso a modello da altri imam ed anche dai sacerdoti occidentali che la notte sembrano affrettarsi a chiudere con cura un luogo “sacro” e che, in quanto tale, dovrebbe essere aperto a tutti, umani e non, soprattutto quando le temperature si abbassano e trovare riparo diventa un’ardua impresa per i senzatetto.
Per guardare il video realizzato dallo stesso Mustafa volto a mostrare il benessere dei gatti accolti in questa calda moschea, basta cliccare qui. Per congratularsi della sua nobile iniziativa potete contattarlo qui.
N.B. Le immagini sono state reperite nel web e quindi considerate di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo lacapannadelsilenzio@yahoo.it e saranno immediatamente rimosse.

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