Ho appena riletto la poesia “Cagna e luna” del poeta russo di vena simbolista Fedor Sologub (1863-1927) e mi sono lasciata trasportare da quel sentimento panico di fusione e vibrante coinvolgimento alla vita di tutti gli esseri che percorrono insieme a noi questo breve e, talvolta solitario, percorso su questa terra.
Una poesia toccante in cui si avverte la partecipazione al sentimento di smarrimento di questa cagna che si aggira in solitudine timidamente, turbata dai rumori e dagli odori misteriosi della notte. E l’io del poeta, apparentemente celato nel suo fondersi con quella visione notturna, emerge delicatamente nell’accoramento della cagna esprimendo il suo stato d’animo di quel momento.
Sta la luna come un disco
su nell’aria.
Io stanotte illanguidisco
solitaria.
Non abbaia più nessuna
mia compagna.
Gela al lume della luna
la campagna.
Oh la strada semispenta
com’è brulla!
Non c’è cosa che si senta,
non c’è nulla.
Sempre il suol che par che dorma,
naso, fiuta!
Sulla strada sento un’orma
sconosciuta.
Sento un passo sì distante
che non dico.
Sei un amico, o viandante,
o un nemico?
Vien per l’ampia via maestra
la sfortuna.
Latro qui da una finestra
alla luna.
Essa pende come un disco
tutta d’oro
Io stanotte illanguidisco
e m’accoro.
Il silenzio lacerate
come un velo,
o sorelle, ed abbaiate
contro il cielo.
Da “Il fiore del vento russo” _ Immagine reperita nel web

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