«Il cinismo dell’estrema solitudine è un calvario che l’insolenza attenua.»
Emil Cioran
Nel confessionale di una chiesa appare il primo piano di un sacerdote pronto ad ascoltare uno dei suoi parrocchiani.
Le parole che scorrono come un fiume in piena dirompono in tutta la loro crudezza, con apparente tranquillità.
Lo sconosciuto parla di una violenza sessuale ripetuta per anni e subita da bambino da parte di un prete.
Parole dure che s’incidono nel nostro animo.
Sette lunghissimi anni di abusi quotidiani nell’orfanotrofio in cui l’uomo si trovava durante l’infanzia.
Una storia che sembra ormai non scandalizzare più nessuno.
Gli episodi di pedofilia consumati nella Chiesa sono diventati notizie a cui ci siamo assuefatti.
Nel tono apparentemente pacato dello sconosciuto si avverte un sottile rancore sfociato ormai nel sadismo di chi ha trovato il modo di placare la propria rabbia.
Non può più vendicarsi, afferma con freddezza lo sconosciuto. Il prete che ha abusato di lui è morto.
Lunghi sono i silenzi del sacerdote che ascolta con impotenza una storia simile a tante altre e udita chissà quante volte nei telegiornali.
Eppure nello sguardo addolorato del sacerdote si coglie un fremito di rabbia nei confronti di quei preti che hanno abusato della loro posizione per violentare dei bambini che si affacciavano al mondo con fiducia.
Lo sconosciuto parrocchiano non si perde nei dettagli di quell’esperienza drammatica e con parole affilate annuncia l’insolita vendetta che intende attuare.
Ucciderà proprio il sacerdote che lo sta ascoltando.
Anche lui in fondo rappresenta la Chiesa.
«Non ha senso uccidere un prete cattivo. Ucciderò te perché sei innocente come lo ero io.» E aggiunge con sarcasmo: «Uccidere un prete di domenica…sarà bellissimo.»
Il sacerdote è padre James Lavelle, interpretato superbamente dall’attore irlandese Brendan Gleeson, già noto al pubblico per le sue eccellenti prove recitative in Ritorno a Cold Mountain, Troy, Braveheart e Harry Potter.
Così comincia Calvario, l’inquietante lungometraggio del regista irlandese John Michael MacDonagh, una coproduzione anglo-irlandese che ci conduce in quei paesaggi straordinari dell’inquieta e tormentata Irlanda di spiagge spettacolari e verdi vallate.
Padre Lavelle esercita la sua attività ecclesiastica in un piccolo paesino di una di quelle nazioni notoriamente cattoliche dove si sono consumati i crimini più efferati della Chiesa.
E proprio quel paesino apparentemente tranquillo assurge a metafora di un’umanità sofferente in un mondo alla deriva in cui non si riesce ad intravedere alcun barlume di speranza.
Il contrasto tra quel paesaggio dagli scorci sconfinati contornati da infinite sfumature di verde ed esseri umani freddi e disincantati riesce ad esprimere potentemente la sofferenza della società contemporanea, distante da qualsiasi forma di empatia e spiritualità.
Il “calvario” di padre James, che decide di seguire la propria vocazione dopo la morte della moglie, comincia con quella morte annunciata.
Giorno dopo giorno cerca ancora di più di accostarsi ad un’umanità che non riesce a credere in niente, che non cerca la salvezza da una vita arida, ma sembra ostinatamente coltivare quel vuoto che ha voluto creare.
I personaggi del film sono apatici, ipocriti e mostrano una profonda avversione, tranne rarissimi casi, verso quel sacerdote in cerca di un’umanità smarrita e ormai annientata dal materialismo e dal disinteresse verso il cristianesimo, irrimediabilmente associato ad una Chiesa corrotta e falsa da cui nemmeno lo stesso padre James riceve un po’ di conforto.
Si abbraccia disperatamente al proprio cane, gravemente malato, che giace quasi sempre nel letto e cerca di ricucire il rapporto con la figlia, la bravissima Kelly Reilly, una ragazza fragile e sboccata, che mostra i segni del precoce abbandono del padre deciso ad indossare l’abito talare dopo la dipartita della moglie.
I giorni trascorrono lentamente tra personaggi che con la loro violenza, talvolta anche fisica, sembrano voler comunicare al mondo che Dio è scomparso.
Personaggi squallidi che non mostrano interesse alcuno per le conseguenze nefaste delle loro azioni e palesano un profondo disprezzo verso quell’uomo, colpevole di andare in giro con l’abito talare, e che non può nemmeno soffermarsi a scambiare due chiacchiere innocenti con una bambina incontrata per strada.
Nonostante ciò, questo singolare prete seguita a sperare negli uomini, in una scintilla di vita anche nel più bieco assassino o nello sguardo spento di un giovane introverso che vuole arruolarsi nell’esercito per conquistare le donne.
Solo la figlia e una turista che ha appena perso il marito riescono a seguire il grande cuore di quest’anima tormentata in attesa di una morte annunciata e che, nonostante la tragedia incombente ogni attimo di quel che gli resta della sua vita, non riesce a perdere quell’umorismo nero che contraddistingue il popolo irlandese.
La sua piccola chiesa viene bruciata e il suo cane sgozzato.
E continuano a scorrere le miserie umane accanto ad un paesaggio maestoso catturato dalla spettacolare fotografia di Larry Smith, accompagnata dalle bellissime canzoni di Townes Van Zandt.
Una storia ancestrale, uno sguardo attento al calvario globale e a quello di un uomo condannato a morte, così come tutti noi, esseri finiti, ma che crediamo di poter dominare la vita.
Un film indipendente che ha registrato record d’incassi in Irlanda.
Una storia che, seppur dolorosa, mostra una struggente bellezza che non lascia indifferenti.
Uno dei pochi film che riescono a nutrire il nostro spirito in un mondo, e bisognerebbe gridarlo con forza, sempre più disumanizzato e che avrebbe bisogno di calore.
Quello stesso calore che traspare negli occhi del protagonista, della figlia e della giovane turista colpita da una drammatica perdita.
E le sue parole schiaffeggiano tutti noi, credenti o non.
«La morte è giusta, non è giusto che la gente non viva una vita buona e senza amore.
Provo pena per chi lo fa.»
E la citazione di De Sade in scene avvilenti in cui ruotano personaggi avulsi che cercano un capro espiatorio alla loro solitudine e sofferenza racchiude il significato di un film che comunque, come tutti i grandi film, si presta a innumerevoli interpretazioni e riflessioni.
«L’inferno per l’uomo è la stupidità e malvagità dei suoi simili.»
Qui potete trovare il trailer in italiano di Calvario.
https://www.comingsoon.it/film/calvario/49520/video/?vid=17385
(Immagini e video reperiti nel web)

Lo vedrò. Dev’essere molto bello.
Grazie per la segnalazione 🙂
Merita di essere visto, come tutti i film indipendenti che, a causa della loro scarsa distribuzione, non raggiungono la notorietà. Ti segnaliamo anche Another Earth, altro film indipendente quasi sconosciuto al pubblico italiano. Purtroppo al cinema sembra di vedere, sempre più spesso, film tutti uguali, con gli stessi autori e attori, perchè molte case di distribuzione mirano al sicuro richiamo del pubblico e ben poco alla qualità.
Ciao, Marina 🙂
Free Piano
This is a wonderful news to get bloggers. It opens entry to a large spectrum of those people who are finding a location to style their issues. With ones theme, I can gain your visibility I am having at present. Thanks for this purpose informative publi…