Una foto che urla silenziosamente, mostrando la tragedia di un popolo dimenticato a causa dell’abisso di indifferenza in cui è sprofondato il nostro mondo: questa è l’immagine scattata dalla fotografa palestinese Samar Abu Elouf, che ritrae Mahmoud Ajjour, un bimbo di nove anni. Nel disperato tentativo di scappare da un bombardamento a Gaza, ha perso entrambe le braccia. Questo struggente scatto, che ha ricevuto il prestigioso riconoscimento del “World Press Photo” 2025 e ha trovato spazio sulle pagine del New York Times e di altri quotidiani, cattura l’orrore quotidiano di una rappresaglia infinita e indiscriminata che sembra essere diventata una routine per il resto del pianeta.
Samar, costretta a lasciare la sua terra a dicembre 2023, ora racconta da Doha, capitale del Qatar, le storie dei piccoli sopravvissuti, veri testimoni di un conflitto che continua a infliggere profonde ferite e chiede risposte. Eppure, nonostante il riconoscimento internazionale, le reazioni a questo scatto rimangono piuttosto fredde: applausi formali, qualche appello, ma davvero poca urgenza nel porre fine a così tanto dolore.
Tra uova colorate e tavole imbandite ( che noia! ), ci si prepara a festeggiare la Pasqua e ci si dimentica della tragedia che si sta consumando sotto i nostri occhi. Dov’è la nostra empatia? Non possiamo chiudere gli occhi: siamo a conoscenza della carneficina quotidiana a Gaza, dove i civili perdono la vita sotto le bombe, eppure il silenzio continua a prevalere. Pochi osano alzare la voce per denunciare questa violenza contro i più vulnerabili. Mi domando: che significato ha questa celebrazione, se la nostra umanità è quasi del tutto svanita e si resta in silenzio dinnanzi a questa sciagura?
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