«Dean va contro cinquant’anni di cinema. Lui recita qualcos’altro da quello che pronuncia, il suo sguardo non segue la conversazione, provoca una sfasatura tra l’espressione e la cosa espressa. Ogni suo gesto è imprevedibile. Dean può, parlando, girare la schiena alla cinepresa e terminare in questo modo la scena, può spingere bruscamente la testa all’indietro o buttarsi in avanti, può ridere là dove un altro attore piangerebbe e viceversa, perché ha ucciso la recitazione psicologica il giorno stesso in cui è apparso sulla scena.»
François Truffaut
Possono tre interpretazioni indimenticabili donare l’immortalità ad un giovane attore che perde la vita a soli ventiquattro anni in un banale incidente d’auto?
Indubbiamente il caso di James Dean ne è un’indiscutibile prova, ma per comprendere come sia diventato un’icona del cinema e di una generazione, non basta attribuire a tre superbe prove recitative la sua fama senza tempo che racchiude le inquietudini adolescenziali mai sopite in chi ha vissuto gli anni più difficili di quel percorso evolutivo e li ricorda ancora con nostalgia, accantonandone lo smarrimento e i disagi.
James Dean rappresenta l’adolescente tipico con la sua espressione mutevole di un’età che custodisce gli stupori dell’infanzia nella loro disarmante spontaneità, e l’asprezza di chi si affaccia al mondo incomprensibile degli adulti e cerca di abbatterne quelle convenzioni soffocanti provando ad affermare quell’io ancora sfuggente a se stesso.
Un’età senza età, la prima età in cui l’uomo comincia a vivere e che non dura mai abbastanza, parafrasando Rousseau. Quell’età immersa in mille pensieri e la cui profondità dello sguardo si perde in un orizzonte che solo pochi riescono ancora a vedere, o che forse non hanno mai visto. L’età che da sempre irrita i conservatori per quella spasmodica ricerca di risposte sul motivo della nostra esistenza su questa terra, in cui i sentimenti vengono estremizzati, l’amore idealizzato e l’umore diventa vittima altalenante di ribellioni urlate ed altre ostinatamente silenziose.
E James Dean, con la sigaretta sempre penzolante tra le labbra, il carattere schivo e di poche parole, con i capelli arruffati e lo sguardo malinconico, interpreta tre personaggi che segnano la storia del cinema esprimendo il mondo incompreso e inafferrabile dell’adolescenza troppo breve per essere poi ricordato da adulti.
Nato a Marion, nello stato dell’Indiana, da una famiglia di quaccheri, l’otto febbraio del 1931, James Byron Dean si trasferisce con la famiglia a Santa Monica, in California, e perde la madre a soli nove anni. Viene mandato dal padre a vivere con una coppia di zii in una fattoria vicino a Fairmount, nello stato dell’Indiana, ed educato secondo i dettami del rigido moralismo del movimento cristiano dei quaccheri. Una sconvolgente rivelazione del giornalista americano Kevin Sessums, ha recentemente reso noto un presunto episodio terribile dell’infanzia del noto attore che riguarda le molestie sessuali da lui subìte a undici anni da parte di un pastore, confessati da James ad Elizabeth Taylor, con cui aveva lavorato nella realizzazione del film “Il gigante“.
Negli anni della scuola superiore comincia a frequentare dei corsi di teatro e sente crescere in sé una forte attrazione per il mondo della recitazione. S’iscrive poi alla facoltà di Giurisprudenza a Santa Monica, ma decide di andare contro il volere del padre cambiando repentinamente indirizzo di studio e seguendo il corso di discipline teatrali a Los Angeles. Per mantenersi agli studi lavora come custode in un parcheggio e si reca poi a New York per studiare recitazione all’Actor’s Studio.
In breve tempo, dopo alcuni ruoli secondari, gli si spalancano le porte di Hollywood e la sua notorietà, dopo la straordinaria interpretazione del solitario e infelice Cal del capolavoro di Elia Kazan , “La Valle dell’Eden” (1955), è inarrestabile.
Tratto dall’omonimo romanzo di John Steinbeck, La Valle dell’Eden racconta la storia di due fratelli, segnati dall’abbandono della madre, che vivono con il padre. Quest’ultimo mostra una predilezione particolare solamente per uno dei figli, il più accondiscendente e responsabile, il cui carattere si contrappone all’introverso Cal che, per conquistarsi l’amore del padre, non esita a distruggere la vita del fratello rivale. Personaggio amaro, la cui sofferenza trapela nello sguardo al tempo stesso dolce e duro di James Dean, la figura di Cal segna l’inizio della breve ma intensa carriera del giovane attore statunitense, che per questo film viene candidato all’Oscar come migliore attore protagonista.
Nello stesso anno interpreta il male di vivere di un problematico adolescente in conflitto perenne con la famiglia e la società, nel noto film che lo consacra ad icona ribelle del cinema americano, “Gioventù Bruciata”, di Nicholas Ray, a fianco della bellissima e sfortunata attrice Natalie Wood.
Anche in questo film il ruolo di James Dean si discosta da quello del bravo ragazzo assennato e rivoluziona la visione della gioventù nel cinema. I personaggi che ruotano intorno a lui non sono dissimili da quella sua ansia di vivere in fretta e bruciare le tappe di un’esistenza di cui cerca di afferrare il significato nell’amicizia e nell’amore.
Quasi una tragedia greca, Gioventù Bruciata.
La tragedia di vivere senza sapere perché. Una tragedia che accompagna la vita di molte persone fino alla morte…per tale ragione, secondo il mio punto di vista, non si può limitare l’eredità artistica di James Dean in simbolo dell’adolescenza. Insicurezza e spesso incapacità di vivere in modo consapevole accompagna sovente la vita dell’uomo a qualsiasi età. Nell’adolescenza il male di vivere esplode in modo violento. E dopo? Si è veramente sicuri di aver trovato il nostro posto nel mondo o ci si è semplicemente rassegnati a condurre un’esistenza approvata dalla società?
Interrogativi sospesi.
Ma torniamo al film in questione.
Famiglie incapaci di comprendere i figli, spesso distanti dalle loro problematiche e rinchiuse nel loro egoismo fanno sì che molti giovani disorientati si lascino travolgere dalla devianza scivolando nell’abuso di alcool, in corse pericolosissime in auto rischiando la vita pur di mostrare di essere qualcuno in un mondo omologato e anonimo, e risse provocate volutamente per affermare la propria personalità.
Il film, ancora oggi, è un pugno nello stomaco e bisognerebbe vederlo in lingua originale per poterne apprezzare la recitazione drammaticamente isterica di questo grande attore, “ribelle senza una causa“, come dal titolo originale di “Gioventù Bruciata“.
Giacca rossa, maglietta bianca e jeans, diventano il segno distintivo dei giovani americani di quel periodo che non esitano ad identificarsi con Jim Stark e le sue angoscianti inquietudini.
E ancora nel 1955 James Dean interpreta “Il Gigante“, accanto a Rock Hudson ed Elizabeth Taylor, nel ruolo di Jett Rink, giovane bracciante innamorato, senza essere ricambiato, di Leslie (Elizabeth Taylor). Erede di un terreno ricco di petrolio che lo renderà miliardario e lo condurrà a cercare il riscatto delle umiliazioni subite in passato corteggiando la giovane figlia di Leslie, sposatasi poi con Bick Benedict (Rock Hudson), vede ancora il giovane attore nel ruolo dell’eterno ribelle nei confronti di una società classista, bigotta e profondamente razzista.
Il film sta per essere finito quando James Dean è vittima di un incidente stradale in cui perde la vita a bordo della sua Porsche scontrandosi frontalmente con un’auto che invade la sua corsia.
Il 30 settembre del 1955 si spegne così, a soli ventiquattro anni, a Cholame, un grande e indimenticabile attore, cui sono stati poi assegnati postumi un Golden Globe per la sua interpretazione ne “La Valle dell’Eden” e la candidatura al premio Oscar come miglior attore protagonista per “Il Gigante“, le cui ultime scene vengono girate da una controfigura.
Tre film in cui è protagonista. Tre film nello stesso anno ed una grande carriera stroncata sul nascere.
Lo ricordo con alcuni suoi pensieri e riflessioni di personaggi famosi che non sono riusciti a restare insensibili alla genialità di questo grande attore.
Capire il completo significato della vita è compito dell’attore; interpretarla il suo problema; ed esprimerla la sua missione. Essere un attore è la cosa più solitaria del mondo. Sei completamente da solo con la tua concentrazione e con la tua immaginazione, e quello è tutto ciò che hai. Essere un buon attore non è facile. Essere un uomo è ancora più difficile. Voglio essere entrambi prima di morire.
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Credo ci sia una sola forma di grandezza per l’uomo. Se un uomo può colmare il vuoto tra la vita e la morte. Voglio dire, se riesce a vivere anche dopo che è morto, allora forse quello era un grand’uomo. Per me l’unico successo, l’unica grandezza, è l’immortalità.
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Studiare mucche, maiali e galline può aiutare un attore a sviluppare il suo personaggio. Ci sono un sacco di cose che ho imparato dagli animali. Una è che non potevano fischiarmi. Sono anche diventato più vicino alla natura, e ora posso apprezzare la bellezza di cui questo mondo è dotato.
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La gratificazione sta nel fare, non nei risultati.
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Solo le persone gentili sono veramente forti.
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Sogna come se dovessi vivere per sempre. Vivi come se dovessi morire oggi.
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In lui i giovani di oggi si ritrovano completamente e più che per le ragioni che si citano solitamente, violenza, frenesia, pessimismo, per altre più semplici e quotidiane: pudore dei sentimenti, gusto per la competizione e quel sentimento di estraneità nei confronti della società.
François Truffaut
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Dean era la Sagan tradotta in americano, l’adolescente pazzo per noia romantica, più vicino all’europeissimo Truman Capote e a Oscar Wilde che ai personaggi contadineschi di “Peyton Place” o ai giovani pazzi ma paesani che si riscontrano nei romanzi americani.
Oriana Fallaci
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Dopo Clift venne Marlon Brando, e dopo Brando venne James Dean.
Peter Bogdanovich
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Eri troppo veloce per vivere, troppo giovane per morire.
Eagles
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La sua angoscia era autentica sia sullo schermo che nella vita.
Andy Warhol
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Senza James Dean non sarebbero mai esistiti i Beatles.
John Lennon
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