Hermann Hesse, una ricerca dell’equilibrio nella spiritualità e nella natura

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Hermann Hess, biografia, pensiero e citazioni
Considerato uno dei massimi scrittori di tutti i tempi, Hermann Hesse è stato in grado, grazie alla profondità del suo pensiero e alla sua coerenza interiore, di farsi interprete della sofferenza di tutti, servendosi del suo talento artistico per donare al mondo un’opera letteraria fondata su un umanesimo inteso nella sua accezione più nobile di missione d’amore da elargire agli uomini.
Insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1946 con la seguente motivazione: «Per la sua scrittura ispirata che nel crescere in audacia e penetrazione esemplifica gli ideali umanitari classici, e per l’alta qualità dello stile», Hermann Hesse è ancora oggi uno dei più considerevoli cantori della libertà individuale ponendo al centro dei suoi scritti un insolito eroe, un uomo senza vincoli e patria che intraprende un lungo cammino esistenziale, intercalato da brevi pause, inoltrandosi in un mondo distante, quasi estraneo, seppur sempre presente.
Nelle pagine che ci ha lasciato risplende la bellezza della natura in tutte le sue manifestazioni, e dell’uomo che riesce a trarne forza e nello stesso tempo a ravvivarne la meraviglia.
Scrittore e poeta esistenzialista, è ben consapevole dell’impossibilità di mutare il destino del mondo, e la sua opera, come egli stesso dichiara, è un tentativo di conseguire, nella molteplicità di vicende contrastanti, un’armonia e una solidarietà in grado di unire tutti gli esseri umani nella febbrile ricerca della comprensione della propria interiorità che invoca con potenza il desiderio di libertà.
Hermann Hesse, biografia, opere, pensiero e citazioniNato a Calw, una città situata nella Germania meridionale, il 2 luglio del 1877, Hermann Hesse era destinato agli studi di teologia, come avrebbero desiderato i suoi genitori, provenienti da nazionalità diverse, ma accomunati da una fervente fede protestante.
Lo scrittore affermò che la provenienza dei genitori da nazioni differenti gli impedì, fortunatamente, di provare sentimenti nazionalistici.
Insofferente sin da giovane alle costrizioni e alla disciplina, scappò dal collegio in cui i genitori lo avevano mandato nel 1891 e mostrò disinteresse per studi che dovessero sottostare alle regole.
Evadere dalla realtà e dagli schemi prestabiliti era la sua vocazione, senza precludere un’evasione totale dalla vita; tentò infatti il suicidio e fu ricoverato in una casa di cura per malattie mentali nel 1892.
Mesi di enormi sofferenze per uno spirito libero come Hesse e, probabilmente, per tutti quei cosiddetti “disadattati“, spesso internati per periodi più o meno lunghi, solo perché incapaci di accettare certe imposizioni ingiuste della società.
Tuttavia quei mesi d’internamento accrebbero il suo rifiuto nei confronti di una società volta ottimisticamente verso un cosiddetto progresso che plasmava la natura asservendola al volere dell’uomo e del mercato e, superata la crisi, Hesse, trovò un lavoro come assistente in una fabbrica di orologi da campanile nella sua città natale, dove tornò nel 1893.
Amante della lettura, impiegava il tempo libero divorando libri e componendo poemi e racconti.
Risoluto nella sua decisione di diventare scrittore, fu osteggiato inizialmente dalla famiglia, costretta poi ad arrendersi dinnanzi alla tenacia del figlio e a consentirgli di lavorare come commesso e apprendista di libreria, prima a Tubinga e poi a Basilea.
Nel 1899 vengono pubblicati i suoi primi libri, le raccolte di poesie “Canti romantici” e “Un’ora dopo mezzanotte” in cui già emerse la sua vena autobiografica che accompagnerà molte delle sue opere successive.
Herman Hesse, biografia, pensiero e citazioniConobbe nello stesso periodo alcuni scrittori famosi e dal 1901 fino al 1914 intraprese molti viaggi in Italia. Colpito particolarmente dall’Umbria, scrisse nel 1901 un breve saggio dedicato a San Francesco d’Assisi, figura presa come punto di riferimento di una spiritualità intensa e dolorosa, soffermandosi su quelle diverse forme di misticismo che condussero “uomini grandi e magnifici” a distaccarsi dalle convenzioni sociali e dagli effimeri piaceri materiali, fondendosi umilmente e candidamente alla natura per cercare di coglierne l’intima essenza.
Il successo letterario giunse nel 1904 con il romanzo “Peter Camenzind” che permise allo scrittore di lasciare il lavoro per potersi dedicare interamente alla letteratura.
Nello stesso anno sposò Maria Bernoulli da cui ebbe tre figli e si trasferì a Gaienhofen, sul lago di Costanza.
Anni in cui poté occuparsi totalmente della stesura di cinque romanzi: “Sotto la ruota“, “Al di qua“, “Vicinato“, “Amicizia” e “Gertrud“.
Ma anche anni in cui la sua inquietudine, in fondo mai sopita, ricominciò a manifestarsi prepotentemente.
Quell’agitazione lo spinse ad effettuare, nel 1911, un viaggio in Indonesia, sfiorando appena l’India, luogo in cui i suoi antenati avevano prestato servizio come missionari. Deluso dalle condizioni in cui versava il paese che aveva idealizzato, confessò che lo studio dell’antico indù aveva sempre esercitato su di lui un’influenza pari a quella del cristianesimo e ciò che aveva sempre riempito la sua vita non erano i problemi sociali, ma quelli dell’individuo. Le sue idee politiche erano democratiche, ma la sua visione del mondo apparteneva a quella di un individualista.
Hermann Hesse, biografia, pensiero e citazioni«Ho sempre disprezzato la tendenza della società moderna a subordinare la personalità alla soddisfazione delle esigenze collettive».
Nessun sollievo alla sua insoddisfazione spirituale in India, né in Malesia o negli altri paesi orientali visitati. Anche se costituì una fonte d’ispirazione per uno dei suoi libri più famosi, “Siddharta“, pubblicato solo nel 1922.
Al ritorno da quel viaggio, nel 1912, si trasferì con la famiglia a Berna.
Un soggiorno che non riuscì a placare la sua insofferenza alla vita coniugale con la moglie Maria, donna sensibile, ma spesso afflitta da depressioni che poco potevano alleviare la crisi esistenziale dello scrittore destinata ad aumentare con i primi segnali di un imminente scoppio della prima guerra mondiale. La moglie fu internata in una casa di cura e i figli dati in affidamento.
In piena solitudine, Hesse cercò di comprendere se stesso e di approfondire ulteriormente la filosofia buddhista e le altre religioni orientali. Diventò vegetariano e nel 1919 si stabilì a Montagnola, presso Lugano, dove si dedicò anche alla pittura en plein air, avvicinandosi sempre di più alla natura e creando opere interessanti in cui si nota una predominanza di colori accesi e uno stile gioioso e infantile.

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Uno dei dipinti di Hermann Hesse, oggi conservati nel Museo Hermann Hesse a Montagnola.

Durante gli anni della prima guerra mondiale si scagliò contro la brutalità della violenza e del nazionalismo e ruppe definitivamente con il suo paese nativo dando vita ad opere che mostravano la sanguinaria idiozia umana.
La sua opera letteraria, proprio in quegli anni difficili, giunse ad una maturazione racchiusa nelle pagine dei suoi libri migliori, tra cui, oltre al già menzionato Siddharta, non bisogna dimenticare “Demian” (1919), “Il lupo della steppa” (1927) e “Narciso e Boccadoro” (1930).
Anche il matrimonio con Ruth Wenger, con cui si era sposato nel 1924, entrò presto in crisi. E solamente nel 1931 Hesse riuscì a trovare la serenità sentimentale con Ninon Dolbin Auslander, una donna più giovane di lui con cui aveva intrapreso anni prima una fitta corrispondenza epistolare. Una relazione caratterizzata da alti e bassi, ma che lo accompagnerà fino alla morte.

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Ninon Dolbin Auslander insieme ad Hermann Hesse

Nel 1943 Hermann Hesse pubblicò quello che è stato ritenuto il suo capolavoro assoluto, “Il gioco delle perle di vetro“, che oltre a fargli ottenere il Premio Nobel, lo insignì del prestigioso Premio Goethe in Germania, paese con cui ebbe dei rapporti problematici sintetizzati nelle seguenti parole: «I miei rapporti con quell’enigmatico popolo sono sempre stati spinosi, intricati e difficili.» Sotto il regime nazista, infatti, lo scrittore, inizialmente amato, venne poi inserito nelle liste di proscrizione per i suoi riferimenti ai pogrom e per la sua avversione al nazionalismo e alle guerre.
Si spense il 9 agosto del 1962 a Montagnola, all’età di 85 anni.
Nonostante le sue spietate critiche al sistema capitalista americano, accompagnate dallo stesso accanimento nei confronti dell’opprimente comunismo sovietico, Hermann Hesse divenne soprattutto negli Stati Uniti un autore cult, ispiratore del movimento “hippy” e ancora oggi attuale con romanzi che hanno segnato la storia della letteratura.
Le sue opere principali, in cui i protagonisti ripercorrono il travagliato cammino esistenziale dello stesso scrittore, alla ricerca perenne di un significato profondo della vita, mostrano quella poesia del lirico vagabondare in un susseguirsi di vicende che li conducono, alla fine di quel percorso, alle gioie della semplicità della vita senza però mai fermarsi, spinti da un’insaziabile sete di conoscenza e scoprendo così, attraverso continui cambiamenti, di accogliere dentro se stessi una moltitudine infinita.
Da leggere e approfondire, soprattutto oggi, in un periodo così arido e decadente, per trarre spunti personali e non smettere mai di porsi domande a cui i cosiddetti “potenti” del mondo sono solo stati in grado di dare delle risposte che non riescono a soddisfare l’inquietudine di coloro che vogliono andare oltre quei modelli imposti di benessere materialista, consumismo e “crescita”. Da leggere non per trovare la felicità, così come lo stesso Hesse affermò, ma per cogliere segretamente quell’essenza vitale che “rinvia a te stesso“.
Di seguito alcuni dei pensieri più incisivi del grande Hermann Hesse.

Anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno.
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I periodi torbidi e avversi in genere portano maggiore beneficio di quelli apparentemente vivi e prosperi. Occorre aver pazienza, non esercitare la ragione. Bisogna spingere le radici più in profondità, non scuotere i rami.
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Chi ha un forte senso individualistico deve riconoscere che la vita è una lotta tra sacrificio e fierezza, tra il riconoscimento sociale e la salvezza della personalità.
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Egli nega, questo mite Idiota, tutta la vita, tutti i pensieri e i sentimenti, tutto il mondo e la realtà degl’altri. Per lui la verità è una cosa tutta diversa che per loro. La loro realtà, per lui, è come un’ombra. Il fatto di vedere e di pretendere una realtà assolutamente nuova fa di lui loro nemico. […] [Egli] una o più volte si è trovato sulla magica soglia ove si accetta ogni cosa, dove non solo è vero ogni pensiero remoto, ma anche il suo contrario. La sua innocenza è tutt’altro che innocua, e a ragione gl’altri ne hanno terrore. […] Non che infranga le tavole della legge, ma le gira solo dall’altra parte e ci mostra che sul retro è scritto il contrario.
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Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.
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Non basta disprezzare la guerra, la tecnica, la febbre del denaro, il nazionalismo. Bisogna sostituire agli idoli del nostro tempo un credo. È quel che ho sempre fatto: nel Lupo della steppa sono Mozart, gli immortali e il teatro magico; nel Demian e in Siddharta gli stessi valori, solo con nomi diversi.
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Il dipingere è meraviglioso, rende più allegri e più pazienti. Dopo non si hanno le dita nere come quando si scrive, ma rosse e blu.
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Già mezza Europa… è sulla via del caos, ebbra di fanatiche illusioni cammina sull’orlo dell’abisso e canta, canta un inno ebbro come cantava Dmitri Karamasoff. Il borghese oltraggiato ride di questi canti, ma il santo e il veggente li ascoltano piangendo.
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Il richiamo della morte è anche un richiamo d’amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una delle grandi, eterne forme dell’amore e della trasformazione.
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Le piccole gioie, non quelle grandi, ci servono da sollievo e da conforto quotidiano.
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La tua vita non sarà piatta e scialba se saprai che la tua lotta non avrà successo. Sarà molto più piatta se tu, combattendo per qualcosa di degno e di spirituale, pensi che lo dovresti anche ottenere.
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L’uomo si distingue dal resto della natura soprattutto per uno strato gelatinoso di menzogna che lo veste e lo protegge.
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Ogni essere umano è qualcosa di personale e irripetibile; voler sostituire al posto della coscienza personale una collettiva è già una violenza, e il primo passo verso ogni forma di totalitarismo.
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Nella nostra vita frettolosa, assordante, sono maledettamente poche le ore in cui l’anima può diventare cosciente di sé stessa, in cui tace la vita dei sensi e quella dello spirito e l’anima sta senza veli davanti allo specchio dei ricordi e della coscienza.
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Solo chi ha necessità di un tocco delicato, sa toccare con delicatezza.
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Parlare: ecco la via più sicura per fraintendere, per rendere tutto piatto e insulso.
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Tutti i libri del mondo | non ti danno la felicità, | però in segreto | ti rinviano a te stesso.
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Due persone possono andare d’accordissimo, parlare di tutto ed essere vicine. Ma le loro anime sono come fiori, ciascuno ha la sua radice in un determinato posto e nessuno può avvicinarsi troppo all’altro senza abbandonare la sua radice, cosa peraltro impossibile. I fiori effondano il loro profumo e spargono il loro seme perché vorrebbero avvicinarsi, ma il fiore non può fare niente perché il seme giunga nel posto giusto; tocca al vento che va e viene come vuole.
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Chi ama come si dovrebbe amare, diventa poeta ed eroe per un sorriso, per un cenno, per una parola di colei che ama.
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Chi possiede coraggio e carattere, è sempre molto inquietante per chi gli sta vicino.
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Nei periodi di grandi traversie ci si accorge con stupore che sono di più le persone capaci di morire per degli ideali che quelle disposte a vivere per essi.
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Fa parte delle imperfezioni e delle rinunce della vita umana il fatto che la nostra infanzia debba diventarci estranea e cadere nell’oblio, come un tesoro sfuggito a mani che giocavano, e precipitato in un pozzo profondo.
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Gesù aveva dodici anni quando confuse i dottori nel Tempio. Noi tutti, a dodici anni, abbiamo confuso i nostri insegnanti e dottori; eravamo più saggi di loro, più geniali di loro, più coraggiosi di loro.
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Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli.
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Imparare a soffrire è difficile. È una cosa che si riscontra più spesso e in forma migliore nelle donne piuttosto che negli uomini.
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L’eccessivo valore che diamo ai minuti, la fretta, che sta alla base del nostro vivere, è senza dubbio il peggior nemico del piacere.
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Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell’anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini.
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Le piccole gioie, non quelle grandi, ci servono da sollievo e da conforto quotidiano.
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Non è facile avere un bel giardino: è difficile come governare un regno. Ci si deve risolvere ad amare anche le imperfezioni, altrimenti ci si illude.
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Osservando la vita e la natura di Francesco d’Assisi non si può fare a meno di pensare che quell’uomo deve aver avuto una madre dolcissima.
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Probabilmente in ogni esistenza ci sono periodi di questo genere: davanti a noi vediamo strade pianeggianti, nessun ostacolo, nessuna nube nel cielo, nessuna pozzanghera sul cammino. Allora ci libriamo imponenti sulla vetta e ci sembra di accorgerci, ogni giorno di più, che caso e fortuna non esistono e che quel presente, e anche parte del futuro, ce li siamo meritati e conquistati, semplicemente perché ci sono toccati in sorte. E sarebbe bene rallegrarsi di questa constatazione perché su di essa è fondata la felicità dei principi azzurri, proprio come la felicità dei passeri è fondata sul letame, e non dura mai a lungo.
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Si ha paura di migliaia di cose, del dolore, dei giudizi, del proprio cuore; si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte. Specialmente di quest’ultima, della morte. Ma sono tutte maschere, travestimenti.
In realtà c’è una sola paura: quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l’ignoto lontano da ogni certezza possibile… c’è una sola arte, una sola dottrina, un solo mistero: lasciarsi cadere, non opporsi recalcitrando alla volontà di Dio, non aggrapparsi a niente, né al bene né al male. Allora si è redenti, liberi dalla sofferenza, liberi dalla paura.
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